CARRAI, AHI AHI AHI! - DOPO DE BORTOLI E GIANNINI, L'ALTER-EGO DI RENZI MINACCIA QUERELA ANCHE CONTRO FITTIPALDI DE ''L'ESPRESSO'', CHE RIVELA GLI AFFARI DELLE SUE AZIENDE DA QUANDO MATTEUCCIO È ARRIVATO A PALAZZO CHIGI. E CHE LA SOCIETÀ DI CYBER-SECURITY CHE LAVORERÀ COL GOVERNO HA INGAGGIATO HACKER ARRESTATI PER ATTACCHI CONTRO LE AUTORITÀ ITALIANE

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1.E TRE! DOPO DE BORTOLI E GIANNINI, CARRAI MINACCIA QUERELA PURE A FITTIPALDI

 

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DAGONEWS - Dopo De Bortoli, Giannini. Dopo Giannini, Fittipaldi: Marco Carrai, l’imprenditore che prestava la casa a Renzi, ha deciso di dichiarare guerra ai (pochi) giornalisti che osano mettere in dubbio i suoi talenti imprenditoriali, e che preferiscono - invece che cantare le lodi dell’amico Matteo un giorno sì e l’altro pure - raccontare veri o presunti conflitti d’interesse di Marchino e delle sue aziende.

 

Alla Camera non si parla d’altro, e si sussurra di un Carrai preoccupato dall’offensiva mediatica e di un Renzi imbufalito, che ha chiesto di rispondere colpo su colpo a «insinuazioni e balle» usate solo per screditare il presidente del Consiglio.

 

Ferruccio De Bortoli è finito nel mirino dei legali dell’amico del cuore del premier tre settimane fa, dopo aver scritto un’editoriale in cui raccontava il presunto ruolo di Carrai nella defenestrazione dell’ex amministratore delegato di Mps Fabrizio Viola: Carrai ha negato di aver mandato sms in cui annunciava il licenziamento al manager, e De Bortoli ha ammesso l’errore (temporale: il messaggio è stato scritto solo dopo il licenziamento) chiedendo venia ed evitando così la querela.

 

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Ieri è stato il turno di Massimo Giannini, che ha osato scrivere che Carrai era stato «in affari» con il nuovo ad di Mps Marco Morelli. «La notizia è falsa e contribuisce a gettare ombre sulla mia persona» ha ribadito fuori di sé per la rabbia, dimenticando di scrivere che Viola e Morelli erano entrambi ospiti d’onore al suo matrimonio, e che quando Carrai divenne numero uno di Firenze Parcheggi , la nomina fu sostenuta dalla banca di cui Morelli era vicedirettore generale.

 

L’ultima minaccia di scontro legale, con ennesima nota durissima che parla di «campagna denigratoria e subdola da parte dell'Espresso», riguarda Emiliano Fittipaldi, già processato da Vaticano insieme a Nuzzi per Vatileaks, che con una lunga inchiesta ha spiegato come una delle società di Carrai, la Cmc Labs, sia riuscita a mettere insieme Unicredit e Intesa e aprire la e-Marco Polo spa. Un nuova impresa che farà affari nientemeno che con Jack Ma, il multimiliardario cinese proprietario di Alibaba, sorta di Amazon in salsa pechinese.

 

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Tutto normale, sembrerebbe: peccato che l’affare, almeno secondo documenti interni trovati da Fittipaldi, sia nato grazie a un accordo governativo che prevedeva che non Carrai ma il disastrato Ice, il nostro inutile Istituto per il commercio estero, avrebbe dovuto portare avanti l’operazione.

 

Per la cronaca, non si capisce come mai Unicredit abbia voluto provare di nuovo a fare business con “Marchino”: qualche mese ha la più grande banca italiana ha infatti interrotto una collaborazione (da 250 mila euro) con un’altra società di Carrai specializzata nell’analisi dei Big Data, la Cgnal. Pare che i risultati promessi non siano stati soddisfacenti, e che i supertecnici di Unicredit abbiano detto di essere capacissimi a far da soli. È stato l’ex ad Ghizzoni a dare l’ok al contratto per la Cgnal di Carrai, nonostante la srl fosse nata appena due mesi prima.

