BETTINO TRADITO - IL VOLTAFACCIA DI CLAUDIO MARTELLI NARRATO DA UMBERTO CICCONI, L'AUTISTA/AMICO DI CRAXI CHE NON LO HA MAI ABBANDONATO - "Willy Brandt l’aveva avvertito di una voce che gli era arrivata fino a Bonn: “Attento che Martelli ti vuole rubare il posto. A tua insaputa sta allacciando una collaborazione col PCI”....

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1 - BETTINO TRADITO
Tratto da "Segreti e Misfatti - Gli ultimi vent'anni con Craxi" di Umberto Cicconi (Sapere 2000 edizioni multimediali)

Bettino Craxi e Edoardo CicconiBettino Craxi e Edoardo Cicconi


Seppure le operazioni di avvicinamento fossero cominciate alcuni anni prima, Tangentopoli scoppiò con l'arresto di Mario Chiesa. Ma al partito già da qualche mese l'atmosfera era cambiata. C'era tensione tra quelle che io chiamavo le bande dei fedeli: Claudio Martelli, Gianni De Michelis, Giuliano Amato, Claudio Signorile e tutti gli altri. Ognuno aveva la propria corrente. Ma Bettino non si sentiva più protetto da loro come un tempo. Anzi, capì che lo stavano accerchiando per neutralizzarlo e consegnarlo ai loro nuovi alleati.

Berlusconi al funerale di Craxi sullo sfondo Giuliano Cicconi Salvatore Lo Giudice Maria Vittoria PillitteriBerlusconi al funerale di Craxi sullo sfondo Giuliano Cicconi Salvatore Lo Giudice Maria Vittoria Pillitteri

Presidente del Consiglio era Amato e Bettino segretario del PSI. Era la primavera del 1992. Un giorno verso le 13.30 fui convocato d'urgenza al partito. Arrivai trafelato in via del Corso e bussai direttamente alla porta del suo studio senza farmi annunciare. Lui era seduto dietro la grande scrivania, nascosto come sempre da montagne di carte e libri. Giuliano Amato era in piedi, appoggiato alla spalliera di una sedia. Per alcuni minuti nessuno dei due parlò. Poi mi spiegarono il motivo della mia convocazione urgente. Qualcuno aveva informato il Presidente del Consiglio che Martelli, che all'epoca era il vice di Bettino, stava pranzando con tre persone di fiducia di Achille Occhetto al ristorante El Toulà.

Segreti e Misfatti Craxi coverSegreti e Misfatti Craxi cover

Finito Giuliano di raccontarmi ciò che era venuto a sapere, intervenne: "Dovresti controllare se la notizia è vera, perché sembra che Claudio stia facendo qualcosa non in mio favore". Andai al Toulà e chiesi se la saletta riservata fosse libera. Mi risposero "Purtroppo è già occupata da uno dei vostri e altre tre persone". In effetti, Claudio uscì verso le tre, da solo, per depistare eventuali controllori. Gli altri tre commensali uscirono dopo un quarto d'ora, uno per volta, a intervalli di due minuti uno dall'altro. Erano tutti uomini di Occhetto.

Da quel giorno oltre al fotografo ebbi l'incarico di fare anche il detective: controllavo certe informazioni che arrivavano all'orecchio di Bettino. In realtà, dovevo controllare anche Bobo per proteggerlo da eventuali trappole che qualcuno poteva tendergli. Bobo era affascinato da Martelli, come del resto lo stesso padre, e, sapendolo un suo devoto, non gli passava lontanamente per la testa di dover diffidare di lui.

Claudio Martelli piange sulla bara di CraxiClaudio Martelli piange sulla bara di Craxi

Ma i sospetti sulla fedeltà del pupillo erano nati diversi anni prima. A metterlo in guardia, oltre a tutti i pettegolezzi che giravano al partito, era stato Willy Brandt nell'inverno del 1986. Erano le cinque del pomeriggio, quando il segretario della socialdemocrazia tedesca arrivò a Palazzo Chigi. Proprio la sera precedente avevamo parlato di Claudio e della sua traballante fede socialista. Mi aveva chiesto ripetutamente: "Pensi che si sia avvicinato nuovamente al PCI? È vero, come dicono, che è diventato molto amico di Occhetto?" Io non potevo saperne più di coloro che gli riferivano quelle informazioni, perché non frequentavo Martelli. Sapevo ciò che in giro si diceva di lui.

Craxi e OcchettoCraxi e Occhetto

Brandt venne a Roma in visita privata, quindi all'incontro non assistette nessuno, né giornalisti né membri del governo. Scattai qualche foto e me ne andai, sapendo che non aveva più bisogno di me, dato che avrebbe concluso a cena la conversazione con l'ospite. Lo lasciai dietro la scrivania, come sempre, sotto l'enorme quadro di Garibaldi, che aveva scoperto negli scantinati della Zecca e fatto trasferire nel suo studio a Palazzo Chigi. Brandt gli era seduto di fronte.

