1. A BRUXELLES E BERLINO ORMAI LA PAROLA D’ORDINE È TOGLIERSI TSIPRAS DALLE PALLE
2. L’ENNESIMO GIOCO AL RIALZO DEL PREMIER GRECO, CONSIDERATO DAI TEDESCHI INAFFIDABILE E POPULISTA, HA FATTO IMBIZZARRIRE LA MERKEL E IL ‘FALCO’ SCHAEUBLE
3. ECCO PERCHÉ È STATO BLOCCATO OGNI ACCORDO PRIMA DEL REFERENDUM GRECO: CON UNA VITTORIA DEL “SÌ”, LA CANCELLIERA SPERA DI SBARAZZARSI DI TSIPRAS E VAROUFAKIS PER TRATTARE CON UN NUOVO PRIMO MINISTRO E UN GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE
4. MA I TEDESCHI DOVREBBERO FARE MEA CULPA: LE LORO INSENSATE POLITICHE DI RIGORE HANNO PERMESSO L’ASCESA DI “SYRIZA” IN GRECIA (E DI “PODEMOS” IN SPAGNA). UNA MAGGIORE SENSIBILITÀ POLITICA, E NON SOLO CONTABILE, AVREBBE PERMESSO ALL’EUROPA DI EVITARE LO PSICODRAMMA DI ATENE E RISPARMIARE UN BEL PO’ DI QUATTRINI

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1 - PASSA LA LINEA TEDESCA UN SÌ PER SILURARE ALEXIS E RIAPRIRE IL NEGOZIATO CON UN NUOVO GOVERNO

Alberto d’Argenio per “la Repubblica”

 

Alexis Tsipras rimane intrappolato nel suo stesso referendum. Fino a poche ore dalla rottura definitiva di ieri pomeriggio l’accordo era a un passo. Prevedeva che i greci ritirassero la consultazione popolare e gli europei offrissero ad Atene un terzo programma di salvataggio con una serie di concessioni per renderne le condizioni meno amare.

 

Ma poi hanno prevalso la diffidenza, i caratteri e il calcolo politico dei protagonisti. Ora si guarda a lunedì, il giorno dopo il referendum. A Bruxelles, Berlino, Atene e nelle altre capitali si studiano piani e scenari. Molti leader ora puntano a far fuori una volta per tutte Tsipras, determinato invece a resistere a prescindere dal risultato del voto.

tsipras renzi e merkel tsipras renzi e merkel

 

La fine ha avuto inizio ieri notte, quando a Bruxelles è arrivata la seconda lettera in poche ore con le richieste di Tsipras per annullare il referendum. Per la prima volta accettava il testo Juncker – piuttosto generoso - con riforme e impegni per Atene in cambio del salvataggio. Ma a sorpresa il capo del governo greco ha aggiunto cinque punti irrinunciabili. Il viceministro Euclid Tsakalotos si prodigava a spiegare a Bruxelles il perché di tanta rigidità: «Abbiamo bisogno di queste ulteriori concessioni altrimenti l’accordo non passa in Parlamento».

 

merkel tsipras merkel tsipras

Ma l’ennesimo gioco al rialzo di Tsipras ha irritato diversi governi e ha fornito ai falchi un comodo match point per chiudere la partita. L’Eurogruppo viene spostato dalle 11.30 alle 17.30, ma il tempo non basta a negoziare le nuove richieste di Tsipras. Quindi Schaeuble e la Merkel pubblicamente affondano ogni speranza di accordo. Tsipras gli risponde in tv con parole altrettanto dure. In quei minuti Matteo Renzi è a colloquio a Berlino con Angela Merkel. Uscendo dalla stanza della Cancelliera confida al telefono a un ministro che lo chiama da Roma: «È finita, non c’è più niente da fare».

 

Alexis Tsipras , Angela Merkel e Francois Hollande ( Alexis Tsipras , Angela Merkel e Francois Hollande (

Eppure fino a ieri mattina la soluzione sembrava a portata di mano, con Juncker, Renzi e Hollande che avevano fatto di tutto per avvicinare Merkel e Tsipras ed evitare all’Europa altri giorni di fuoco. Solo 60 milioni dividevano le parti, niente rispetto ai 240 miliardi già mobilitati per salvare la Grecia. Una rottura non solo tecnica, ma molto politica.

 

Descrive bene l’accaduto Roberto Gualtieri (Pd), presidente della commissione economica dell’Europarlamento tra gli ufficiali di collegamento nel negoziato: «Tsipras è stato cinico nel non volere l’accordo ed è sua gran parte della responsabilità del fallimento, ma anche altri governi sono stati inutilmente rigidi».

 

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Ieri Juncker ha tenuto una lunga discussione con i commissari europei per fare il punto della situazione. «I canali con Atene rimangono aperti – spiegava - ma non c’è più nessun movimento». Intanto i ministri delle Finanze dei paesi dell’euro hanno cancellato tutti gli impegni di lunedì, pronti a volare a Bruxelles per rispondere al voto greco.

