“Così la P3 fece trasferire il processo Mondadori” - Lombardi: pressioni sulla Cassazione per evitare la sezione tributaria - L’azienda di segrate aveva finito in primo grado e in appello “ma non era tranquilla” - La vicenda ha messo nei guai l’ex presidente della Corte, Vincenzo Carbone - Resta senza spiegazioni il passaggio di 8 milioni dai conti di Berlusconi a quelli di Dell’Utri…

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Francesco Grignetti per La Stampa
Quando sono caduti in disgrazia, Flavio Carboni & soci, fu una gara a prenderne le distanze. Resta famosa la battuta di Berlusconi sui «quattro pensionati sfigati». All'opposto i magistrati di Roma che vogliono mandare la P3 sotto processo ritengono che fosse una inquietante associazione segreta, retta da Denis Verdini e Marcello Dell'Utri.

Flavio CarboniFlavio Carboni

Questa P3 era dunque vicina o lontana dal cuore del potere? L'interventismo degli uomini di Flavio Carboni in Cassazione, ad esempio, per far trasferire un processo tributario a carico della Mondadori dalla temuta sezione tributaria alle Sezioni Unite, ha lasciato nei guai l'ex presidente della Corte, Vincenzo Carbone.

DENIS VERDINI NICOLO GHEDINIDENIS VERDINI NICOLO GHEDINI

Raccontava Pasqualino Lombardi nei suoi primi interrogatori: «Con Ghedini ci ho avuto a che fare poche volte... Ci siamo visti così, di sfuggita». Lombardi accenna nei suoi interrogatori all'onorevole Niccolò Ghedini come uno degli avvocati della Mondadori che gli chiese di muoversi in Cassazione. Sia preciso, gli dicono. E lui: «Vado un po' ad orecchio. Potrebbe darsi D'Amato, poi Ghedini, questi grosso modo mi ricordo io».

Lombardi fu attivato per sondare l'avvocato generale dello Stato, Fiumara. E perciò andò in Cassazione per far rinviare la causa. «Ma le dico una cosa in più: io sono un tributarista, quando lessi che giustamente avevano avuto ragione in due procedimenti, di primo e secondo grado, e ora c'era il terzo grado.... io spinsi: Ma fatelo, voi portate ragione, perché la volete rinviare?. Loro dissero: No, no, rinviamola perché è meglio così, perché noi non siamo ancora troppo preparati, potrebbe darsi che...». Il pm Capaldo chiede: ma chi ha detto «Non siamo troppo preparati?». E Lombardi: «Qualche avvocato... forse lo stesso Ghedini l'avrà detto».

verdini  dellutri verdini dellutriBerlusconi e GhediniBerlusconi e Ghedini

E' molto vicino all'inner circle berlusconiano, anzi a Berlusconi in persona, anche un gregario del gruppo, quell'Ernesto Sica, ex assessore della Giunta Caldoro, che congegnò il dossier infamante contro il Governatore della Campania. Nell'estate del 2007 Sica ronzava attorno a Berlusconi a Porto Rotondo e riuscì ad agganciarlo per un aperitivo. «Successivamente a quell'incontro, Berlusconi mi invitò a Villa Certosa per un pranzo».

ERNESTO SICAERNESTO SICA

In quella fase Sica era un brillante consigliere regionale della Margherita in Campania, forte di 30mila preferenze. A Pontecagnano stava organizzando addirittura la festa nazionale della Margherita. Berlusconi e Sica concordarono le mosse. «Io offrii la mia disponibilità ad abbandonare il partito; in cambio Berlusconi mi assicurò che sarei entrato a far parte dello staff della nascente formazione politica Popolo delle Libertà. L'accordo riguardò anche tempi e modalità del mio gesto di rottura politica con il centrosinistra: sarebbe avvenuto proprio in occasione della festa nazionale della Margherita. Ciò avrebbe garantito di amplificare al massimo il mio gesto e avrebbe permesso a lui di poter meglio cavalcare politicamente la mia rottura». Per Sica però sarebbero venute solo delusioni: non lo chiamarono mai nello staff.

Stefano Caldoro Erminia MazzoniStefano Caldoro Erminia Mazzoni

E nelle carte è evidenziato un gran traffico di soldi. Non solo i 6 milioni di euro di mazzette che gli imprenditori del settore eolico affidano a Carboni, ma anche un curioso «prestito» di 8 milioni di euro da Berlusconi a Dell'Utri. Si comincia con un bonifico da 1,5 milioni di euro nel maggio 2008.

A quella data le finanze del senatore Dell'Utri vanno male. E' in rosso con la banca per 3,150 milioni di euro a fronte di un affidamento da 2,8 milioni. Sono cifre fornite dalla Banca d'Italia. E i versamenti continuano nonostante l'esplodere dello scandalo: un altro milione arriva il 25 febbraio scorso; 7 milioni l'11 marzo 2011. Ogni volta la causale è: prestito infruttifero. Al momento la procura di Roma non vi ravvede rilevanza penale.

 

 

 

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