In realtà, la visita privata consisteva nel mettere a punto i progetti politici, che i due grandi socialisti avrebbero condotto assieme. Il leader tedesco in quel periodo era contrario all'ingresso dei comunisti italiani nell'Internazionale socialista. Non era d'accordo sul loro inserimento repentino in un movimento davvero democratico come il socialista. Non era ancora crollato il muro di Berlino, ma in alto loco se ne profilava già l'eventualità. Il fatto è che quei grandi uomini le strategie le studiavano con dieci anni di anticipo.

GIANNI DE MICHELISGIANNI DE MICHELIS

Mentre stavo lasciando Palazzo Chigi un commesso mi inseguì per dirmi che il Presidente chiedeva di me con grande urgenza. Tornai indietro. Davanti a Willy Brandt mi chiese a bruciapelo: "Claudio è o non è legato a Occhetto?" In quel momento ebbi la netta sensazione che, con la scusa della visita privata, Brandt fosse venuto a Roma proprio per metterlo in guardia dal suo pupillo.

pd21 claudio signorilepd21 claudio signorile

Qualche anno dopo scoprii che era proprio come pensavo. Willy Brandt l'aveva avvertito di una voce che gli era arrivata fino a Bonn: "Attento che Martelli ti vuole rubare il posto. A tua insaputa sta allacciando una collaborazione col PCI".

Il 17 febbraio 1992, alla vigilia dell'arresto di Mario Chiesa, i complotti si intensificarono. Già al Congresso di Rimini dell'anno precedente, seduto alla presidenza, aveva un'espressione tormentata e sudava continuamente. Mi fece cenno di raggiungerlo sul palco. "Mi dicono che anche qui, a Rimini, sia iniziato un complotto contro di me. Qualcuno del partito, istruito e pagato da altre forze politiche, trama per farmi fuori. I compagni che stanno qui non si comporteranno da socialisti".

A conclusione della conferenza i delegati avrebbero votato e temeva che lo mettessero in minoranza. Era l'inizio della fine. "Vai a fotografare le targhe dei pullman parcheggiati qui fuori, mi suggerì. Così sapremo da dove viene questa brava gente".

CRAXICRAXI

2 - IL COMPAGNO CICCONI...
Aldo Chiarle per "l'Avanti"

Vedere il caro compagno Umberto Cicconi alla redazione dell'Avanti! qualche giorno fa è stato un inaspettato tuffo nel passato; perché il compagno Cicconi è stato per moltissimi anni l'uomo più vicino a Bettino Craxi, il suo fotografo personale e praticamente il suo confidente fino alla morte. L'avevo perso di vista, pochi mesi dopo la morte di Bettino, dieci anni fa e l'incontro è stato una festa. Ma è stata anche una esplosione di notizie che mi hanno fatto tornare indietro di quasi trenta anni.

craxi  napolitanocraxi napolitano

L'indomani ci siamo visti e mi ha fatto dono di due libri, due suoi libri, il primo pubblicato nel 2005, con il titolo "Segreti e misfatti: gli ultimi venti anni con Craxi", edito per i tipi della casa editrice "Sapere 2000"; e il secondo, scritto in collaborazione con Luciano Consoli, dal titolo "Umberto C.: dalla borgata all'archivio Craxi" (dove la "C" può essere benissimo Cicconi o Craxi, tanto è viva la memoria del grande socialista).

Ho letto i due libri in un giorno e me li sono messi nel posto d'onore, vicino al mio tavolo di lavoro perché meritano una lettura più calma e uno studio particolare. Ne parlerò più avanti e diffusamente. Ora, anche perché è il decimo anniversario della scomparsa di Craxi voglio concentrarmi su un solo libro, "Segreti e misfatti", che ha il pregio di avere la prefazione di Antonio Ghirelli.

Dice Ghirelli: "Questo è un libro singolare, per non dire straordinario, essenzialmente per due ragioni: perché è scritto da un fotografo, che di solito usa la camera e non il computer, e perché non è un gossip, cioè un lungo pettegolezzo di uno dei soliti paparazzi romani, ma una lunga lettera d'amore.

Craxi e Ciriaco De MitaCraxi e Ciriaco De Mita

Umberto Cicconi rievoca gli ultimi anni di Craxi, il trauma del suo processo e del suo declino politico, la tragedia del suo esilio e della sua sempre più grave malattia, non come un curioso, un testimone o un cronista, meno ancora con il distacco di uno storico o di un politologo.

