BOCCIA-TA LA WEB-TAX - RITIRATO L’EMENDAMENTO CHE OBBLIGAVA AD ACQUISTARE SERVIZI ONLINE SOLTANTO DA CHI HA PARTITA IVA ITALIANA – BOCCIA RIPRESENTERA’ LA PROPOSTA IN COMMISSIONE BILANCIO, DOPO AVERE FATTO A PEZZI I DETRATTORI A UN CONVEGNO DI MERCOLEDI’…

Il 27 novembre, il presidente della commissione Bilancio della Camera presenterà e discuterà la sua proposta di legge fiscale in materia di servizi web, tra gli altri, con Andrea Pezzi, amministratore delegato di Ovo Italia. Il quale negli ultimi ha difeso a spada tratta via Twitter l’iniziativa di Boccia…

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Carlotta Scozzari per Dagospia

STEFANO FASSINA E FRANCESCO BOCCIASTEFANO FASSINA E FRANCESCO BOCCIA

Addio web-tax. Anzi, più probabilmente, arrivederci. Sparisce nella notte, nella seduta della commissione Bilancio del Senato che si è tenuta dalle 22.30 di ieri a mezzanotte e dieci, l'emendamento alla legge di Stabilità 2014 che, tra le altre cose, avrebbe dovuto obbligare gli acquirenti di servizi online a comprarli soltanto da "soggetti titolari di una partita Iva italiana".

Ciò nell'ottica di fare in modo che chi vende servizi in Italia paghi anche le tasse nel nostro paese, visto che le due cose non sempre vanno di pari passo (basti pensare al recente caso Apple). A presentare l'emendamento erano stati i senatori del Pd Francesco Russo, Valeria Fedeli e Rita Ghedini, anche se il grande promotore è il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia.

Francesco BocciaFrancesco Boccia

Il quale, a questo punto, non è escluso che possa ripresentare la web tax, o Google tax come qualcun altro la chiama, sempre in forma di emendamento e dopo avere apportato qualche piccolo o grande cambiamento, la settimana prossima, quando la legge di Stabilità sarà discussa proprio a casa sua, in commissione Bilancio alla Camera.

C'è da correggere il tiro, anche perché i detrattori dell'emendamento presentato al Senato sono numerosi. A guidare le fila dei contrari è l'American Chamber of Commerce in Italy, ossia la Confindustria americana, che ha fatti notare che questa versione della web tax avrebbe ostacolato lo sviluppo dell'economia digitale in Italia, cozzando con gli obiettivi del recente piano del Governo "Destinazione Italia".

Secondo chi critica l'emendamento, la web tax, sempre in questa formulazione, avrebbe potuto esporre l'Italia a una procedura d'infrazione da parte della Commissione Europea, per possibili violazioni dei trattati e delle direttive Ue sui principi del mercato unico e della libera circolazione dei servizi.

Anche Gianni Pittella, fresco fresco di uscita dalla corsa per le primarie del Pd, ha dichiarato che "l'emendamento alla legge di Stabilità che riguarda la vendita di servizi on line rischia di influenzare negativamente lo sviluppo dell'economia web, uno dei pochissimi comparti che ancora resiste alla crisi" e per questo motivo, "va cancellato". Tra i promotori, invece, c'è l'ex veejay Andrea Pezzi, che non ha mancato di fare il tifo, soprattutto via Twitter, della web tax firmata Boccia.

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Del resto, se il presidente della commissione Bilancio della Camera non avesse intenzione di ripresentare un nuovo emendamento avrebbe forse poco senso l'appuntamento del 27 novembre organizzato dall'Anica, in cui Boccia presenterà e discuterà la sua proposta di legge fiscale in materia di servizi web con il direttore generale Cinema del Mibact Nicola Borrelli, col Presidente Anica Riccardo Tozzi e proprio con Andrea Pezzi, amministratore delegato di Ovo Italia.

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2- LA BATTAGLIA DELL'EX VJ ANDREA PEZZI
Marianna Venturini per Lettera43

La Google Tax ha trovato il suo paladino in Andrea Pezzi. La norma che stabilisce che servizi e prodotti online possano essere acquistati in Italia solo da soggetti con una partita Iva italiana è stata «adottata» dall'ex conduttore di Mtv, che ne sta facendo una battaglia quasi personale.

