CRONACA DI UN EURO-GOLPETTO - NEL SUO ULTIMO LIBRO TREMONTI “SCAGIONA” NAPOLITANO E INCOLPA BERLINO E BRUXELLES PER LA CADUTA DEL BANANA: “FINO AL 21 LUGLIO 2011 L’EUROPA APPROVAVA IL NOSTRO PROGRAMMA DI BILANCIO. POI TUTTO È CAMBIATO. PERCHÉ?” - - -

In “Bugie e verità”, Giulietto incalza: “Com’è che Trichet, allora presidente della Bce, se ne è stato zitto e muto sull’Italia, in tutti i Consigli europei, compreso quello del 21 luglio 2011, salvo poi agitarsi come un indemoniato, appena pochi giorni dopo? La verità è che di colpo vengono solo i colpi di Stato!”…

Condividi questo articolo


Aldo Cazzullo per il "Corriere della Sera"

BUGIE E VERITA' - LIBRO DI GIULIO TREMONTIBUGIE E VERITA' - LIBRO DI GIULIO TREMONTI

«Com'è che ancora il 21 luglio 2011 l'intera Europa approvava e senza riserve il programma di bilancio italiano? Così che da Francoforte si titolava: "Merkel: la manovra italiana va bene". Com'è che monsieur Trichet», allora presidente della Banca centrale Europea, «se ne è stato zitto e muto sull'Italia, in tutti i Consigli europei, compreso quello del 21 luglio 2011, salvo poi agitarsi come un indemoniato, appena pochi giorni dopo? La verità è che di colpo vengono solo i colpi di Stato!».

La parola «colpo di Stato» è abusata. Ma Giulio Tremonti è convinto che ci sia stato davvero un golpe contro l'Italia nell'estate 2011, quella in cui crolla il governo Berlusconi e si prepara la strada al governo Monti. Non un «colpo di Stato» del Quirinale, però. Una manovra del tutto esterna alla politica italiana. Ordita in Europa, tra la Cancelleria di Berlino e i palazzi di Bruxelles. Per far pagare all'Italia il conto delle banche tedesche (e francesi).

È questa la tesi di partenza del nuovo saggio di Giulio Tremonti, Bugie e verità. Le ragioni dei popoli , che Mondadori ha appena mandato in libreria. Nel maggio 2010, quando la crisi della finanza privata e delle banche si manifesta in Europa al suo secondo stadio, come crisi «sovrana» che coinvolge gli Stati, viene messo in cantiere un primo fondo europeo (Efsm). L'Italia è chiamata a contribuirvi per il 18%: la stessa percentuale con cui contribuisce al bilancio Ue, calcolata in base al Pil.

SARKOZY E MERKEL RIDONO DI BERLUSCONISARKOZY E MERKEL RIDONO DI BERLUSCONI

Ma il primo fondo si rivela insufficiente. Si comincia a costruirne un secondo (Esm). Ma, scrive Tremonti, l'Italia si dichiara pronta a finanziarlo solo in base all'esposizione del proprio sistema bancario nei confronti degli Stati in crisi: Grecia, Irlanda, Spagna, Portogallo.

E l'Italia è esposta solo per il 5%, mentre la Germania lo è per il 42% e la Francia per il 32%. A meno che - sono le condizioni del governo Berlusconi, vale a dire di Tremonti - l'Italia non ottenga in cambio gli eurobond, una forma di solidarietà che consente di «fare debito» in comune e di investire su infrastrutture, opere pubbliche, insomma sviluppo.

MERKEL BERLUSCONI BACIOMERKEL BERLUSCONI BACIO

Di fronte al rifiuto di Berlino, Parigi e Bruxelles, si scatena l'attacco all'Italia, con la lettera della Bce e la tempesta degli spread, che portano alla caduta di Berlusconi e all'avvento di Monti, che accetta la richiesta del 18%. Salvo poi verificare che l'unico argine alla crisi «sovrana» è una nuova politica monetaria della Banca centrale europea, che dal novembre 2011 segue la linea della Federal Reserve americana e comincia a pompare liquidità nel sistema.

La dura politica fiscale del governo Monti, però, inasprisce il malcontento popolare, segnalato dalla crescita impetuosa del Movimento 5 Stelle, dichiaratamente antieuropeo, che in un anno passa dal 5 al 25%. Oggi, scrive l'autore, l'Europa e il mondo sono di fronte a un rischio di nuovo genere. La massa monetaria in circolazione è aumentata di oltre quattro volte dal 2008 a oggi.

