ETICA O COTICA? GLI AFFARI SEGRETI DELLO STUDIO FONDATO DAL MINISTRO TREMONTI - “L’ESPRESSO” BOMBARBA A TAPPETO GIULIETTO: MA È UNO STATISTA O UN FISCALISTA? - TRA PRATICHE DI BANCHE E DI PETROLIERI, IL CONFLITTO D’INTERESSI BY DE BENEDETTI

Condividi questo articolo


1 - SCALFARI: TREMONTI SCOPRE L\'ETICA
Eugenio Scalfari per la Repubblica

CHE stia avvenendo qualche cosa di nuovo nel paese Italia, nel paese Europa e in tutto il mondo è sotto gli occhi di tutti. Qualche cosa di profondamente nuovo.
Giulio Tremonti lo ha detto due giorni fa parlando nella riunione celebrativa del risparmio. \"Non è soltanto una discontinuità, ma qualche cosa di molto più profondo\" ha detto con voce sommessa e quasi parlando a se stesso.

id=\"21375\"

Ed ha aggiunto: \"Dobbiamo portare al primo posto l\'etica e puntare sui valori e non sugli interessi\". Sembrava di ascoltare Ugo La Malfa. Quasi quasi me lo sarei abbracciato. Ma poi mi è venuto in mente che gli stessi concetti, in forma magari più disadorna, erano stati enunciati dalla figlia di Berlusconi, non quella entrata nei giorni scorsi nel consiglio d\'amministrazione di Mediobanca che sull\'etica pecca un po\' per difetto, ma la figlia più giovane.

C\'è stato un passaparola? Folgorazioni di massa sulla via di Damasco? Le anime belle sono finalmente la maggioranza del paese?

2 - \"LESPRESSO\": IL CONFLITTO DI TREMONTI
Luca Piana per L\'espresso

La pratica è arrivata sul tavolo degli ispettori anti evasione ormai da tempo. La Mondadori, casa editrice di proprietà di Silvio Berlusconi, è sospettata di aver evaso il fisco. Facendo i controlli sulle dichiarazioni del 2004, gli uomini dell\'Agenzia delle Entrate di Milano si sono accorti che la Mondadori aveva escluso dal reddito imponibile una serie di guadagni, riducendo le tasse da pagare.

Una cifra non elevata, dicono fonti vicine al dossier, anche se superiore ai livelli che potrebbero far scattare la denuncia per falsa dichiarazione. Il caso, però, è politicamente scottante per due aspetti diversi. Il primo è che sarebbe clamoroso vedere un premier punire se stesso per aver evaso il fisco. Il secondo è che tra i consulenti fiscali abituali del gruppo Fininvest c\'è, anche se in modo non esclusivo, lo studio fondato dal ministro dell\'Economia, Giulio Tremonti.

Così all\'Agenzia delle Entrate, l\'ente che si occupa della lotta all\'evasione guidato da un fedelissimo del ministro, Attilio Befera, la pratica Mondadori sembra non fare progressi da mesi: alla stessa casa editrice fanno sapere di non essere a conoscenza se i rilievi, dichiarati già nel bilancio 2007, abbiano avuto seguito. All\'Agenzia, invece, non commentano.

In prima linea durante queste settimane di durissima crisi finanziaria, Tremonti è da sempre considerato una delle figure più in vista nell\'alleanza che gravita attorno a Berlusconi. Esiste però una faccia poco nota del pianeta Tremonti, costituita dalla sua attività professionale di fiscalista. Lo studio, fondato negli anni Ottanta, ha la sede storica a Milano, dove occupa gran parte di un elegante palazzo in via Crocefisso. Dal citofono il cognome del ministro oggi è sparito. Vi rimangono quelli dei più anziani fra i partner attuali: Enrico Vitali, Dario Romagnoli e Lorenzo Piccardi. Il sito Web informa che Tremonti \"ha lasciato lo studio\".

Gli studi professionali non sono aziende ma associazioni fra partner che si dividono i profitti. Se uno lascia, a meno di accordi segreti, la ditta esce dal suo patrimonio. Per Tremonti, però, l\'idea di un taglio netto è dura da sostenere: ogni volta che è uscito dal governo, è tornato a lavorare in studio. È accaduto nel luglio 2004 quando, in rotta con Gianfranco Fini, per 14 mesi dovette lasciare il posto a Domenico Siniscalco. Ed è successo nel 2006, dopo l\'ultima vittoria di Romano Prodi.