Dopo essere stato veejay e produttore, nella sua seconda vita Pezzi ha lanciato Ovo, una videoenciclopedia che ha attraversato fortune alterne e che, dopo una partenza in grande stile, è stata messa in liquidazione con 5 milioni di euro di debiti e nel 2010 ha cambiato assetto.

Dall'esperienza con il web, Pezzi ha preso spunto per difendere le ragioni della Google Tax o Web Tax. È soprattutto dal suo profilo Twitter che l'imprenditore 40enne porta avanti la sua crociata. «Diffondere la verità sulla Web Tax. L'Italia può cambiare!», ha scritto fino a sfinire i suoi follower. E ogni occasione è buona per ricordare la sua sfida contro le multinazionali digitali.

«Da liberale odio le tasse e sono convinto che la pressione fiscale in Italia sia troppo alta», dice Pezzi a Lettera43.it. Tuttavia questa web tax che crea «un sistema vantaggioso per tutti i player» sembra averlo convinto.

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INSIEME AI TEMPI DI VEDRÒ.
A dire il vero, Pezzi conosce Boccia da anni, già dai tempi degli appuntamenti estivi di VeDrò, il think tank lettiano. «Boccia si sta facendo garante di un problema serio», continua l'ex vj che ormai non perde occasione per sostenere la battaglia del piddino.

A rafforzare il legame tra i due ci ha pensato poi Anica, l'influente associazione cinematografica confindustriale che i due hanno cominciato a frequentare per conquistare nuovi sostenitori della Web tax e, nel caso di Pezzi, per trovare qualche potenziale finanziatore di Ovo.

Gianni PittellaGianni Pittella

L'OMBRA DEL CONFLITTO DI INTERESSI
Quale sia per Pezzi il motivo di tanta convinzione è presto detto. «Sostengo questo emendamento perché conosco bene il mercato i cui si muovono i partner digitali», afferma sicuro. Per l'imprenditore, però, il grosso limite di internet è rappresentato dalla mancanza di frontiere per la pubblicità: «Ci sono piattaforme che guadagnano dall'Italia senza lasciare traccia. Se non verranno adottate delle leggi, sarà il far west».

RICCARDO TOZZIRICCARDO TOZZI

LA CAPITALIZZAZIONE DEL CAMBIAMENTO. Eppure il dubbio è che lo stesso Pezzi possa trarre giovamento da questa modifica: potrebbe infatti lanciare un nuovo servizio sulla scia di Ovo e capitalizzare i cambiamenti provocati dalla nuova legislazione.

«Se passa la legge io perderò dei soldi perché mi penalizza», mette le mani avanti. «La mia azienda lavora in Italia, Gran Bretagna e Germania ma pago le tasse qui. Se dovessi pensare solo ai miei interessi personali direi che sarebbe meglio evitare questo balzello».

LAVORO A RISCHIO. Dunque la sua è una battaglia del tutto disinteressata? «Se le multinazionali digitali continuano a comportarsi così, in molti resteranno senza lavoro perché i colossi hi-tech porteranno altrove i ricavi realizzati nel nostro Paese». E guai a chi prova a criticare il testo presentato da Boccia: «O è ignorante oppure è in malafede». Più che di giustizia fiscale, Pezzi preferisce parlare di una «soluzione per limitare l'emorragia digitale» che riguarda l'acquisto di pubblicità.

I numeri del mercato parlano chiaro: solo fino a due anni fa i ricavi si aggiravano intorno agli 8 miliardi di euro, mentre adesso sono calati a 6,4 miliardi. «Se non facciamo niente», mette in guardia, «altri capitali fuggiranno».

L'ULTIMA PAROLA A BRUXELLES. Con una certa lungimiranza Pezzi guarda già oltre i provvedimenti del parlamento italiano. «Comunque vada a finire, l'Unione europea ha previsto che nel 2015 entri in vigore una legge per cui le aziende dovranno pagare le tasse dove producono».
Insomma dove non riusciranno a spuntarla il duo Boccia-Pezzi ci penserà Bruxelles.

 

 

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