 

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Carrai, che sogna ancora di diventare consulente della cybersicurezza a Palazzo Chigi (la nomina resta in stand-by, ma vincesse il “SI” al referendum potrebbe finalmente andare in porto), è infuriato anche perché Fittipaldi ha raccontato che la sua società specializzata in sicurezza informatica, la Cys4, ha assunto un giovane hacker indagato qualche tempo fa per associazione a delinquere.

 

Un hacker di Anonymous, che insieme ad altri cyber criminali oggi a processo, aveva portato a segno attacchi informatici ai siti della polizia, del governo, delle banche. E di politici come Massimo D’Alema e Beppe Grillo. Non proprio la carta d’identità migliore per chi vuole collaborare alla sicurezza del governo.

 

 

2.‘MI CHIAMO CARRAI E METTO RENZI NEI GUAI’

Emiliano Fittipaldi per L’Espresso

 

Resta sempre il suo gemello diverso. Il suo piccolo Gianni Letta. Il suo miglior amico. Ma Marco Carrai detto “Marchino” a Matteo Renzi sta cominciando a dare qualche grattacapo di troppo. «È un portaguai», sintetizza chi a Palazzo Chigi non vede di buon occhio l’attivismo del Mazarino del presidente del Consiglio. «Il problema è che talvolta i suoi affari privati si incrociano con le attività del governo. Non va bene: così prestiamo il fianco ad attacchi strumentali».

 

NARDELLA RENZI CARRAI NARDELLA RENZI CARRAI

Nato 42 anni fa a Greve in Chianti, Carrai è l’unico fedelissimo del Giglio Magico che non ha ancora ottenuto una poltrona governativa. Ma è quello che finisce sempre in prima pagina. A torto o a ragione. A chi gli chiede cosa fa nella vita, risponde secco: «Sono un libero imprenditore». Con un pizzico, però, di falsa modestia: già compagno di Risiko di Renzi, suo assistente prediletto durante la scalata alla provincia di Firenze, a Palazzo Vecchio e alla segreteria del partito, Carrai a 35 anni ha cambiato vita e si è buttato nel business: dal nulla ha creato società che fatturano milioni, ha ottenuto incarichi in partecipate pubbliche e fondazioni politiche (l’Open del premier), è diventato un lobbista potente con entrature importanti in Usa e Israele (fu lui ad accogliere Benjamin Netanyahu in visita a Firenze con la scusa di essere presidente dell’aeroporto della città) e proprietario di startup che fanno affari d’oro.

 

L’ultimo colpaccio, in ordine di tempo, è quello con Alibaba, il colosso digitale del suo amico multimiliardario Jack Ma. Già. Se qualcuno ha visto lo zampino di Carrai anche nella sostituzione dell’ex amministratore delegato della banca Monte dei Paschi di Siena Fabrizio Viola (l’imprenditore, smentendo la ricostruzione di Ferruccio De Bortoli sul “Corriere”, ha ammesso di aver spedito un sms solo per consolare l’amico Viola, che era stato invitato al suo matrimonio anche con il neo ad Marco Morelli), qualche giorno fa il “Fatto” ha dato la notizia che il “fratellino” di Renzi si è messo in affari con una delle più grandi aziende del mondo. La cinese Alibaba, appunto, una società di commercio elettronico che - con ricavi che sfiorano i 17 miliardi di dollari - ha superato persino il colosso americano Amazon.

 

RENZI CARRAI RENZI CARRAI

Carrai si è mosso su due fronti. Prima ha creato un contatto diretto con Jack Ma, l’amministratore delegato di Alibaba, conosciuto anche grazie alla mediazione di Fu Yixiang, il vulcanico vicepresidente della Camera di commercio italo-cinese. Poi ha sfruttato un accordo siglato nel 2014 dall’esecutivo, aprendo qualche mese fa una società di e-commerce chiamata “e-Marco Polo”. Una spa che aiuterà le imprese tricolori a sbarcare in Cina per vendere i propri prodotti (soprattutto dell’agroalimentare) attraverso le varie piattaforme gestite da Alibaba. Una sorta di vetrina del “Made in Italy” che dovrebbe essere lanciata a fine novembre.