Merkel, Silvio Berlusconi, Mario MontiMerkel, Silvio Berlusconi, Mario Monti

La «Montagna incantata» del debito continua a crescere. Si sta gonfiando una nuova bolla, anch'essa destinata prima o poi a scoppiare. Un rischio che vale per tutto il mondo globale, ma secondo Tremonti potrebbe avere conseguenze drammatiche in particolare per l'euro. Oggi sarebbe molto difficile, se non impossibile per l'Italia chiamarsi fuori dalla moneta unica.

Ma nella contingenza internazionale l'ex ministro vede l'inverarsi dell'allarme che aveva già lanciato (in un'intervista alla Stampa ) alla vigilia dell'introduzione dell'euro, nel Natale 2001: una moneta artificiale, senza un governo comune del fisco e dell'economia, avrebbe causato inflazione e impoverimento, soprattutto in un Paese come il nostro abituato a usare la leva del cambio per colmare il deficit di competitività nei confronti della Germania.

ZAPATERO BERLUSCONI SARKOZY MERKEL OBAMA ERDOGAN AL GVENTI DI CANNES jpegZAPATERO BERLUSCONI SARKOZY MERKEL OBAMA ERDOGAN AL GVENTI DI CANNES jpeg

Per spiegare la complessità del caso Italia, Tremonti ricorre a una metafora da film dell'orrore. Cinque camion stracarichi stanno arrivando contemporaneamente sullo stesso, fragile ponte. Il primo è il debito pubblico, la cui esplosione viene addebitata alla solidarietà nazionale del periodo '76-'79.

Il secondo è uno «Stato parallelo» cresciuto con le riforme degli Anni '90, il decennio del centrosinistra, che hanno «decostruito, privatizzato e mercatizzato, e perciò raddoppiato, lo Stato»; per culminare con il terzo Tir, la riforma del titolo V con la creazione di una burocrazia regionale destinata, in mancanza di una vera riforma federale, non a sostituire ma a sommarsi alla burocrazia statale.

draghi trichetdraghi trichet

Il quarto camion è la forzatura dei tempi e dei modi dell'ingresso dell'Italia nell'euro (con quello che Tremonti definisce un trucco contabile, spiegato nei dettagli). Il quinto Tir è la globalizzazione: che sarebbe un po' troppo imputare al centrosinistra, ma di fronte alla quale né Roma né Bruxelles hanno saputo levare le barriere necessarie, a cominciare dai dazi in vigore nella patria del libero mercato, gli Stati Uniti.

Di fronte a un disastro totale, Tremonti propone «l'ultimo tentativo». «O l'euro converge sull'Europa, o finisce. E l'Europa è la civiltà, e la civiltà dell'Europa è nella solidarietà tra i suoi popoli».

Giulio TremontiGiulio Tremonti

Non fine dell'Europa, quindi, ma «il ritorno della politica», sola condizione per «restituire un futuro all'Europa». Qui Tremonti si distacca nettamente dagli euroscettici, quando dice: «L'unione dell'Europa deve prendere la forma di un'integrazione, quanto più ampia e profonda possibile». Quindi non una mega-burocrazia, ma «integrazione della vita culturale, sociale ed economica, delle tradizioni e delle storie».

 

 

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT - SULLA SCENA POLITICA, FITTA DI SCAPPATI DI CASA, MANCAVANO SOLO LORO: FASCINA E GALLIANI - L’ANTICO “CONDOR” DEL CAVALIERE È DIVENTATO LO CHAPERON POLITICO DELLA “VEDOVA INCONSOLABILE”, CON IL CONTORNO DEI SECOLARI AMICI DELLA BUONANIMA DI SILVIO, CONFALONIERI E DELL’UTRI - IN OGNI USCITA PUBBLICA, I DUE SONO INSEPARABILI. DEL RESTO, SI CONOSCONO, E BENE. LA SCALATA DELLA “MARIA GODETTI” CALABRO-NAPOLETANA ALL’INTERNO DELL’INNER CIRCLE BERLUSCONIANO AVVENNE GRAZIE A GALLIANI, ALL’EPOCA BOSS DEL MILAN - ORA È CHIARO CHE A TAJANI HA SEMPRE FREGATO POCO DI COSA COMBINA IL DUPLEX FASCINA-GALLIANI. FINO ALLO SCORSA SETTIMANA ALLORCHÉ È ESPLOSA FORZA ITALIA AL COMUNE DI MILANO, DIETRO LA QUALE CI SAREBBERO LE UNGHIE DELLA FASCINA, CHE HA MANTENUTO UN OTTIMO RAPPORTO CON MARINA, VEDI IL DUELLO CONTINUO CON IL FRATELLO PIER SILVIO CHE VUOLE FAR SLOGGIARE LA “VEDOVA INCONSOLABILE” DALLA COSTOSISSIMA MAGIONE DI ARCORE - VIDEO