Questo avanti-indietro dà vita a un corto circuito continuo. Il primo aspetto problematico nasce nei rapporti fra ministero e imprese a controllo statale. Tremonti partecipa alla nomina di manager di aziende che, poi, figurano fra i clienti dello studio, come accaduto con Enel e altre società. Un intreccio che si complica quando il ministro assegna incarichi a persone che incrocia nell\'attività privata.

id=\"22169\"

Nel 2002 ha piazzato nel collegio sindacale dell\'Eni Paolo Colombo, fratello di Fabrizio, un suo associato. Due anni dopo lo stesso Paolo Colombo è divenuto consulente dello studio e lo scorso giugno, nella tornata di nomine all\'Eni varate da Tremonti, è stato promosso consigliere. L\'unica donna fra i partner dello studio, Laura Gualtieri, è stata nominata nel collegio sindacale di due aziende della Finmeccanica, Agusta e Alenia Aermacchi, anche se solo come sindaco supplente. Curioso il caso del presidente dell\'Enel, Piero Gnudi, riconfermato in giugno: è stata la figlia, Maddalena, a venire accolta, quest\'anno, tra gli associati dello studio fondato da Tremonti.

Il secondo aspetto delicato riguarda la sfera politica. I proclami del ministro a volte stridono pesantemente con il business dello studio, facendo apparire Tremonti come il Don Giovanni di Mozart: cambiando identità a seconda della donna che ha davanti, il seduttore sembra perdere se stesso. Lui attacca la grande finanza, ma fra i clienti abbondano le banche, dalla Merrill Lynch al Monte dei Paschi di Siena, che in luglio si è avvalso della consulenza fiscale di Vitali & C. per vendere alla Lehman Brothers l\'attività dei crediti in sofferenza.

id=\"29403\"

E non mancano i petrolieri, quelli che avrebbero dovuto piangere per l\'introduzione della cosiddetta Robin Hood Tax. Il 17 luglio, parlando alla Camera dei deputati, Tremonti si è scagliato contro i colossi russi dell\'energia, affermando che in Europa operano soggetti dalle \"caratteristiche aggressive diverse da quelle di mercato\". Un mese prima, quando era ministro da 40 giorni, la Erg della famiglia Garrone aveva però venduto alla russa Lukoil il 49 per cento delle raffinerie e della centrale di Priolo, in Sicilia, per 1,37 miliardi. Per minimizzare l\'impatto fiscale sull\'incasso, la Erg si era rivolta allo studio fondato da Tremonti, con cui vanta un lungo rapporto: uno dei partner, Marcello Valenti, è sindaco della Erg Raffinerie Mediterranee.

In maniera più rilevante, l\'elastico tra politica e professione si intreccia con uno dei compiti più delicati del ministero dell\'Economia: il controllo dell\'onestà contributiva dei grandi gruppi, che sono pure clienti, dalla Pirelli alla Fiat. Lo studio non vuole fare commenti sull\'elenco dettagliato dei clienti. Ma l\'intreccio produce effetti ai limiti del comico, come accaduto il 19 giugno alla festa della Guardia di Finanza, celebrata al Foro Italico sotto gli occhi di Tremonti, appena tornato ministro.

Durante la cerimonia tre finanzieri - il tenente colonnello Sergio Napoletano e i marescialli Antonio Fusco e Roberto D\'Oria - sono stati premiati per aver portato a termine \"una complessa attività di verifica nei confronti di una nota azienda dell\'alta moda\", che aveva sottratto al fisco \"redditi per oltre 280 milioni\". La nota azienda era degli stilisti Dolce & Gabbana, che per difendersi dall\'erario, si erano affidati allo studio fondato da Tremonti. \'L\'espresso\' ha potuto ricostruire altri episodi - da Telecom Italia alla Techint, dalla Magiste di Stefano Ricucci all\'eredità fiscale del gruppo Capitalia - nei quali Tremonti si è ritrovato coinvolto prima come ministro, poi come collaboratore dello studio, o viceversa.

