Paolo Conti per il Corriere della Sera
Stagioni di rivisitazioni e riabilitazioni. Anche sugli anni in cui Giulio Andreotti era il dominus incontrastato della potente Dc romana, e non solo. Il decreto firmato da Giorgio Napolitano e controfirmato dal ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola (a lui si deve la proposta) risale a un mese fa, al 3 luglio.
Da quel giorno Gaetano Caltagirone, 80 anni compiuti proprio in queste ore (e cugino primo di Franco Gaetano, editore de «Il messaggero ») è tornato a tutti gli effetti (e gli onori) un Cavaliere del lavoro, dopo essere stato depennato dal prestigioso elenco «per indegnità e mancanza degli elevati requisiti morali e professionali » da Sandro Pertini nel luglio 1981, su proposta dell'allora ministro dell'Industria Giovanni Marcora.
ANDREOTTI-COSSIGAIl costruttore romano che le cronache della Prima Repubblica hanno consegnato alla leggenda del costume ita-liano per un'indimenticabile battuta («'a Fra', che te serve?», così si narra che Gaetano Caltagirone rispondesse a ogni telefonata di Franco Evangelisti, capofila della corrente andreottiana a Roma nei decenni del potere democristiano) ora è riabilitato anche dal Quirinale e ricollocato a pieno titolo nella lista di Cavalieri che incarnano il top dell'imprenditoria italiana.
A nominarlo Cavaliere del lavoro fu il 2 giugno 1977 Giovanni Leone, su proposta di Carlo Donat Cattin, responsabile dell'Industria. Nello stesso elenco, per una coincidenza veramente irripetibile, quel giorno c'erano Silvio Berlusconi, Giovanni Agnelli, Leopoldo Pirelli. Ma anche Vittorio Frescobaldi (vino), Pier Luigi Bormioli (vetri), Giorgio Cappon (Imi), Franco Nobili (Cogefar, costruzioni).
Napolitano ha deciso il reinserimento di Gaetano Caltagirone, si legge nel decreto, vista la piena assoluzione «perché il fatto non sussiste» con la sentenza della Corte di appello di Roma del 17 giugno 1988 («non vi è assolutamente prova della sussistenza di un accordo tra imprenditori e amministratori»).
Proprio su quel punto scoppiò il caso giudiziario che coinvolse i tre fratelli Caltagirone (Gaetano, Camillo e Francesco Bellavista Caltagirone). Il 10 novembre 1979, 19 società del loro gruppo furono dichiarate fallite; pochi giorni dopo ai fratelli vennero ritirati i passaporti e seguirono due mandati di cattura ma i tre erano già negli Stati Uniti.
kbo 89 vitalone andreotti signorello nobili cossigaGaetano fu accusato anche di concorso in peculato nell'inchiesta Italcasse per un illecito finanziamento che avrebbe ottenuto dall'istituto di credito. Grazie, si disse, agli strettissimi rapporti con quell'universo andreottiano in cui, secondo l'accusa, edilizia, politica e finanziamenti bancari avrebbero costituito un tutt'uno.
Poi ci furono gli anni dei ricorsi giudiziari: dossier, appelli, difese, memoriali. Un collegio di legali in cui compare anche Cesare Previti. Nel 1984 la prima assoluzione, per insufficienza di prove. Poi quella definitiva nel 1988. Infine, nel 1991, revoca formale del fallimento e nel 1992 risarcimento danni ai Caltagirone da parte dell'Iccri e restituzione «di tutti i beni mobili e immobili acquisiti al fallimento». Insomma, una autentica riabilitazione.
Adesso l'ultimo tassello, il ripristino del titolo di Cavaliere del lavoro da parte di Giorgio Napolitano. Lui, Gaetano Caltagirone, non parla. Da anni vive ritiratissimo a Montecarlo. Sembrano quasi episodi di un'altra vita i racconti sul primo Gaetano Caltagirone: per esempio le feste notturne nella villa di via Caldonazzo ovviamente con Andreotti o Francesco Cossiga accanto a Antonello Trombadori, Renato Guttuso, Silvana Mangano, il procuratore capo di Roma De Matteo, il socialista Giacomo Mancini.
boccassini previti espressoScenari di una Capitale scomparsa, tipicamente anni '70 e post-Dolce Vita. O quella sua passione per l'azzardo e il gioco (si favoleggiò di una perdita miliardaria, in lire, alla roulette in una sola serata). E le mance all'orchestra del Casinò di Montecarlo perché suonasse «Arrivederci Roma» mentre puntava sul 36.
Ora, assicurano i familiari, Gaetano Caltagirone è un uomo radicalmente diverso, che ama la solitudine al punto da uscire molto raramente, anzi quasi mai, di casa. Nessun commento al gesto di Napolitano, solo una frase lasciata trapelare: «La famiglia Caltagirone esprime soddisfazione per un atto di giustizia che chiude una vicenda lunga e dolorosa. E ringrazia il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per la grande sensibilità».
Quasi un ritorno alle radici arabo-siciliane del suo cognome, Qal'at Al Ghiran, ovvero «la rocca dei vasi». In cima a quella rocca, volutamente e ostinatamente solo, c'è l'uomo riabilitato da Napolitano.