IL CAV ABBASSA LA CRESTA: PER USCIRE DALL’ANGOLO E’ COSTRETTO A RIMANGIARSI IL “MAI CON I GRILLINI” ANNUNCIATO IN CAMPAGNA ELETTORALE - BERLUSCONI NON VUOLE TORNARE ALLE URNE E TEME DI ESSERE TAGLIATO FUORI DA UN ACCORDO SALVINI-DI MAIO MA BRUNETTA E ROMANI SPINGONO PER…

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Ugo Magri e Alberto Mattioli per “la Stampa”

 

SALVINI - DI MAIO - BERLUSCONI - RENZI

Berlusconi prova a infilarsi, quale terzo incomodo, nello scambio amoroso tra Di Maio e Salvini. Se mai nascerà un governo «giallo-verde», lui lo desidera tinto anche un po' di azzurrino. Anzi, di più: minaccia guerra totale se la Lega andrà al patto con M5S senza trascinarsi appresso pure Forza Italia. E qualche concreta garanzia Silvio è convinto di averla strappata.

 

Si sono sentiti al telefono con Matteo, insieme hanno concordato di vedersi domani mattina, loro due con la Meloni, per stabilire di comune accordo le prossime mosse. Basta iniziative solitarie, d'ora in avanti la consultazione tra alleati sarà costante. Ai suoi, il Cav l'ha venduto come un grande successo, la prova che non si muoverà foglia se l' intero centrodestra non sarà d'accordo.

 

Salvini vorrà insistere nel dialogo con i grillini? Padronissimo di intraprendere quella strada, ma parlando a nome dell' intera comitiva. E l' eventuale soluzione di governo ne dovrà tener conto. Un prendere o lasciare, con Matteo che (nel racconto dell' ex premier) ha scelto la prima delle due.

BERLUSCONI ED IL SUDORE DI SALVINI

 

«INCHINO OBBLIGATO»

Dentro la Lega la vivono diversamente. Sostengono che Berlusconi, spaventatissimo dalla prospettiva di un patto esclusivo Di Maio-Salvini, e anche parecchio geloso, abbia preferito rimangiarsi il «mai con i Cinque Stelle» ripetuto durante la campagna elettorale.

 

Dunque si sia reso disponibile a qualche forma di intesa che prima rifuggiva come la peste, un inchino obbligato alla bravura tattica di Salvini. Sulla sostanza, comunque, le versioni coincidono: l' ex premier cessa di puntare i piedi e (in forme ancora tutte da chiarire) tenta di essere anche lui della partita. Non a caso verso sera Salvini ha certificato: «Con Berlusconi siamo d' accordo su tutto».

 

DI MAIO SALVINI

La svolta era nell' aria e, va detto, Giorgia Meloni l'aveva captata prima dello stesso Salvini. L'ultima volta che si erano visti, la settimana scorsa, con suo stupore Berlusconi era stato prodigo di lodi verso Di Maio. Strano, no? Gli stessi elogi al giovanotto intelligente, bravo, simpatico, soprattutto rispettoso, si erano moltiplicati poi con altri interlocutori, magari nella speranza che al leader grillino venissero riferiti in quanto, si sa, non c' è nulla di più apparentemente sincero del parlar bene dietro le spalle.

 

Qualcuno pare si sia perfino messo in moto per sollecitare un contatto diretto Di Maio-Berlusconi, senza successo tuttavia. In calendario al momento c' è un incontro (ore 15) tra i capigruppo pentastellati Giulia Grillo e Danilo Toninelli con i dirimpettai forzisti Renato Brunetta e Paolo Romani.

 

renato brunetta paolo romani

Sarà interessante testare il clima, anche perché proprio Brunetta e Romani (insieme con Gianni Letta) sono tra quanti più spingono il Cav a non farsi mettere i piedi in testa da Salvini, a minacciare una rottura dell' alleanza pur di ottenere in cambio rispetto.

 

NO SILVIO, NO PARTY

Circola un sospetto: che Berlusconi voglia essere della partita per sabotare il dialogo con i grillini. L'uomo ha due modi per riuscirci: dicendo no, o in alternativa dicendo sì. Nel primo caso, magari, Di Maio e Salvini andrebbero avanti lo stesso, infischiandosene delle sue minacce. Dicendo sì, invece, Silvio farebbe come certi vecchi zii che si autoinvitano a un party dei nipoti (fuggifuggi generale e fine della festa). Può essere che l' uomo miri a questo.

 

TOTI SALVINI

Ma se si dà credito a chi gli sta più vicino, Berlusconi non desidera affatto far saltare l' intesa possibile tra cinquestelle e Lega. La sua priorità al momento è una sola: scongiurare un ritorno alle urne, che spingerebbe Forza Italia ancora di più ai margini. E favorire qualunque soluzione allontani elezioni a ottobre, come argomenta un autorevole esponente berlusconiano al centro delle grandi manovre, perfino a costo di «turarsi il naso».