LODO DELLE MIE TRAME - il compromesso era stato trovato (tutti i giornali ieri mattina lo davano per assodato; PERFINO repubblica si era rassegnata AL PAPOCCHIO) - COSA è SUCCESSO? Nella notte chi ha telefonato a chi? Di sicuro è saltata la tradizionale regia DI NAPOLITANO - COSSIGA: CHI HA INGANNATO SILVIO?...

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COSSIGA "INTERROGA" SILVIO
Interrogo il Presidente del Consiglio dei Ministri
premesso che egli, appena appresa la notizia che la Corte Costituzionale aveva dichiarato non conforme alla Costituzione il cosiddetto Lodo Alfano, approvato con legge voluta dalla sua maggioranza, ha dichiarato di essere stato ingannato

COSSIGCOSSIGper sapere
chi lo abbia ingannato, se i suoi avvocati, membri della Corte Costituzionale o altri Organi anche Costituzionali dello Stato che egli abbia interessato per esercitare una moral suasion sulla Corte Costituzionale.
Sen. Francesco Cossiga

2 - SCHERZACCIO NAPOLITANO

 

Mario Sechi per "Libero"

IL PRESIDENTE DELLA CONSULTA FRANCESCO AMIRANTEIL PRESIDENTE DELLA CONSULTA FRANCESCO AMIRANTE

Il partito dei costituzionalisti ha colpito ancora e Giorgio Napolitano resta con il cerino in mano. Lo scherzaccio degli inquilini del palazzo di fronte (Quirinale e Consulta si guardano) è tremendo e l'ex leader dei miglioristi del Pci si ritrova a gestire una delle peggiori situazioni mai viste nella storia repubblicana.

Subito dopo la sentenza, Napolitano ha messo le mani avanti e dal suo ufficio stampa è partita alle agenzie una velina quirinalizia per far sapere al mondo che il presidente ha «accolto con rispetto la sentenza della Corte costituzionale sul lodo Alfano», con l'aggiunta che «solo alla Consulta spetta il giudizio di costituzionalità sulle leggi».

Aria fritta. In realtà è saltata la tradizionale cabina di regia che dal Colle ha sempre fatto sentire la sua moral suasion sui giudici costituzionali. Il risentimento mostrato ieri sera da Berlusconi nei confronti del Quirinale è spiegato dal retroscena sulla sua condotta istituzionale.

berlusconiberlusconi

Stretto tra l'incudine di una maggioranza con un largo consenso popolare e il martello di un'opposizione vittima del dipietrismo cingolato, Napolitano s'è ritratto, non ha deciso quale fosse il suo ruolo fino ad affievolire e poi far scomparire la sua azione di persuasione.

A quel punto i tre voti della Corte in bilico, gli indecisi tra il semaforo rosso e quello verde, il presidente Francesco Amirante e i giudici Giuseppe Tesauro e Paolo Grossi, hanno varcato il Rubicone del no ed eccoci al patatrac senza ritorno. È un brutto segno di logoramento per il Quirinale e un altro mattone, pesantissimo, che cade sul piatto di una bilancia sempre più pendente dalla parte dei poteri non elettivi e irresponsabili, la magistratura prima di tutto.

Priva di alcun freno istituzionale, per niente preoccupata delle pesanti ricadute politiche, la Consulta è andata avanti come un rullo compressore, non s'è abbassata al livello del popolo che vota e s'è fatta un baffo perfino delle preoccupazioni del presidente sulla stabilità istituzionale.

berlusconi-napolitanoberlusconi-napolitano

I giudici della Corte hanno dato un colpo di spugna su tutto quello che affermava Napolitano prima della sentenza. In almeno tre occasioni pubbliche (gli atti sono facilmente consultabili da tutti), la presidenza della Repubblica aveva ribadito che la firma del Capo dello Stato sul lodo Alfano rispettava la Carta fondamentale, proprio perché la stessa Consulta - nella sentenza del 2004 sul lodo Schifani - aveva spiegato che non occorreva una legge costituzionale per dare uno scudo speciale alle alte cariche.

Il 2 luglio del 2008 Napolitano autorizzava la presentazione del disegno di legge sul lodo Alfano alle Camere e in una nota prima faceva riferimento alla sentenza del 2004 sul lodo Schifani e poi spiegava nel dettaglio che «la Corte (...) non sancì che la norma di sospensione di quei processi dovesse essere adottata con legge costituzionale».

Napolitano e BerlusconiNapolitano e Berlusconi

Giudicò inoltre «un interesse apprezzabile» la tutela del bene costituito dalla «assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche», rilevando che tale interesse «può essere tutelato in armonia con i princìpi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale», e stabilendo a tal fine alcune essenziali condizioni.

Il 23 luglio del 2008 Napolitano promulga la legge e con la consueta nota il Quirinale torna a far riferimento alla sentenza della Consulta e «sulla base del riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale procede alla promulgazione della legge».

La cosa per il Colle è talmente pacifica che il 21 maggio 2009, qualche mese fa, non nel mesozoico, Napolitano prende cappello e si briga di rispondere a Beppe Grillo che lo attaccava ferocemente. Anche qui il Quirinale esibisce la sentenza del 2004 e ricorda quanto scritto nella prima nota del 2 luglio 2008. Quattro mesi dopo, tutto diventa carta straccia, la sentenza viene ribaltata e il presidente della Repubblica sconfessato dai giudici della Consulta.

napolitano a tokionapolitano a tokio

È evidente che più di qualcosa non torna, è chiaro che il rapporto tra i due palazzi del colle è andato in cortocircuito, oppure qualcuno ha interrotto le trasmissioni. Una situazione imbarazzante che ora rischia di produrre una frattura nel Paese e nelle istituzioni.

Le mura fortificate del palazzo del presidente della Repubblica non saranno una gran difesa di fronte alle critiche del centrodestra e della piazza che ha votato quello schieramento. Sconfessato dalla Consulta, con il cerino in mano e lo spettro dello scioglimento delle Camere per un voto anticipato, Napolitano ritroverà presto a gestire il caos e a quel punto dovrà decidersi e smettere di essere il Presidente tentenna.

 

 

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