 

RENZI E CARRAI LA REGISTRAZIONE DEL CONTRATTO DELLA CASA A VIA DEGLI ALFANI A FIRENZE RENZI E CARRAI LA REGISTRAZIONE DEL CONTRATTO DELLA CASA A VIA DEGLI ALFANI A FIRENZE

Niente di strano, se non fosse che un documento interno del ministero dello Sviluppo economico (Mise) scovato da “l’Espresso” evidenzia, in merito all’«accordo Mise/Alibaba per la distribuzione online di prodotti italiani in Cina» firmato dall’allora ministro Federica Guidi e dal capo del colosso cinese, come «inizialmente il Mise aveva affidato l’esecuzione dell’accordo a Ice. In seguito la società italiana “Cambrige Management Consulting Labs” ha portato avanti l’iniziativa per realizzare un progetto denominato e-Marco Polo, nel quale sono state coinvolte Unicredit e Intesa San Paolo».

 

Carrai ha creato una società, la Imprenditori per e-Marco Polo, i cui soci sono la Cremonini, le sue Cmc Labs e Carfin spa e la Sdb srl del suo amico e socio Vittorio Giaroli. Poi ha coinvolto le due più grandi banche italiane, Intesa e Unicredit, che hanno investito nel progetto sottoscrivendo dei warrant, uno strumento finanziario che consente loro di acquistare il 49 per cento delle azioni della e-Marco Polo spa.

 

«Ora non scriva che ci siamo buttati nell’affare di Alibaba solo perché c’era Carrai» spiegano da uno dei due istituti. «Nel business che ci hanno proposto noi ci crediamo davvero: fondamentalmente cercheremo di portare su Alibaba circa 200 dei nostri clienti che operano nel settore agroalimentare». Solo Stefano Lucchini, direttore degli Affari regolatori di Intesa, ha cercato di sfilare la sua banca dal business: tra i soci di Carrai c’è infatti Leonardo Bellodi, il lobbista che gli ha fatto le scarpe scalzandolo qualche anno fa dalla poltrona delle relazioni istituzionali dell’Eni. Alla fine, però, l’operazione si è fatta lo stesso.

 

MARCO MORELLI MARCO MORELLI

Nessun dubbio che il business sia davvero appetibile. Il dubbio di qualcuno è che il governo abbia voluto favorire l’amico del presidente del Consiglio. Dal Mise (oggi guidato da Carlo Calenda, fino a pochi mesi fa viceministro proprio con delega all’Ice) chiariscono però che «l’attività della CmC di Carrai non ha nulla a che vedere con l’implementazione dell’accordo sottoscritto dal governo: Alibaba opera a livello internazionale con molteplici società di servizi specializzate nel fornire supporto operativo alle imprese che intendono sbarcare sulle sue piattaforme online. Il progetto e-Marco Polo è una di queste.

 

CARLO CALENDA MATTEO RENZI CARLO CALENDA MATTEO RENZI

L’Ice non ha alcun rapporto, né accordo, né contratto in essere che riguardi o abbia riguardato l’attività di CmC Labs». Anche Riccardo Monti, ex presidente dell’Ice rimosso da Calenda qualche mese fa, ride a chi gli parla di complotti o favoritismi: «L’Ice non è mai stata attrezzata per fare una società informatica e di supporto logistico. Non c’è stato alcun subentro di Carrai al posto nostro. Noi abbiamo continuato a fare con Alibaba altre iniziative di successo, come la promozione on line dei vini italiani».

 

federica guidi carlo calenda federica guidi carlo calenda

Marchino, alle critiche, ama replicare con un verso della Divina Commedia: «Non ragioniam di lor, ma guarda e passa». E non fa un plissé nemmeno a chi gli fa notare l’esplosione, in contemporanea con l’ascesa politica di Renzi, del fatturato della sua Cmc Labs. Nata nel 2012, un anno prima che Matteo salisse a Palazzo Chigi, la società nel 2013 ha fatturato 1,7 milioni di euro, producendo un utile di 46 mila euro. Leggendo l’ultimo bilancio del 2015, si scopre che il giro d’affari è quadruplicato, arrivando a 6,7 milioni di euro, e che i guadagni netti l’anno sono balzati a 1,4 milioni, aumentando di fatto di 30 volte. Un miracolo, in tempi difficili.