FLASH! - A TORINO, PER IL DOPO PALENZONA ALLA PRESIDENZA DI CRT, SI STANNO SONDANDO LE ISTITUZIONI SUL NOME DI MICHELE VIETTI, MAGISTRATO EX-CSM, OGGI DISOCCUPATO. UN NOME CHE È GRADITO AL SINDACO DI TORINO, STEFANO LORUSSO, CHE NON HA MAI SOPPORTATO LA PRESENZA E SOPRATTUTTO LA DISUBBIDIENZA DI PALENZONA - A DAR VOCE ALLA CANDIDATURA DI VIETTI C'È LA DI LUI CONSORTE, CATERINA BIMA, CHE RICOPRE IL RUOLO DI VICE PRESIDENTE DI CRT ED È STATA TRA GLI OPPOSITORI DELLA GESTIONE PALENZONA...

DAGOREPORT - CONTINUA L’IMBROGLIO-SCHLEIN: ELLY RINCULA SUL NOME NEL SIMBOLO DANDO LA COLPA A BONACCINI (SIC!) E SI RIMANGIA ''CAPOLISTA OVUNQUE": LO SARA' SOLO AL CENTRO E NELLE ISOLE - ALLA DIREZIONE NAZIONALE DEL PD DI IERI LA SVALVOLATA MULTIGENDER HA PERSO LA MAGGIORANZA DEL PARTITO. I VENTI DI RIVOLTA INVESTONO TUTTE LE VARIE ANIME DEL PD - ELLY SI È RIMBOCCATA LA LAPIDE QUANDO HA DETTO: O IL MIO NOME NEL SIMBOLO O MI METTETE CAPOLISTA IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. DI TALE PROPOSTA, LA ZARINA DEL PD NE AVEVA PARLATO SOLO CON BONACCINI. IL PRESIDENTE DEL PD HA ACCONSENTITO IN CAMBIO DELLA CANDIDATURA NEL SUD DEL RAS DELLE PREFERENZE, RAFFAELE “LELLO” TOPO, FIGLIO DELL’AUTISTA DI GAVA, CHE OVVIAMENTE FA PARTE DELLA SUA CORRENTE (AH! I CACICCHI…) - ALLA FINE VICINO A SCHLEIN RESTANO SOLO IN DUE, IL MULTI-TRASFORMISTA ZINGAR-ELLY E FRANCESCO BOCCIA, IL VERO ARTEFICE DEL SISTEMA PUGLIA, GARANTE DI DECARO ED EMILIANO - ANCHE SE ALLE EUROPEE IL PD GALLEGGERA' AL 20%, SINESTR-ELLY DOVRA' FARE LE VALIGIE...

DAGOREPORT: 100 SCALFARI MENO UNO - NON È SOLTANTO TELE-MELONI A CENSURARE GLI SCRITTORI: C'E' ANCHE IL GRUPPO GEDI – IL LIBRO SUL CENTENARIO DI SCALFARI CURATO DA SIMONE VIOLA, NIPOTE DI EUGENIO, IN EDICOLA INSIEME A ‘’REPUBBLICA’’, SQUADERNA CENTO INTERVENTI DI ALTRETTANTI TESTIMONIAL, TRANNE QUELLO INNOCUO E DEL TUTTO PERSONALE DI GIOVANNI VALENTINI, EX DIRETTORE DELL’ESPRESSO - LE SUE CRITICHE, MANIFESTATE SUL "FATTO QUOTIDIANO" SULL’OPERAZIONE “STAMPUBBLICA” E POI NEL SUO LIBRO SULLA PRESA DI POSSESSO DEL GIORNALE DA PARTE DI ELKANN, GLI VALGONO L’OSTRACISMO E LA DAMNATIO MEMORIAE – IL TESTO CENSURATO…