EVASORI D\'ACCIAIO
Nei primi mesi del 2008 l\'Agenzia delle Entrate si è ritrovata sul tavolo un caso delicato. A essere coinvolta era la Dalmine della famiglia Rocca. Spulciando il bilancio 2003, gli ispettori di Bergamo dell\'Agenzia hanno scoperto che la Dalmine aveva escluso dall\'imponibile 108 milioni di sterline (160 milioni di euro): cifra versata alla BHP Billiton Petroleum per chiudere un procedimento legale avviato dopo la rottura di un gasdotto e che aveva condotto a un pronunciamento sfavorevole della High Court of Justice inglese.

La vicenda è complessa. In un primo momento sembrava che potesse essere accolta la linea difensiva del gruppo Rocca, affidata allo studio Tremonti, che sosteneva la deducibilità del prezzo pagato. In seguito, altre verifiche hanno dato ragione agli ispettori di Bergamo, aprendo la strada a una contestazione stimabile in un centinaio di milioni. Passati cinque mesi dal ricambio al vertice dell\'Agenzia, la questione non risulta però ancora definita.

DIETROFRONT TELECOM

Se c\'è un caso che mostra l\'intrecciarsi delle indagini del Fisco con l\'andirivieni di Tremonti dal ministero, è quello relativo all\'acquisizione di Blu, un vecchio operatore di telefonia Gsm in difficoltà, da parte di Telecom. La compagnia, guidata allora da Marco Tronchetti Provera, acquista Blu nel 2002. Nel dicembre dello stesso anno (con Tremonti ministro), chiede all\'Agenzia delle Entrate, sede di Torino, di utilizzare le perdite fiscali dell\'operatore in disarmo per ridurre l\'imponibile, avvalendosi di un parere del tributarista Franco Gallo. Ottiene l\'ok nel marzo 2003.

id=\"17657\"

Due anni dopo, gli ispettori centrali dell\'Agenzia, guidata all\'epoca da un altro fedele tremontiano, Raffaele Ferrara, contestano alla Telecom di aver rappresentato l\'operazione Blu in modo scorretto. Tremonti all\'epoca è uscito temporaneamente dal governo e Telecom si affida alla consulenza del suo studio. Nella vicenda ballano cifre da capogiro. L\'accertamento si conclude nel dicembre 2007 con la richiesta di 436 milioni di maggiori imposte, oltre a sanzioni e interessi per 492 milioni. Il 7 maggio scorso, casualmente il giorno del ritorno di Tremonti al ministero, viene spedita una cartella esattoriale che impone il pagamento di una prima tranche di 182 milioni. Telecom ottiene dalla Commissione tributaria di Torino la sospensione della riscossione. E ora l\'Agenzia tratta con il gruppo e il suo consulente - Vitali, Romagnoli, Piccardi e Associati - la possibilità di una transazione.

CLIENTI & RAIDER

Tremonti, tornato ministro e alle prese con la crisi finanziaria, attacca speculatori, paradisi fiscali e banchieri. Lo studio che lui ha fondato mostra però consuetudine con tutte queste categorie. In Lussemburgo aveva aperto nel 1992 la società Studio Tremonti International, liquidata due anni dopo. Più recentemente, ha difeso l\'operato della Bell di Emilio Gnutti.

E tra i clienti non sono mancati Gianpiero Fiorani e Stefano Ricucci. Il banchiere chiese un parere fiscale allo studio nel 2003, per una riorganizzazione che permise alla Popolare di Lodi di pagare meno tasse per decine di milioni. Quando invece nel luglio 2006 il gruppo Ricucci iniziò ad andare a gambe all\'aria, e si ritrovò a dover sanare le imposte evase, la prima porta a cui bussò è quella di via Crocefisso. E così, a trattare con l\'Agenzia un accordo per decine di milioni si è ritrovato Giuliano Foglia, un partner entrato nello studio cinque anni fa.