 

federico ghizzoni federico ghizzoni

Tra gli affari del 2015 spunta, di nuovo, la Unicredit, che ha firmato con Carrai e i suoi soci un contratto da 250 mila euro con la Cgnal spa, una società controllata da Carrai, suo fratello Stefano e l’amico Vittorio Giaroli. Obiettivo della commessa, voluta dall’ex amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni, era quello di “profilare” al meglio i Big Data dei clienti della banca per espandere il business dell’istituto. La collaborazione è durata solo otto mesi, da febbraio a ottobre 2015, e non è stata più rinnovata. Anche perché Unicredit è proprietaria al 100 per cento di Ubis, una delle più grandi società d’Europa specializzata proprio in information management e Big Data: non si capisce come mai abbia affidato un contratto esterno a una società nata appena due mesi prima. Per la cronaca anche la neonata Cgnal nel 2015 si è fatta valere, ottenendo nei primi 12 mesi di vita commesse complessive per oltre un milione di euro.

 

alberto bianchi maria elena boschi alberto bianchi maria elena boschi

«A Palazzo Chigi c’è l’unica merchant bank dove non si parla inglese», fu la massima coniata da Guido Rossi quando il premier Massimo D’Alema era alle prese con la privatizzazione di Telecom ceduta a debito ai “capitani coraggiosi” Colaninno, Gnutti & C. Oggi l’accusa che molti fanno a Renzi, prima in seguito alla vicenda di Banca Etruria che ha visto il coinvolgimento del padre del ministro Maria Elena Boschi, poi alla decisione di cacciare il manager di Montepaschi contrario all’operazione di salvataggio della banca attraverso l’intervento di JP Morgan, è di aver messo in piedi una merchant bank che parla con accento fiorentino.

 

alberto bianchi maria elena boschi alberto bianchi maria elena boschi

Se “l’Espresso” scoprì come l’avvocato del presidente del Consiglio Alberto Bianchi ottenga consulenze a cinque zeri da società pubbliche controllate dal governo, Carrai resta in ballo per diventare superconsulente di Palazzo Chigi alla cybersicurezza nazionale. La decisione (che potrebbe diventare esecutiva in caso di vittoria del Sì al referendum costituzionale) è stata bloccata dopo le proteste da parte degli addetti ai lavori sulle reali competenze tecniche di Carrai e di coloro che, nel governo, temono che Marchino possa entrare a gamba tesa nel loro campo di gioco, in primis il sottosegretario Marco Minniti, che ha la delega ai servizi segreti, e Luca Lotti, appassionato di 007 e barbe finte.

 

LEONARDO BELLODI LEONARDO BELLODI

La nomina, inoltre, rischia di finire in conflitto di interessi con un altra società di consulenza di Carrai, la Cys4, che si occupa proprio di protezione cibernetica per le aziende. Dal governo hanno spiegato che, se arrivasse l’incarico, l’imprenditore dovrà lasciare il controllo delle quote dell’azienda, ma in molti - anche al Copasir - restano assai preoccupati. Fondata nel 2014 dalla CmC Labs (Carrai ha da poco venduto parte delle quote all’israeliano esperto in sicurezza Ofer Malka), dall’ex dirigente Finmeccanica Mauro Tanzi e da Bellodi, la Cys4 non solo lavora a stretto braccio con esperti stranieri di Tel Aviv, ma ha avuto fino a pochi giorni fa come capo della ricerca e sviluppo il giovanissimo Andrea Stroppa.

 

Un esperto informatico che nel 2012 fu indagato per aver promosso e partecipato «a un’associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di accessi abusivi a sistemi informatici, detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso, interruzione illecita di comunicazioni informatiche», come si legge nel dispositivo del giudice delle indagini preliminari che nel maggio del 2013 dispose gli arresti domiciliari per quattro dei dieci hacker del gruppo. Tutti membri di Anonymous Italia, che secondo le indagini della polizia postale hanno attaccato per settimane siti della polizia di Stato, dei carabinieri, del governo, del ministero dell’Interno, oltre ai siti di leader politici come Beppe Grillo e Massimo D’Alema.

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Stroppa, che allora non era ancora maggiorenne, ha partecipato direttamente alle azioni contro il sito di un sindacato della polizia penitenziaria, della Guardia costiera, della Banca di Imola e della Luiss. Sei hacker hanno patteggiato pene dai cinque anni agli otto mesi, mentre l’ingegnere Gianluca Preite (che si difende spiegando di essere stato lui stesso la fonte della polizia durante gli attacchi, e di essere stato poi incastrato dalle forze dell’ordine) è oggi sotto processo. Stroppa ha invece ottenuto il perdono giudiziale dal Tribunale dei minori. Un’estinzione del reato che viene concessa ai minorenni purché la somma delle pene inflitte non superi i due anni di reclusione.

