DRAGHI NEL MIRINO – CHI STA ALIMENTANDO IL POLVERONE SUI PRESUNTI TRUCCHI CONTABILI DELLA GOLDMAN SACHS PER FAR ENTRARE LA GRECIA NELL'EURO? – L’OBIETTIVO È IL GOVERNATORE, EX VICE PRESIDENTE EUROPA DELLA BANCA D'AFFARI USA, IN CORSA PER LA BCE CONTRO L’ALTRO CANDIDATO, WEBER - SI SUSSURRA CHE LA MANINA APPARTENGA ALLA LOBBY DELLA LEHMAN BROS, LA BANCA FATTA FALLIRE DA OBAMA…

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Fabrizio Goria per "il Riformista"

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Occhi puntati su Goldman Sachs. «L'Ue sta avviando un'indagine ad ampio spettro per far luce su tutte le eventuali operazioni swap, non solo di quelle greche ». Così ha annunciato ieri Amadeu Altafaj, portavoce del commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn. In questo modo la banca di Wall Street potrebbe essere estromessa dalle aste sui titoli di stato europei. Questo è lo scenario peggiore per i trucchi contabili messi in atto dall'istituto di credito americano per celare l'enorme debito pubblico della Grecia.

Nella girandola di accuse sulle falsificazioni è finito anche il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. Il candidato alla presidenza della Bce è stato tirato in ballo da Simon Johnson, ex capo economista del Fondo monetario internazionale, secondo cui Draghi era a conoscenza dei fatti in qualità di vice presidente di Goldman dal 2002 al 2005. Secca la smentita di Palazzo Koch.

Mario Draghi - Da il RiformistaMario Draghi - Da il Riformista

Ogni giorno che passa, il mistero sui trucchi contabili della Grecia s'arricchisce di nuovi elementi. E lentamente emerge qual è stato il vero ruolo di Goldman. Secondo l'agenzia americana "Bloomberg", il totale degli asset ellenici venduti dalla banca newyorkese è di 15 miliardi di dollari. Il tutto a fronte di una maxi commissione da 300 milioni di dollari pagata dal Tesoro di Atene. Il risultato è stato l'occultamento forzoso di oltre 1 miliardo di dollari nel 2001, grazie al cross currency swap, trading valutario, con tassi di cambio fittizi. In particolare, si sta indagando su uno swap da 10 miliardi di dollari compiuto sotto la supervisione di Christoforos Sardelis, funzionario del Tesoro ateniese.

JPMorgan ChaseJPMorgan Chase

Il sospetto è che sei operazioni su dieci siano state effettuate senza che Eurostat ne fosse consapevole. E il numero potrebbe aumentare. Secondo indiscrezioni di Wall Street, anche la US Securities and Exchange Commission, l'authority della Borsa Usa, è sul punto di avviare un'istruttoria sul colosso bancario guidato da Lloyd Blankfein. A Bruxelles ora si sta discutendo in che modo affrontare l'indagine. Goldman Sachs finora non ha replicato alle accuse, trincerandosi dietro il silenzio stampa.

Merrill Lynch Merrill Lynch

E a poco sono servite le parole utilizzate dalla Commissione Ue nei confronti di Atene, invocanti una maggiore trasparenza. I servizi di "Spiegel" e "New York Times" hanno individuato il problema, ma finora sono mancate le risposte dai diretti interessati, gli istituti di credito coinvolti. Ecco quindi che il Commissario Rehn ha chiesto a Goldman di presentare tutta la rendicontazione degli swap avvenuti. «Non sono nel 2001, ma anche prima e dopo », ha detto il portavoce Altafaj. Per ora sono poche le cose note. Da una parte si conosce il tipo di strumenti finanziari utilizzati, gli swap valutari.

mario baldassarrimario baldassarri

Dall'altra si sanno i nomi di alcune banche: Goldman, JP Morgan Chase, Merrill Lynch. In mezzo, una manciata di Stati che avrebbero giovato di queste operazioni. Grecia, Italia e altri hanno usufruito dei cross currency swap per limare i bilanci e ritardare l'incremento del proprio debito pubblico. Come anticipato dal "Riformista" la scorsa settimana, il nostro Paese ha utilizzato uno stratagemma simile per l'entrata nell'Euro.

Ipotesi confermata anche dal senatore del Pdl Mario Baldassarri. In quel caso l'advisor fu JP Morgan, ma fino al 2003 le operazioni di swap valutario erano considerate legali da Eurostat. Il ministro delle Finanze ellenico George Papaconstatinou dice: «Nel 2001, quando abbiamo fatto queste azioni, tutto era legittimo». La portavoce della Banca d'Italia chiarisce la posizione italiana.

«All'epoca il ministero dell'Economia diffuse un comunicato stampa molto esaustivo e l'allora commissario Ue per gli Affari economici e monetari Pedro Solbes sottolineò che questo tipo di operazione non solo non implicava alcuna manipolazione delle cifre ma rappresentava uno strumento per migliorare la gestione del debito pubblico », ha sottolineato. In questo quadro, ieri il quotidiano "MF-Milano Finanza" ha ripreso l'opinione di Johnson, professore del Mit ed ex chief economist del Fmi.

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Johnson, tramite il suo blog "The Baseline Scenario", ipotizza quali dovrebbero essere le domande a cui Draghi sarebbe tenuto a rispondere prima di candidarsi alla presidenza della Bce. Fra queste, quella più spinosa riguarda il periodo in cui il governatore è stato vice chairman della banca americana, dal 2002 al 2005. L'economista americano ipotizza che il governatore non poteva non essere a conoscenza delle operazioni della banca.

Non si è fatta attendere la smentita di Via Nazionale: «Draghi non ha avuto nulla a che fare con gli swap organizzati da Goldman Sachs con il governo greco che sono stati fatti prima della nomina dell'attuale governatore della Banca d'Italia a managing director della banca di Wall Street». Inoltre, viene specificato dalla portavoce di Palazzo Koch che «le operazione fatte in Italia negli anni Novanta, quando Draghi era direttore generale del Tesoro, avevano il fine di diminuire il costo del debito pubblico, non di nascondere l'effettivo stato dei conti».

Si complica quindi la corsa verso l'Eurotower di Francoforte, sede della Bce, per il governatore della Banca d'Italia. L'ombra grigia proiettata su Draghi dall'affare Goldman Sachs non è piccola e l'impressione è che l'asse franco-tedesco possa cavalcare queste indiscrezioni. Il fine è chiaro: sostenere l'altro candidato, il presidente della Bundesbank Axel Weber. Fonti della Bce spiegano a Reuters che «la credibilità di Draghi non sarà minimamente toccata da questo affare». Ma sono bastate due polpette avvelenate, Spiegel e Johnson, per mettere in discussione la posizione dell'italiano.

 

 

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