Rievoca questi ultimi, terribili anni del leader socialista, semplicemente come un amico. L'origine, la spiegazione di questo strano rapporto fra un grande uomo politico, un protagonista della storia del Novecento e un semplice valentissimo fotografo, sta nella natura spontanea e anarchica di Umberto Cicconi, il quale si è accostato a Bettino dapprima con diffidenza, anche per l'approccio brusco e sbrigativo che Craxi riservava a tutti i suoi ospiti, ma poi - da quel giovanotto sensibile ed intelligente che è - dietro quei modi ruvidi, ha intuito che si nascondeva una indole timida e, facendo leva su quell'indole, ha conquistato la fiducia, anzi la confidenza del gigante milanese che, nonostante il suo strepitoso talento politico, era in realtà ingenuo e romantico come il suo eroe preferito, il generale Garibaldi".

"Segreti e misfatti" è un libro formidabile, zeppo di documenti e di fotografie di uomini che hanno fatto la storia del mondo (Salvador Allende, Silvio Berlusconi, Willy Brandt, Alcide De Gasperi, Giovanni Paolo II, Felipe Gonzales, Mikhail Gorbaciov, John Kennedy, Francois Mitterand, Simon Perez, Mario Suarez e tanti altri) e di tutto questo parlerò in seguito. Ora voglio riportare solo poche parole dedicate da Umberto alla morte di Craxi.

Cossiga abbraccia CraxiCossiga abbraccia Craxi

E qui dissento dalla presentazione del caro Antonio Ghirelli, che fu direttore dell'Avanti!, e quindi anche il mio direttore. Forse Cicconi non è un giornalista, e non è uno scrittore, forse ha usato e usa la "camera" meglio del "computer", ma le sue parole sono così palpitanti e sentite che ben pochi scrittori e giornalisti avrebbero potuto scrivere così: "Fu sacrificio crudele.

Così in solitudine, fra rimpianti e delusioni, rabbia e sofferenza, il più grande ‘animale politico' italiano del Ventesimo secolo ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. Clinicamente morì per collasso cardiaco. In realtà di crepacuore... la morte era l'inevitabile conclusione, la più dignitosa possibile, di un percorso politico manipolato e deviato, non dal destino, né dai propri errori, ma dagli uomini, proprio da coloro che pretendevano di succedergli alla guida del Paese e degli italiani.

La morte sopraggiunge il 19 gennaio del 2000, un mercoledì pomeriggio fra le 16 e le 17. Ad accorgersene fu la figlia Stefania, che era arrivata proprio quella mattina ed era la sola persona di famiglia a trovarsi ad Hammamet in quel momento. Anna era partita per Parigi il giorno prima con una amica. Appresa la notizia della morte del marito non fece a tempo a rientrare a Tunisi la sera stessa. Arrivò l'indomani.

CAF - Craxi con Andreotti e Forlani - (Copyright Umberto Cicconi) dal RiformistaCAF - Craxi con Andreotti e Forlani - (Copyright Umberto Cicconi) dal Riformista

Neppure da Roma c'erano più aerei per Tunisi, e grazie a Silvio Berlusconi, che ci mise a disposizione il proprio aereo, Bobo Craxi e io riuscimmo a partire subito. Con noi vennero anche mia sorella Scilla, moglie di Bobo, il marito di Stefania Craxi Marco Bassetti, Massimo Pini, Tony Renis e Nicola Manzi.

In aereo tutti ci guardavamo senza parlare. Rimuginavo fra me e me, le ultime telefonate di Bettino; rimuginavo sulla telefonata della sera precedente alle 2 di notte. Con una voce da oltretomba mi pregava di raggiungerlo al più presto. Dovendo sbrigare un servizio per lui, gli promisi che sarei arrivato l'indomani sera. La mattina alle 10,30 mi richiamò al cellulare ma la linea cadde.

Subito lo richiamai e mi rispose Hamida, aiutante di casa: ‘Umberto, il Presidente non ce la fa più a parlare e mi dice di arrivare subito qua'. Corro all'aeroporto di Ciampino, ma il volo per Tunisi è già partito. Richiamo Hammamet e risponde Stefania, che mi riferisce che è affaticato e sta riposando. L'avverto: ‘Digli che arriverò più tardi'. Richiamo verso le 14,30, il telefono squilla ma non risponde nessuno. Dopo mi arriva una telefonata: ‘Il presidente è morto'. E la morte fu una liberazione".

Queste poche frasi sono un acquerello di un grande pittore, scritto con un pennello intinto nei sentimenti straordinari di stima, di considerazione e di amicizia. Grazie, compagno Umberto Cicconi, ti voglio bene, ma ancora più bene ora, che ho avuto modo di leggere questo tuo libro e di sapere che non siamo solo compagni, ma anche fratelli.

 

 

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