 

«Non sono certo fiero di quello che ho fatto, ma erano altri tempi» spiega l’hacker, finito a lavorare con i privati come spesso accade a quelli bravi. «Però ricordo che io ho pubblicato ricerche sulla cyber security su giornali come “New York Times”, “Guardian”, “Wall Street Journal” e “Washington Post”. Ho il privilegio di scrivere per il World Economic Forum. Il referendum? Se mi chiamano per dare una mano posso anche andarci, ma sia chiaro che né io né Carrai abbiamo bisogno della politica per lavorare. Io ora sono suo consulente e consigliere. Per quanto riguarda la cyber security a Palazzo Chigi, non so cosa dovrei andare a fare. Ho tanti progetti da mandare avanti e mai nessuno mi ha chiamato». Almeno per ora.

 

 

3.CARRAI: CAMPAGNA DENIGRATORIA E SUBDOLA

La risposta di Carrai a ''L'Espresso''

 

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“L’articolo in edicola oggi sul settimanale Espresso dal titolo ‘Mi chiamo Carrai e metto Renzi nei guai’ è il culmine di una campagna denigratoria e subdola non solo nei confronti di Marco Carrai ma di tutte le imprese che in questi anni grazie all’aiuto di rispettati e famosi esperti di settore è riuscito a creare. I fatti e le analisi lasciano il posto alle supposizioni, alla cultura del sospetto, dell’approssimazione”. Lo afferma il presidente di Toscana Aeroporti Marco Carrai in una nota.

 

“È dovere di Marco Carrai – prosegue – delle imprese che ha contribuito a fondare e dei suoi collaboratori tutelare la propria immagine che viene offuscata da una campagna stampa che mira in modo subdolo a screditarne le competenze creando danno alle società e a chi ci lavora”. “Il dott. Giaroli tirato in causa dall’articolo del dottor Fittipaldi – si legge ancora nella nota – è uno dei principali consulenti italiani, già partner McKinsey e già cofondatore di una precedente realtà imprenditoriale che quando l’attuale Presidente del Consiglio frequentava le scuole dava lavoro a centinaia di persone.

 

L’amministratore delegato nonché socio di Cambridge Management Consulting labs è stato per anni partner delle principali società di consulenza del mondo con un fatturato da lui prodotto superiore a quello che allo stato attuale produce la Società Cambridge Management Consulting labs”. “I soci di Carrai nelle società – prosegue il comunicato – sono imprenditori che hanno dato prova ognuno nel loro campo di spiccata professionalità e competenza e che lavorano con successo in questi campi ben prima che il dott. Matteo Renzi diventasse Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

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Marco Carrai non ha nessun incarico governativo o istituzionale nonostante ciò è oggetto di una continua e squallida campagna denigratoria che lo ha dipinto di volta in volta come un personaggio subdolo e misterioso”. “Il gruppo cofondato da Carrai e dai suoi Soci, solo in riferimento alle società citate dall’articolo – spiega ancora Carrai – da lavoro a 55 persone tra dipendenti diretti e collaboratori a contratto e ha contribuito a riportare in Italia molti laureati che si trovavano all’estero.

RICCARDO MONTI RICCARDO MONTI

 

La società Marco Polo di cui l’articolo tratta, come gli stessi interessati alla vicenda hanno potuto affermare e come la stessa Alibaba ha dichiarato, non ha nessuna esclusiva sulla vendita dei prodotti italiani tramite Alibaba e ha le stesse prerogative delle decine di aziende già presenti sul portale di ecommerce cinese.

 

La società Marco Polo non ha stipulato nessun accordo con Ice o il governo italiano come peraltro i diretti interessati hanno potuto dichiarare”. Carrai conclude che “considerando che si spera che in Italia sia tutelata la libera iniziativa privata Marco Carrai, Vittorio Giaroli e le società Cambridge Management Consulting Labs, Cgnal e CYS4 a tutela della propria immagine promuoveranno ogni opportuna azione giudiziaria nei confronti del dottor Fittipaldi e del Gruppo Espresso”

 

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