LA BREXIT SI FA HARD – THERESA MAY BATTE I PUGNI E MINACCIA: LA GRAN BRETAGNA DIVENTERA’ UN PARADISO FISCALE – LONDRA PORTA DI SERVIZIO PER FAR ENTRARE NELLA UE PRODOTTI CINESI O COREANI A DAZIO ZERO? – IL REGNO UNITO NON RISPETTERA’ PIU’ LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA


 

Andrea Bonanni per la Repubblica

 

THERESA MAY E L INCHINO ALLA REGINA ELISABETTA

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. In questo caso la Manica. Qui di seguito le frasi salienti del discorso di Theresa May, gli effetti che potrebbero aver sugli europei e le difficoltà obiettive contro cui rischiano di andare a sbattere.

 

LA CORTE EUROPEA

 

“ Riprenderemo il controllo delle nostre leggi e metteremo fine alla giurisdizione della Corte di Giustizia europea in Gran Bretagna”. È il nocciolo della “hard Brexit”. La Gran Bretagna potrà fare leggi che vanno contro gli interessi dell’Europa. E un cittadino europeo vittima di un’ingiustizia non potrà più portare il Regno Unito a giudizio di fronte alla Corte europea. Ma l’armonizzazione normativa, così come l’accettazione di una suprema giurisdizione europea, sono la base su cui si è potuto costruire il mercato unico. Se i prodotti e i servizi provenienti dal Regno Unito non risponderanno alle norme Ue, difficilmente potranno avere accesso al mercato europeo.

theresa may

 

L’IMMIGRAZIONE

 

“ Vogliamo poter controllare l’immigrazione dall’Europa. Il numero di persone che vengono in Gran Bretagna dalla Ue sarà regolato”. Milioni di immigrati non qualificati, provenienti soprattutto dall’Est europeo, non potranno più andare a lavorare in Gran Bretagna. Chi già ci risiede, e magari perde il lavoro, rischia l’espulsione. Questo viola la libertà di circolazione e di stabilimento delle persone, che è uno dei principi cardine della Ue. Il prezzo da pagare, per Londra, è la rinuncia a restare nel Mercato unico.

 

IL LIBERO SCAMBIO

 

“Non cerchiamo di restare parte del Mercato Unico. Cerchiamo invece il massimo accesso possibile attraverso un nuovo e ambizioso Accordo di libero scambio”. Il Regno unito esce dal Mercato unico. Il nuovo accordo di libero scambio sarà tutto da negoziare. L’unione doganale proposta dalla May, pure. Quanto costerà esportare la pasta, l’olio, il vino, l’abbigliamento italiani in Gran Bretagna? E la City potrà ancora operare direttamente in Europa come fa ora? Difficilmente i nuovi accordi potranno essere altrettanto liberali sul flusso di merci e servizi nei due sensi. Anche la mancanza di un terreno comune sul piano normativo e giudiziario costituirà un ostacolo al libero scambio.

THERESA MAY NIGEL FARAGE

 

GLI ACCORDI

 

“ Una “ global Britain” deve poter essere libera di fare accordi commerciali con tutto il mondo, al di là dell’Unione europea”. Il Regno Unito potrebbe diventare la porta di servizio per far entrare nella Ue prodotti cinesi o coreani a dazio zero. Fino a che i negoziati con la Ue non saranno conclusi, però, non potrà fare accordi con Paesi terzi. Quando poi stabilirà i propri trattati commerciali, questi potrebbero influenzare e limitare il desiderato accordo di libero scambio con la Ue proprio per evitare un effetto di concorrenza sleale.

 

BREXIT

IL BILANCIO UE

 

“Non dovremo più versare somme ingenti al bilancio Ue. Ci potranno essere specifici programmi europei a cui potremmo voler partecipare e per questo è ragionevole che diamo un equo contributo”. Il bilancio Ue perderà circa 13 miliardi di sterline, quasi 15 miliardi di euro. Ne soffriranno soprattutto i Paesi più poveri che vedranno tagliati i loro sussidi. D’altra parte la May cerca di rassicurare università, imprese e centri di ricerca britannici sul fatto che potranno continuare a partecipare ai programmi europei finanziati da Bruxelles, come avviene oggi per Svizzera e Norvegia. Ma l’obiettivo non è così facile: Svizzera e Norvegia partecipano al mercato unico e hanno accordi di partnership con la Ue che Londra ha appena detto di voler rifiutare.

 

LA DIFESA

 

principe george disprezza gli europei brexit

“Continueremo a lavorare strettamente con i nostri alleati europei nella politica estera e di Difesa, anche dopo aver lasciato la Ue”. Il Regno Unito è la maggior potenza militare europea. Dopo la Brexit resterà, ovviamente, parte della Nato. Ma non potrà più influenzare dall’interno la politica estera della Ue. Né boiccottare, come ha fatto per decenni, la nascita di una Difesa europea.

 

LA TRANSIZIONE

 

“Voglio raggiungere un accordo entro i due anni. Dopodiché un processo graduale di messa in opera, in cui il Regno Unito e l’Ue potranno prepararsi per le nuove intese, sarà nell’interesse di tutti”. Una fase transitoria sarà certamente necessaria. La May cita soprattutto «i controlli sull’immigrazione, il sistema doganale e il quadro regolatorio per i servizi finanziari». È un altro tentativo di rassicurare la City, e la comunità finanziaria mondiale, che Londra non perderà subito il diritto di operare direttamente sulle piazze finanziarie europee. Ma i tempi e i modi del “phasing out” saranno tutti da negoziare.

CITY OF LONDON

 

LA COMPETITIVITÀ

 

“Qualcuno invoca un accordo punitivo per la Gran Bretagna... Sarebbe un atto di catastrofico autolesionismo... Nessun accordo sarebbe meglio di un cattivo accordo... Faremmo intese commerciali con il resto del mondo e saremmo liberi di fissare aliquote fiscali competitive”. La premier conclude il suo discorso agitando la minaccia di fare di Londra un paradiso fiscale alle porte della Ue per sottrarle imprese e capitali. Al di là dei dubbi sulla praticabilità di una simile ipotesi per i vincoli del già malmesso bilancio britannico e per le normative internazionali, questo passaggio tradisce in realtà il timore che la “hard Brexit” possa non andare così liscia come la May vorrebbe. Timore, tutto sommato, giustificato.