FINI: “CASINI S’ILLUDE: ANCHE SE BERLUSCONI NON È CANDIDABILE, A DESTRA COMANDA SEMPRE LUI. IL SUO EREDE? LO SCEGLIE LUI. UN TOTI QUALUNQUE O MARINA” - FINI DIMENTICA CHE PIERFESSO NON HA ALTERNATIVE

“Anche se Berlusconi non è candidabile, il dominus resta lui. Ammesso e non concesso che si facciano le primarie, il candidato sarà scelto secondo i desideri di Berlusconi. O ci sarà la soluzione dinastica. Qualcuno degli ex An valuta l’ipotesi del rientro da Berlusconi e alla fine mangerà questa minestra”…

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Alessandra Longo per "la Repubblica"

Casini torna all'ovile berlusconiano. E Gianfranco Fini? No, lui no, ci tiene a precisarlo: «Non ho nessuna intenzione di ricandidarmi, né di fare un partito, né tantomeno di correggere l'antico "Che fai mi cacci?" con un "Che fai mi riprendi?"». L'ex leader di An è parecchio perplesso sulle mosse dell'amico Pier: «Mi chiedo cosa ci fa uno come lui in compagnia di Storace che vuol abolire l'euro, della Lega che fischia Napolitano e di parte di Forza Italia così silente nei confronti delle intemperanze dei grillini. Forse illude se stesso».

Presidente Fini non sente anche lei il richiamo della foresta?
«No, guardi la domanda è priva di senso. Qui non si tratta di tornare ma di continuare a ragionare su cos'è il centrodestra e che cosa potrebbe essere».

CASINI E FINICASINI E FINI

Casini ha ragionato e ha preso la sua decisione.
«Non credo che abbia agito per interesse personale, ci sentiamo spesso, me ne aveva parlato. Lui espone due dati di verità con conclusioni a mio avviso molto dubbie se non sbagliate. Pier dice: questa nuova legge elettorale rende impossibile un ruolo al di fuori dei tre schieramenti attuali. O stai con Berlusconi, o con Renzi o con Grillo. Ed è vero. Come è vera l'altra considerazione: alle prossime elezioni Berlusconi non sarà il candidato per le note ragioni. Oggettivamente è così».

Però?
«Però faccio a Casini due obiezioni. La prima è sulla legge elettorale, che io mi auguro si faccia, con alcune modifiche. Se ne parla poco ma il vero scoglio non è l'accordo sulla riforma, bensì il passaggio successivo in cui il Senato dovrà cancellare se stesso. Su questo Berlusconi non si è speso in ragionamenti ad alta voce. E invece, attenti: la nuova legge elettorale sta in piedi, ed ha una sua logica, solo se la Camera rimane l'unica assemblea legislativa eletta dal corpo elettorale e il Senato, come propone Renzi, diventa Camera delle autonomie. Se così non fosse, se il Senato rimanesse su base nazionale, occorrerebbero per esempio due ballottaggi, in quanto le due Camere hanno elettorati diversi...».

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Questo per dire?
«Che non darei per scontato che il Senato voti per suicidare se stesso».

E' un fatto comunque che Berlusconi uscirà di scena. Non è più ricandidabile.
«Anche qui Pier dice il vero. Ma nel centrodestra il dominus continua ad essere lui con la sua logica di un'alleanza del "tutti contro la sinistra". Già visto: posizionamenti elettorali e non contenuti. Cosa c'entra Casini con Storace anti-euro, Maroni che resuscita il progetto delle Macroregioni di Miglio e strizza l'occhio al grillismo, al populismo, alle contestazioni contro il capo dello Stato? Difficile con un'alleanza così rifondare la casa dei moderati. Non ci sarà Berlusconi candidato premier ma, ammesso e non concesso che si facciano le primarie, il candidato sarà l'Unto del Signore, scelto secondo i desideri di Berlusconi e dei suoi media, sarà il signor Toti di turno, un clone berlusconiano, oppure verrà fuori la soluzione dinastica. Alfano e Casini rischiano di andare incontro ad una cocente delusione».

Chiarissimo e lei si tiene alla larga.
«Ieri, a Salerno, ho presentato il mio libro, oggi, a Roma, ricorderemo Pinuccio Tatarella, ci saranno un po' tutti. Ma io non prenderò la parola, ci vado per ricordare l'amico. Mi sto dedicando alla preparazione di un convegno in cui sarà presentato un Job Act di destra...».

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Non pensa che tra i suoi ex ci sarà qualcuno allettato dall'idea del ritorno all'ovile?
«Non lo so. Certo ci può essere qualcuno che pensa ad una futura candidatura, vede con simpatia l'ipotesi del rientro e alla fine mangerà questa minestra. Il problema è costruire una destra di contenuti e non un cartello elettorale. Farei una certa distinzione fra le aspettative del ceto politico e quelle dell'elettore».

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L'avrebbe messa la tagliola ai grillini?
«La tagliola è prevista dal regolamento. Come presidente non l'ho mai applicata ma mi è capitato di minacciarla. Convocai Pd e Forza Italia: vorrei non doverla usare, dissi. Uomo avvisato... Certo avevo a che fare con un'opposizione molto più responsabile ma forse l'attuale presidente ha difettato di esperienza e l'esperienza conta soprattutto di fronte alla strategia dei grillini. Per la prima volta l'atto eversivo, antisistema, è dentro il Parlamento e non fuori. A questo proposito ho sentito parole molto tiepide da parte di Forza Italia».

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