GERONZI D\'ORO
Uno dei casi più clamorosi, tuttavia, riguarda Unicredit. L\'istituto guidato da Alessandro Profumo quest\'anno potrebbe pagare un miliardo di tasse in meno per effetto di una norma introdotta dal Tremonti ministro. La sorpresa è contenuta in una società inattiva, Ipse 2000, il cui pacchetto di maggioranza Unicredit ha trovato in Capitalia, la banca acquistata l\'anno scorso. Ecco i fatti. Otto anni fa Capitalia, guidata da Cesare Geronzi, decide di finanziare l\'avventura di Ipse, una società nata dal nulla per buttarsi nei telefonini Umts.

id=\"43081\"

Ipse si dissangua per rilevare le frequenze necessarie e nel 2004 è sull\'orlo del fallimento. Porta però in dote 3 miliardi di perdite fiscali che possono dar luogo a un beneficio in termini di minori imposte stimabile in un miliardo. Capitalia offre Ipse all\'Enel, che già possiede Wind, e potrebbe essere interessata alle frequenze. Il fatto che una \'bara fiscale\' possa essere sfruttata da un\'azienda statale come l\'Enel suscita però critiche. E l\'Agenzia delle Entrate pone un vincolo: Enel può compiere il blitz solo se non rivenderà Wind a stretto giro di posta, cosa che invece intende fare.

L\'affare si blocca, ma Capitalia ha un \'piano B\'. Forte di un parere di Enrico Vitali, mira a utilizzare per sé le perdite fiscali. Senza fare troppo rumore, compra azioni Ipse fino al 50 per cento più una. La mossa è necessaria per usufruire del cosiddetto \'consolidato fiscale\', varato dal Tremonti ministro l\'anno prima. E permette a Geronzi, al momento di vendere la banca, di indorare la pillola di Ipse, un\'operazione del tutto sballata. Il frutto potrebbe essere colto da Profumo quest\'anno. Un miliardo di minori tasse per lo Stato non è poco: alla cosiddetta carta per i poveri, voluta dal ministro, sono stati destinati solo 200 milioni.

CHE BELL\'AMICO

Sui rapporti tra l\'Agenzia delle Entrate e alcuni grandi clienti dello studio fondato da Giulio Tremonti, sta indagando da mesi la Procura di Milano. L\'inchiesta più delicata riguarda la Bell, la società lussemburghese che fu utilizzata dalla cordata guidata dal finanziere bresciano Emilio Gnutti per conquistare Telecom.

id=\"22367\"

Una scalata fortunatissima. Nel 2001, rivendendo la compagnia telefonica alla Pirelli di Tronchetti, i soci della Bell intascano una plusvalenza colossale: circa 1,5 miliardi di euro. Profitti su cui la società, dichiarandosi lussemburghese, non versa neppure un euro di tasse allo Stato italiano. Nel febbraio 2003 i pm milanesi aprono una prima indagine per evasione fiscale, ipotizzando una \'estero-vestizione\' della Bell. Nella vertenza la società si fa difendere da un partner dello studio Tremonti, Dario Romagnoli, che dichiara di aver incassato una parcella di 5 milioni di euro. Nei successivi tre anni di governo Berlusconi, l\'Agenzia non accoglie la tesi dei pm.

id=\"61618\"

Solo nell\'agosto 2007, quando al governo c\'è Prodi, i nuovi vertici dell\'Agenzia nominati dal viceministro Visco danno ragione per la prima volta ai pm e accusano la Bell per la maxi-evasione Telecom. Nel gennaio scorso gli azionisti italiani della Bell decidono di patteggiare e versano al fisco 156 milioni di euro (rinunciando a detrazioni per altri 75). Questi i fatti conosciuti. La procura ora indaga sui presunti retroscena illeciti dell\'iniziale posizione del fisco favorevole alla Bell. Questa inchiesta, ancora

in corso, nasce dalle intercettazioni sulle scalate del 2005. Mentre preparava l\'assalto poi fallito ad Antonveneta, infatti, il banchiere Gianpiero Fiorani spiegava ai suoi manager più fidati di aver saputo personalmente dal suo alleato Gnutti che la Bell, per non pagare le tasse, aveva dovuto versare \"20-25 milioni in nero\". Una tangente, insomma. Al telefono Gnutti rassicurava Fiorani anche sul presunto appoggio sotterraneo del ministro alle scalate, dicendogli: \"Stai tranquillo, ho parlato con Tremonti, che mi ha detto: \'Figurati se vado contro i miei clienti\'\". Il ministro ha smentito tutto. Il banchiere invece, negli interrogatori, ha confermato. (P. B.)

