BUROCRAZIA PORTACI VIA! - PROROGATO PER 28 VOLTE IN 10 ANNI: AL PARCO DEL GRAN SASSO L’INCARICO DA DIRIGENTE A TEMPO DI UN DIPENDENTE DIVENTA QUASI STABILE - A DECIDERE L’ENNESIMA PROROGA UN GIORNALISTA, ARTURO DIACONALE, PRESIDENTE DELL’ENTE PARCO

Che cosa c’entri Diaconale con la gestione di un parco nazionale e soprattutto come quel parco sia stato gestito, sarebbero due domande più che legittime. Ma una terza ci tormenta ancora di più. Come mai non riusciamo a trovare un altro Paese nel quale il direttore di un giornale politico finanziato dallo Stato sia presidente di un ente statale?...

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1. IL DIRIGENTE A TEMPO DEL PARCO PROROGATO PER 28 VOLTE

Nicola Catenaro per “Il Corriere della Sera

 

MARANELLA MARANELLA

Ventotto proroghe. Così l’incarico dirigenziale temporaneo al dipendente di un ente diventa stabile. Quasi perpetuo. Retribuzione lorda annua, 83 mila euro, come scritto sul sito dell’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Protagonista del paradosso burocratico è il direttore facente funzioni, Marcello Maranella, giornalista, ex assessore in Provincia di Teramo e un passato da militante nel Pci. Ad apporre la firma sulla proroga, qualche settimana fa, è stato un altro collega, Arturo Diaconale, che a differenza di Maranella il giornalista lo fa sul serio dirigendo a Roma il quotidiano L’Opinione delle libertà e del Parco è presidente.

 

Lui e il direttore sostituiscono nei poteri il Consiglio Direttivo dell’Ente Parco, scaduto nel 2007 e mai rinominato, e amministrano un’area protetta che copre tre regioni (Abruzzo, Lazio e Marche), cinque province (L’Aquila, Teramo, Pescara, Rieti ed Ascoli Piceno) e 44 comuni. Ma siccome Diaconale può garantire la sua presenza ad Assergi, sede del Parco, solo per un paio di giorni alla settimana, il vero deus ex machina dell’Ente è Maranella, finito nell’occhio del ciclone proprio a causa del suo eterno incarico.

diaconale diaconale

 

Tra i contestatori c’è Bruno Dante, ex consigliere comunale di Castel Del Monte (L’Aquila), che, in una lettera al quotidiano abruzzese Il Centro , cita numeri e leggi: il direttore del Parco è nominato con decreto del ministro dell’Ambiente e scelto in una rosa di tre candidati proposti dal consiglio direttivo tra gli iscritti a un albo di idonei a cui si accede mediante concorso per titoli. «Ora — scrive l’ex consigliere —, il dottor Maranella non risulta iscritto al predetto albo (e comunque di tale iscrizione non si dà conto nella deliberazione di proroga), né è stato nominato con decreto ministeriale. Ha avuto semplicemente un incarico dirigenziale della durata di tre mesi a partire dal 1° giugno 2004 per ragioni di necessità e urgenza. Nessuno ha avuto da ridire su quell’incarico provvisorio. Però, quando le ragioni di necessità e di urgenza durano dieci anni, anzi undici con la proroga in corso, allora quelle ragioni non sono più credibili».

 

Maranella è amareggiato per le critiche, ma si difende: «Le proroghe sono legittime e i miei diritti non me li tocca nessuno — si sfoga con il Corriere il direttore dell’Ente Parco —, lavoro tutti i santi giorni in silenzio e portando a casa con il personale i risultati, ben dieci milioni di euro di progetti europei per la biodiversità che hanno consentito di sopperire alla riduzione dei trasferimenti statali. Qui l’unico danneggiato sono io». Danneggiato perché? «Non ho alcun beneficio dalle proroghe e non sono io a volerle, il problema è che si vogliono mettere in discussione anche le cose virtuose».

Arturo Diaconale Arturo Diaconale

 

Ma il paradosso resta. E c’è una legge che impone di pescare dall’albo. «Stiamo parlando di un elenco ormai superato, la maggior parte dei direttori delle aree protette italiane è stata selezionata con una procedura analoga e la metà va avanti con le proroghe. È la legge semmai che va cambiata. Sbaglia chi contesta che il mio nome non è presente nell’albo, quell’elenco lo ripeto non è aggiornato. Ora, per esempio, io ho tutte le idoneità».

 

2. QUELL’AREA PROTETTA AFFIDATA A UN GIORNALISTA

Sergio Rizzo per “Il Corriere della Sera

 

Ne vediamo così tante che la vicenda del dirigente di un Ente parco prorogato 28 volte potrebbe anche lasciarci indifferenti. Se non fosse per quello che sottintende. Una cosa del genere è possibile soltanto in presenza di un disinteresse assoluto della politica nazionale e locale nonché degli apparati amministrativi nazionali e locali. Tanto ostinato menefreghismo nei confronti della gestione di una struttura pubblica che avrebbe il compito di tutelare uno dei beni più preziosi del nostro meraviglioso e fragile Paese, ovvero l’ambiente, si spiega con il fatto che ormai da anni gli enti parco servono a tutto tranne che ai parchi.

 

Soddisfare piccole clientele locali, garantire lo strapuntino a qualche ex politico, talvolta ricompensare con una poltrona non troppo impegnativa qualche fedelissimo: ecco le loro funzioni spesso prevalenti. Così a destra, come a sinistra. Ricordiamo le polemiche sollevate dalla sinistra contro la destra che nel 2009 (il dirigente di cui sopra era forse soltanto alla sua quattordicesima proroga) aveva nominato il commissario, attuale presidente, del parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga: Arturo Diaconale, giornalista, del quale è noto l’impegno nell’agone politico più che in quello ambientale.

SILVIO BERLUSCONI A PORTA A PORTA DA VESPA FOTO LAPRESSE SILVIO BERLUSCONI A PORTA A PORTA DA VESPA FOTO LAPRESSE

 

Dirige «L’Opinione delle libertà», quotidiano pronipote del glorioso organo del vecchio Pli, edito ora da una cooperativa (Amici de l’Opinione) della quale il direttore del giornale è anche amministratore unico. Cooperativa che ha diritto ai contributi pubblici per l’editoria previsti dalle leggi sul finanziamento alla stampa politica: nel 2012 ha incassato 952 mila euro. Oggi il giornale è l’organo del Movimento delle libertà fondato dall’ex deputato di Forza Italia Massimo Romagnoli.

 

E lo stesso Diaconale, leggiamo sul sito del partito di Silvio Berlusconi, è stato incaricato dall’ex Cavaliere in persona di organizzare all’interno dei Club Forza Silvio la lotta alla malagiustizia. Che cosa c’entri con la gestione di un parco nazionale e soprattutto come quel parco sia stato gestito, sarebbero due domande più che legittime. Ma una terza ci tormenta ancora di più. Come mai non riusciamo a trovare un altro Paese nel quale il direttore di un giornale politico finanziato dallo Stato sia presidente di un ente statale?

 

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