COOPERANTI ALLO SBARAGLIO - UNO SPIRAGLIO PER LE 2 RAGAZZE RAPITE: “NON SONO IN MANO ALL’ISIS” - SCONTRO SUL PAGAMENTO DEL RISCATTO PER LIBERARE GLI OSTAGGI, IL SOTTOSEGRETARIO GIRO: “OGNI PAESE È SOVRANO SULLA SCELTA SE TRATTARE O MENO” (POI LA PARZIALE RETROMARCIA)


Maurizio Stefanini per "Libero Quotidiano"

 

Greta Ramelli (S) e Vanessa Marzullo

Il cooperante scozzese David Haines ha fatto la fine dei giornalisti americani James Foley e Steven Sotloff, l’altro cooperante di Manchester Alan Henning viene indicato come prossima vittima, e peraltro non è solo l’Isis a fare cose atroci, vista la notizia di 42 civili, tra cui donne, bambini e anziani, che sarebbero stati massacrati da milizie curdo-siriane nel nord-est della Siria nella regione di Qamishli, a ridosso della linea del fronte tra curdi e jihadisti dello Stato islamico.

 

Ma una notizia positiva è che Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze italiane rapite lo scorso 31 luglio, stanno bene, e non stanno in mano ai tagliateste dell’Isis. Lo ha fatto sapere da Aleppo un ufficiale dell’Esercito Siriano Libero, movimento di opposizione moderato a Assad che si presenta come filo-occidentale e ostile ai jihadisti. Ma i motivi di preoccupazione restano.

Greta Ramelli (S) e Vanessa Marzullo

 

Innanzitutto, l’ufficiale non fa sapere quale sia il gruppo che le tiene prigioniere, limitandosi a spiegare che i rapitori oltre a «non essere legati allo Stato islamico», neanche «fanno parte della Rivoluzione Siriana».

 

Anche il sito di informazione Syria Mubasher, che il 6 agosto aveva ricostruito la dinamica del rapimento delle due cooperanti, aveva d’altra parte spiegato che erano state prelevate «da parte di un gruppo armato sconosciuto dall’abitazione del capo del Consiglio rivoluzionario della zona». E poi, la fonte aggiunge che «c’è uno stallo nelle trattive in corso per la loro liberazione», e che se queste non andassero a buon fine «ci sarebbe il rischio che vengano trasferite» a un altro gruppo: non escluso lo stesso Stato Islamico.

 

Pinotti

«Da parte nostra cerchiamo di evitare di diffondere notizie che riguardano la trattativa in corso per l’incolumità loro e degli altri ostaggi in mano agli stessi rapitori, che sono più di 20. La maggioranza di questi ostaggi è composta da stranieri», ha aggiunto l’ufficiale in condizioni di anonimato.

 

Chi è che sta trattando? Domenica, proprio mentre l’Isis diffondeva il video sulla decapitazione del cooperante scozzese David Haines, sulla stampa apparivano le dichiarazioni del sottosegretario Mario Giro: «La politica dell’Italia è di riportare a casa tutti gli ostaggi, non importa come. Ogni paese è sovrano per quanto riguarda la scelta se trattare o meno». Subito dopo è arrivata una parziale correzione: «La politica dell’Italia è di non abbandonare nessuno ma utilizzando mezzi leciti e possibili nell’ambito del massimo riserbo». Giro ha precisato di non aver mai detto «non importa come» e neanche di aver mai parlato di «trattative» per liberarli.

 

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«Si lavora in silenzio, è inutile parlare», è stata la chiosa ulteriore del ministro della Difesa Roberta Pinotti, mentre Giro ha detto che «tutti e sei i rapiti sono seguiti con particolare attenzione e in maniera continua».

 

A parte le due ventenni provenienti dalla provincia di Varese, in Siria è tuttora mancante all’appello il gesuita Paolo Dall’Oglio; scomparso a Raqqa il 29 luglio 2013, quando la cittadina ancora non era diventata la roccaforte del califfato di Al Baghdadi. E poi ci sono i due tecnici Marco Vallisa e Gianluca Salviato, che sono stati rapiti in Libia, rispettivamente il 5 luglio e il 22 marzo; e Giovanni Lo Porto, cooperante palermitano scomparso in Pakistan nel 2012.

 

James Wright Foley

Si sa che Washington e Londra non trattano per la liberazione dei loro cittadini presi in ostaggio, il fatto è stato confermato dalle ultime tre decapitazioni, e dunque sia Cameron che Obama sono piuttosto inquieti verso i governi che seguono altre linee di condotta. Lo stesso Haines era stato rapito lo scorso anno in Siria assieme al cooperante italo-svizzero Federico Motka, ma questi a maggio è tornato libero. Secondo Panorama l’Italia «avrebbe pagato un riscatto di 6 milioni di euro ai boia dei giornalisti americani James Foley e Steven Sotloff» per salvarlo.

 

SOTLOFF DECAPITAZIONE

«I soldi», sempre secondo Panorama, «sono arrivati ai rapitori di Motka attraverso un’operazione segreta che è passata dalla Turchia. Il pagamento dei riscatti per ottenere il rilascio di ostaggi è un modus operandi tipico del nostro paese, che ha irritato spesso i governi alleati di Londra e Washington fedeli alla linea dell’intransigenza contro i terroristi».

 

A colpi di riscatto furono d’altronde salvati non solo le due Simone ma anche tre dei quattro contractor rapiti in Iraq all’inizio del 2004, e Giuliana Sgrena, anche se per riportare a casa quest’ultima ci rimise la pelle Nicola Calipari. Renzi ha comunque scritto a Cameron, rivendicando «l’unità delle forze occidentali che combattono la minaccia terroristica».