 

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT L’INTELLIGENCE DI USA E IRAN HANNO UN PROBLEMA: NETANYAHU - L'OPERAZIONE “TERRORISTICA” CON CUI IL MOSSAD HA ELIMINATO IL GENERALE DELLE GUARDIE RIVOLUZIONARIE IRANIANE NELL'AMBASCIATA IRANIANA A DAMASCO E LA SUCCESSIVA TENSIONE CON TEHERAN NON È SPUNTATA PER CASO: È SERVITA AL PREMIER ISRAELIANO A "OSCURARE" TEMPORANEAMENTE LA MATTANZA NELLA STRISCIA DI GAZA, CHE TANTO HA DANNEGGIATO L'IMMAGINE DI ISRAELE IN MEZZO MONDO - NETANYAHU HA UN FUTURO POLITICO (ED EVITA LA GALERA) SOLO FINCHÉ LA GUERRA E LO STATO D'ALLARME PROSEGUONO...

DAGOREPORT – BIDEN HA DATO ORDINE ALL'INTELLIGENCE DELLA CIA CHE LA GUERRA IN UCRAINA DEVE FINIRE ENTRO AGOSTO, DI SICURO PRIMA DEL 5 NOVEMBRE, DATA DEL VOTO PRESIDENZIALE AMERICANO - LO SCENARIO E' QUESTO: L’ARMATA RUSSA AVANZERÀ ULTERIORMENTE IN TERRITORIO UCRAINO, IL CONGRESSO USA APPROVERÀ GLI AIUTI MILITARI A KIEV, QUINDI PUTIN IMPORRÀ DI FARE UN PASSO INDIETRO. APPARECCHIATA LA TREGUA, FUORI ZELENSKY CON NUOVE ELEZIONI (PUTIN NON LO VUOLE AL TAVOLO DELLA PACE), RESTERA' DA SCIOGLIERE IL NODO DELL'UCRAINA NELLA NATO, INACCETTABILE PER MOSCA – NON SOLO 55 MILA MORTI E CRISI ECONOMICA: PUTIN VUOLE CHIUDERE PRESTO IL CONFLITTO, PER NON DIVENTARE UN VASSALLO DI XI JINPING... 

FLASH! - FACILE FARE I PATRIOTI CON LE CHIAPPE ALTRUI – INDOVINATE CHE AUTO GUIDA ADOLFO URSO, IL MINISTRO CHE PER DIFENDERE L'ITALIANITÀ HA “COSTRETTO” ALFA ROMEO A CAMBIARE NOME DA “MILANO” A “JUNIOR”? UN PRODOTTO DELL’INDUSTRIA MADE IN ITALY? MACCHÉ: NELLA SUA DICHIARAZIONE PATRIMONIALE, SPUNTANO UNA VOLKSWAGEN T-CROSS E UNA MENO RECENTE (MA SOSTENIBILE) TOYOTA DI INIZIO MILLENNIO. VEDIAMO IL LATO POSITIVO: ALMENO NON SONO DEL MARCHIO CINESE DONFGENG, A CUI VUOLE SPALANCARE LE PORTE...

DAGOREPORT – ANCHE I DRAGHI, OGNI TANTO, COMMETTONO UN ERRORE. SBAGLIÒ NEL 2022 CON LA CIECA CORSA AL COLLE, E SBAGLIA OGGI A DARE FIN TROPPO ADITO, CON LE USCITE PUBBLICHE, ALLE CONTINUE VOCI CHE LO DANNO IN CORSA PER LA PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE EUROPEA - CHIAMATO DA URSULA PER REALIZZARE UN DOSSIER SULLA COMPETITIVITÀ DELL’UNIONE EUROPEA, IL COMPITO DI ILLUSTRARLO TOCCAVA A LEI. “MARIOPIO” INVECE NON HA RESISTITO ALLE SIRENE DEI MEDIA, CHE TANTO LO INCENSANO, ED È SALITO IN CATTEDRA SQUADERNANDO I DIFETTI DELL’UNIONE E LE NECESSARIE RIFORME, OFFRENDOSI COME L'UOMO SALVA-EUROPA - UN GRAVE ERRORE DI OPPORTUNITÀ POLITICA (LO STESSO MACRON NON L’HA PRESA BENE) - IL DESTINO DI DRAGHI È NELLE MANI DI MACRON, SCHOLZ E TUSK. SE DOPO IL 9 GIUGNO...