 

Gli uomini di Tsipras fanno sapere agli europei le intenzioni del loro leader. Se passa il referendum, il premier si dimetterà ma metterà l’ala moderata del partito a disposizione di un governo di unità nazionale che firmi il memorandum per il terzo pacchetto di aiuti. Un minuto dopo si sfilerà dalla maggioranza provocando le elezioni anticipate, che si dice certo di vincere. In caso di vittoria del “no”, che lui sostiene, tornerà invece a Bruxelles chiedendo tutte le concessioni che ha richiesto in questi mesi. Da ieri Atene è fuori dal programma di salvataggio ed inadempiente con l’Fmi, ma per il default tecnico restano ancora un paio di settimane.

tsipras draghi merkel tsipras draghi merkel

 

Ma dovrà fare  i conti con gli altri. Con la vittoria del “sì” a Berlino e in altre capitali contano di sbarazzarsi una volta per tutte di Tsipras. Non tutti i governi sono così determinati sul punto, ma tutti quanti sono estremamente irritati con il premier greco accusato di scarsa affidabilità e di avere trasformato un suo problema interno in un problema europeo che aizza populisti di destra e sinistra in giro per il continente.

 

Se passasse il “no”, invece, la Merkel e gli altri leader sono determinati a non concedere tutto al collega di Atene. Ripartirà il negoziato con Tsipras che minaccerà la rottura dell’eurozona e gli europei che risponderanno con lo spettro di un taglio definitivo dei viveri ad Atene costringendo il premier greco a lasciare. Rende bene la situazione la battuta di un diplomatico mitteleuropeo: «Tsipras doveva decidere se morire firmando o non firmando il salvataggio. Sembra avere deciso la via più dolorosa per tutti».

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2 - OTTO MILIONI DI GRECI ALLE URNE - LA CONSULTAZIONE È VALIDA SE L’AFFLUENZA SUPERA IL 40%

Niccolò Zancan per “la Stampa”

 

Il referendum del 5 luglio adesso è su tutti i muri di Atene. I sostenitori di Syriza, il partito del premier Alexis Tsipras, hanno tappezzato la città. «Non con fondi pubblici», assicurano. Il testo dice: «No. Per la democrazia. Per la dignità». Anche il ministro Yanis Varoufakis ha dato il suo contributo a questa campagna mediatica, con un gigantesco striscione calato addirittura dalla finestra dell’ufficio del ministero delle Finanze: «No. Al ricatto e all’austerità». Si vota dalle 7 alle 19 di domenica: 19 mila seggi in tutta la Grecia, gli stessi delle politiche del 2 gennaio 2015.

 

VIGNETTA VAURO - MERKEL TSIPRAS VIGNETTA VAURO - MERKEL TSIPRAS

Ma i costi, giura il ministro degli Interni Niko Voutsis, saranno dimezzati: «Non più di 20 milioni. Per la fase preparativa, compresi gli stipendi di tutti gli impiegati e dell’autorità giudiziaria, abbiamo stimato una spesa di 5 milioni e 100 mila euro». Ma quanti lavoreranno effettivamente alla macchina del referendum? Difficile avere la risposta, il ministro Voutsis dice ancora: «Gli stessi che hanno lavorato alle ultime elezioni». Anche la ditta che elaborerà e trasmetterà i dati è la stessa. Si chiama Singurat Logic: i risultati definitivi dovrebbero essere disponibili nella giornata di lunedì. Per essere valido, il referendum deve essere votato da almeno il 40% degli aventi diritto. Sono chiamati ad esprimersi 8 milioni di greci su una popolazione di 11 milioni.

 

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Ieri è scoppiato il giallo della carta. Colpa di una dichiarazione del presidente dell’Unione Centrale dei Comuni, Giorgios Pautoluis: «Non è ancora stato possibile stampare le schede». Ma il problema, il ritardo, dovrebbe essere superato. La carta c’è. Anche se questo Referendum è stato criticato duramente dal Consiglio Europeo. Lo giudica preparato in fretta e male, fuori dagli standard internazionali. Ma si farà. Ormai non ci sono più dubbi. Questo il testo definitivo del quesito: «Deve essere accettato il piano d’accordo consegnato dalla Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo monetario internazionale all’Eurogruppo del 2-6-2015 che si compone di due parti, le quali costituiscono la loro proposta unitaria...?». Seguono i titoli delle due parti.

tsipras merkel hollande tsipras merkel hollande

 

Sopra c’è scritto No. Sotto c’è scritto Sì. Bisogna fare una croce nella casella. Un nuovo sondaggio di ProRat, pubblicato dal quotidiano Efimerida ton Sintakton, dice: prima della chiusura delle banche il «No» era al 57%, ora - con i disagi concreti, le code quotidiane per ritirare al massimo 60 euro - sarebbe sceso al 46%. Ma sempre in vantaggio sul «Sì», che si attesterebbe al 37%. In ogni caso, è un appuntamento davvero sentito. Nelle piazze c’è una manifestazione al giorno. Secondo l’analista Kostas Vaxevanis andrà a votare il 90% dei greci.

 

 

 

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