A CHI VANNO GLI SPICCIOLI, A SALVINI O DI MAIO? - IL MINISTRO DELL'INTERNO VUOL CAMBIARE LA LEGGE SUI PRECARI VARATA DA LUIGINO - I DUE SONO IN DISACCORDO ANCHE SULL'INPS: IL PRIMO PUNTA A CACCIARE BOERI, IL SECONDO LO COPRE - MA IL NODO È COME USARE I POCHI SOLDI IN CASSA: FLAT TAX O REDDITO DI CITTADINANZA?

-

Condividi questo articolo


Fausto Carioti per “Libero Quotidiano”

 

Sapere che i rapporti personali tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio continuano ad essere buoni, come loro stessi continuano a giurare, è confortante, ma all' atto pratico significa poco o niente. La politica è determinata dagli interessi e i loro hanno appena iniziato a scontrarsi.

 

matteo salvini luigi di maio matteo salvini luigi di maio

È successo prima del previsto; prima, cioè, che al pettine arrivasse il nodo vero del contratto di governo: i soldi in cassa insufficienti a coprire il reddito di cittadinanza, l'introduzione della «tassa piatta», l' abbassamento dell' età pensionabile e gli altri interventi promessi. Allora, al tavolo col ministro dell' Economia, si dovrà scegliere chi accontentare e chi no e di quanto aumentare l' indebitamento, e saranno dolori veri. Ma ciò che è accaduto sinora già basta a creare una frattura nella coalizione.

SALVINI DI MAIO FLINSTONES SALVINI DI MAIO FLINSTONES

 

I problemi sono tanti e il più grosso è il provvedimento che Di Maio ha voluto chiamare «decreto dignità», e del quale Salvini, se la ragion di Stato non gli impedisse di dire ciò che pensa, darebbe una definizione molto diversa. Il capo della Lega ne condivide la parte con le sanzioni a carico delle imprese che scappano all' estero dopo aver preso soldi pubblici. Lo ritiene una schifezza, invece, laddove esso vorrebbe ridurre il precariato e finisce con l' alzare il costo del lavoro a carico delle aziende, sia per i contratti a termine sia (soprattutto) per quelli a tempo indeterminato.

 

LA GRANDE FUGA

Non occorre la laurea che Di Maio non ha per capire quale risultati produrrebbero simili norme, se per disgrazia entrassero in vigore: meno assunti regolari e più lavoro nero, meno competitività e più voglia di aprire capannoni all' estero. «Da qui al 2020 possiamo perdere in assunzioni dai settemila ai diecimila posti», ha avvertito ieri Emanuele Orsini, presidente di FederlegnoArredo, il quale parla a nome di 2.500 imprese che danno lavoro a 400.000 persone. Non sono solo quelli di Confindustria, a lamentarsi.

SALVINI DI MAIO CONTE SALVINI DI MAIO CONTE

 

C' è un mondo di partite Iva piccole e medie, al Nordest e non solo, che hanno nella Lega la sigla politica di riferimento e appena saputo cosa intende combinare il governo ne hanno chiesto conto ai loro rappresentanti. Giancarlo Giorgetti si è offerto di fare da parafulmine alle loro invettive e ha difeso il provvedimento per quanto poteva, ma alla fine lui e Salvini hanno dovuto prendere atto della realtà: il decreto che piace alla Cgil e raccoglie consensi nel partitino di Pietro Grasso, oltre a essere pernicioso per l' economia, rappresenta una minaccia per la base elettorale della Lega.

 

Quindi non può passare, almeno non nella versione uscita dal consiglio dei ministri.

Così il ministro dell' Interno ieri ha deciso di degradarlo a semplice bozza, definendolo «un buon inizio, che poi il parlamento cercherà di rendere più efficiente e produttivo», a cominciare proprio dalla parte relativa alla lotta al precariato. Di Maio gli ha risposto che «se vogliono annacquare le norme che abbiamo scritto, allora saremo un argine».

 

MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO

Tutto è avvenuto con toni civili, senza scadere nel personale - non in pubblico, almeno - ma la contraddizione interna all' esecutivo stavolta è netta, perché riguarda i mondi diversi cui si rivolgono Lega e M5S: la prima, a chi produce e chiede meno tasse; il secondo, a chi vuole più redistribuzione e spesa pubblica.

 

TERRENO MINATO

Lo scontro si è consumato su un terreno già minato dalle esuberanze del capo leghista e dai livori dei Cinque Stelle. La stampa internazionale scrive che il vero premier è il ministro dell' Interno, e anche in Italia l' impressione generale è che il partito-guida della coalizione sia il Carroccio, che pure il 4 marzo aveva ottenuto la metà dei voti degli alleati. Il Salvini straripante irrita i grillini, che lo soffrono e non sanno come contenerlo, e ogni nuovo sondaggio è sale su ferite aperte: in appena un mese di governo, la Lega ha superato il M5S in quasi tutte le rilevazioni, diventando il primo partito d' Italia. E più questa strategia paga, più lui insiste. Al punto da entrare a gamba tesa sulla presidenza dell' Inps, che sarebbe materia di competenza del ministro del Lavoro.

TITO BOERI TITO BOERI

 

L'ALTRO FRONTE

Due giorni fa, Salvini aveva virtualmente licenziato Tito Boeri. Ieri il numero uno dell' istituto di previdenza ha rinnovato la richiesta di fare entrare più immigrati e altre cose che secondo il leghista ne giustificherebbero la cacciata, ma Di Maio lo ha rimesso in sella con gesto plateale: lo ha ringraziato «per la collaborazione istituzionale» offerta per la riforma dei vitalizi e delle «pensioni d' oro» e lo ha confermato almeno sino al 2019, ovvero alla scadenza naturale del mandato.

 

tito boeri tito boeri

Siccome è difficile credere che il grillino abbia a cuore l' economista milanese amico di Carlo De Benedetti, l'unica spiegazione è che volesse marcare in pubblico il proprio terreno, stufo degli sconfinamenti dell' incontrollabile socio. Ma è evidente che così lui e Salvini non possono andare lontano. E dato che l' altro non sembra intenzionato a frenare e i Cinque Stelle non possono subire a lungo la coabitazione con uno che gli ruba consensi ogni giorno, la possibilità che il 26 maggio 2019 non si voti solo per le Europee è tornata argomento di discussione nei chiacchiericci di palazzo.

 

 

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT – JOE BIDEN VUOLE CHE GIORGIA MELONI METTA ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL G7 L’USO DEI BENI RUSSI CONGELATI. PER CONVINCERE LA DUCETTA HA SPEDITO A ROMA LA SUA FEDELISSIMA, GINA RAIMONDO, SEGRETARIO AL COMMERCIO – GLI AMERICANI PRETENDONO DALL’EUROPA UN'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DOPO TUTTI I MILIARDI CHE WASHINGTON HA POMPATO A ZELENSKY. MA METTERE MANO AI BENI RUSSI È UN ENORME RISCHIO PER L’UNIONE EUROPEA: POTREBBE SPINGERE ALTRI PAESI (CINA E INDIA SU TUTTI) A RIPENSARE AI LORO INVESTIMENTI NEL VECCHIO CONTINENTE…