LA FAVO-LETTA DEL DISGELO CON RENZI - DOPO IL CAMBIO AL VELENO IL ROTTAM’ATTORE INCONTRA IN SEGRETO A PALAZZO CHIGI ENRICHETTO CHE PERÒ NON DIMENTICA NE’ IL BENSERVITO NE’ IL TRADIMENTO DI FRANCESCHINI


Giovanna Casadio per "la Repubblica"

BERSANI LETTA RENZI

Renzi lima il provvedimento con il ministro Padoan, ascolta i consigli del sottosegretario Delrio, si inalbera con i funzionari del Mef. L'ex premier Letta accetta il faccia a faccia per parlare di economia, di Europa, di quanto al suo governo si deve in termini di correttezza dei conti e di credibilità internazionale. Il disgelo è un processo lento. I due non hanno firmato una tregua. Entrambi vogliono che l'incontro resti segreto.

Il presidente del Consiglio vorrebbe ricucire un rapporto, ma da parte dell'ex premier c'è solo un certo fair play nel nome - spiega agli amici - dell'interesse generale del paese. Da quel 13 febbraio in cui la direzione del Pd lo liquidò con uno stentato ringraziamento, sono passati poco più di due mesi. Un benservito che Letta non dimentica.

RENZI E LETTA

Il documento con cui tutto il partito gli voltò le spalle si limitava a registrare: «La direzione del Partito democratico - disse allora Renzi nella relazione - esaminata la situazione politica e i recenti sviluppi, ringrazia il presidente del Consiglio Enrico Letta per il notevole lavoro svolto alla guida del governo, esecutivo di servizio, nato in un momento delicato dal punto di vista politico, economico e sociale, e per il significativo apporto dato, in particolare modo per il raggiungimento degli obiettivi europei». Stop. Neppure troppo infiocchettato. Semplicemente sancì che era finita una stagione di governo e ne cominciava un'altra, l'era di Matteo.

Avrebbe dato all'Italia lo scossone che Enrico non aveva saputo o potuto dare. Qualche giorno dopo, nel simbolico e rituale passaggio della campanella a Palazzo Chigi, andò come peggio non poteva. I due neppure si guardarono. Dal 1992, da quando cioè la cerimonia fu inaugurata nell'insediamento del primo governo Amato, non si era mai visto un tale gelo, una stretta di mano frettolosa, di ostilità palese che i fotografi immortalano e che non lasciava dubbi sul rapporto tra i due. Poi qualcosa è cambiato nelle ultime settimane.

RENZI-DALEMA

L'appuntamento se lo danno, o almeno Renzi lo sollecita, il 19 marzo. Alla Camera è il premier ad avvicinarsi all'amico/nemico poco prima della discussione sulla mozione sull'Europa. Il capo del governo sta per partire per il Consiglio europeo. «Enrico, ci dobbiamo vedere», lo invita. Infine Letta accetta. Si parla molto di Europa. Non di ruoli in Europa per Letta, però. Renzi non li offre e l'ex premier non ha nessuna intenzione di proporsi. Per ora ci sono l'insegnamento, i corsi in Francia. A Roma accetta quelli per Civiltà cattolica, sempre sull'Unione europea.

E sta valutando le offerte che gli sono arrivate da università britanniche e americane. Però i lettiani non hanno affatto abbandonato l'idea che «Enrico possa avere un ruolo importante in Europa ». Nelle riunioni volanti, il tam tam della cerchia ristretta dell'ex premier è che «il credito internazionale di Letta non può essere sprecato». Paola De Micheli, Francesco Russo sono molto cauti: «Fino al 25 maggio, fino al voto per l'europarlamento, non è tempo di discutere di nulla».

RENZI dalema

Ma dopo? Non sono molte le caselle a disposizione per l'Italia in Europa. E Massimo D'Alema è considerato il più papabile come commissario Ue. Però c'è anche la presidenza italiana del semestre europeo e quindi la necessità di competenze d'alto profilo. Molte cose cambieranno a Bruxelles e a Strasburgo Non solo. L'Italia vuole creare una forza d'urto per cambiare l'Europa dell'austerity. Renzi ha bisogno di tutti.