IN GOD WE TRUMP - ZUCCONI: “I BIANCHI ASSERRAGLIATI QUI, ATTORNO AL PROFETA DI UNA NUOVA GRANDEZZA ALLA CANDEGGINA, TENTANO LA PUNTATA O LA VA O LA SPACCA SUL NATIVISMO”. RODOTA’ DESCRIVE “IL LATO OSCURO/MOLTO VISIBILE/DAVVERO IMPORTANTE DELLA SUA CAMPAGNA. SUL WEB, SUI SOCIAL NETWORK” -


1.NELLA FORTEZZA DI TRUMP IL CASTELLO ASSEDIATO DELL’UOMO BIANCO

Vittorio Zucconi per “la Repubblica

 

convention repubblicana a cleveland

Benvenuti nell’ultimo castello dell’Uomo Bianco assediato, benvenuti alla Convention Repubblicana di Donald Trump, fortezza delle paure e del declino della razza bianca che sente scivolare fra le dita la sabbia di un’ America che le somiglia sempre meno.

 

Qui a Cleveland lo sanno tutti e nessuno osa dirlo, che l’elezione presidenziale 2016 e il successo della candidatura di Donald potrebbero essere l’ Ultimo Hurrah dell’Euroamerica avviata a un irreversibile documentato declino demografico di fronte alla crescita dell’Afroamerica, dell’Ispanamerica, dell’Amerasia che diventerà minoranza entro dieci anni.

 

donald trump 4

I bianchi asserragliati qui, attorno al profeta di una nuova grandezza alla candeggina, tentano la puntata “la va o la spacca” sul nativismo, la xenofobia, l’isolazismo di quella parte di Stati Uniti che si sente sconfitta e anela a un ultimo “Big Win”, a una vittoria. E danno al resto del mondo attanagliato dalle stesse angosce, la speranza che dall’America possa partire “ The Great White Hope”, la grande rivincita bianca.

 

QUICKEN LOANS ARENA CLEVELAND 2

Basta muoversi nella folla che orbita nelle strade di Cleveland attorno al “Q”, come viene chiamata l’arena “Quicken Loans” che ospita il Congresso, e tra i delegati che ieri sera hanno cominciato a votare l’incoronazione di Trump, per vedere quanto monocromatiche e monoetniche siano le truppe assediate nella fortezza repubblicana.

 

Ogni tentativo di dare colore al pallore dei convenuti, come in passato il Partito Repubblicano aveva tentato con i Bush, con Reagan, con gli sconfitti Romney e Mc-Cain, è stato abbandonato. Le telecamere sgomitano e sudano per riuscire a inquadrare qualche repubblicano dalle pelle nera o bruna. Fatica improba, perchè mai, nella storia del partito dal 1910 a oggi erano stati tanto rari: sono 18 su 2.472 gli afroamericani ostaggi della guarnigione repubblicana, lo 0,7 per cento.

DAVID CLARKE

 

Paul Manafort, il vecchio, spregiudicato “operatore” e regista assoldato da Trump per organizzare lo show, si è sforzato di trascinare sul podio qualche oratore di carnagione diversa, come lo sceriffo di Milwaukee, David Clarcke o ieri sera il neurochirurgo in pensione Ben Carson, già avversario sconfitto nelle primarie, ma è il bianco che muove e domina la scacchiera.

 

PAUL MANAFORT

Bianco come l’abito audacemente virginale esibito dalla terza moglie Melania nel suo discorso, ironicamente plagiato in buona parte dal discorso della nerissima Michelle Obama al Congresso Democratico del 2008; bianco come una famiglia e una prole che non presenta neppure qualche variazione etnica come i Bush, dove almeno la moglie di Jeb – sconfitto - è latina.

 

Bianco come il ponte di comando dell’astronave, abbagliante nel suo candore dalquale si è materializzata l’ombra del messia lunedì sera e come l’intero staff del presidente della Camera dei Deputati, Paul Ryan, l’unico pezzo grosso del partito che abbia parlato per Donald. E che si è fatto fotografare davanti ai propri portaborse e borsisti, tutti rigorosamente, orgogliosamente bianchi.

BEN CARSON

 

Tra il subliminale e l’esplicito, tra la concretezza del muro da erigere contro l’immigrazione e la ipocrisia di Rudy Giuliani che si è chiesto «dove sia finita l’America senza colore», proprio davanti a una platea monocolore, il clima nella Fortezza è da ultima spiaggia, ora o mai più. I bianchi muoiono più di quanto nascano. Neri, Latinos e Asiatici sono in crescita demografica. Il voto dei bianchi continua a scendere e neppure quel 59% conquistato da Romney 4 anni or sono riuscì a compensare il voto dei non bianchi e degli “euro” più istruiti.

 

CITIZENS FOR TRUMP

Per tentare di acchiappare il presente in un ultimo assalto, i profughi dell’America monocolore raccolti attorno al figlio di emigrati tedeschi devono sperare nella paura, nell’odio, nel rancore per fermare il tempo, sapendo di perdere il futuro. Qualunque promessa, show, insulto a Hillary, la “Zia Tom” alla rovescia succube e continuazione di quel dannato “nero”, vanno bene, pur di rallentare il crepuscolo degli dei bianchi.

 

2.IL PALCO NON CONTA: IL VERBO DI DONALD CORRE SU FACEBOOK

Maria Laura Rodotà per il “Corriere della Sera

 

Chi ha detto che Donald Trump ha uno staff inadeguato e una campagna male organizzata? Chi può pensare che sciocchezze da convention come il discorso copiato di sua moglie influenzino il voto?

BIKERS FOR TRUMP

 

Qualche politico vecchio stile, qualche pundit dei giornaloni, e tutti quelli che non si accorgono del lato oscuro/molto visibile/davvero importante della sua campagna. Sul Web, sui social network; cruciale, sottotraccia. Opera, diciamo, di precari senza legami ufficiali con lo staff. Del candidato stesso, che twittando aggressivamente ha sconfitto avversari che spendevano milioni in spot tv.

 

BIKERS FOR TRUMP 2

Di strani personaggi con decine di account Twitter che Trump ritwitta: permettono di diffondere messaggi razzisti o violenti più o meno in codice e poi di liquidarli come una distrazione del candidato. Di star trumpiane di YouTube, di pagine Facebook seguite da milioni di persone.

 

Di armate di troll - se ne possono assumere - che diffondono online «conspiracy theories» come quelle ideate dallo storico consulente di Trump Roger Stone (omicidi commissionati da Hillary, ecc.) e dal conduttore radiofonico Alex Jones (convinto che il governo americano sia responsabile dell' 11 settembre, della bomba di Oklahoma City e del massacro di bambini a Sandy Hook).

 

Stone e Jones si sono appena visti dal vivo a Cleveland, hanno arringato il raduno Citizens for Trump. Circa duemila persone, i Bikers for Trump come servizio d' ordine, gli oratori che suggerivano vicinanza a Trump. E parlavano molto di Hillary Clinton, «una criminale squilibrata». «E un rettile!», hanno suggerito dal pubblico; non di delegati di partito, di abitanti dell' Ohio, bianchi, impoveriti, arrabbiati, di quelli che incontri fuori dalla zona della convention e ti ripetono come un mantra frasi sui crimini di Hillary, la piaga islamica, l' America zona di guerra.

DIAMOND AND SILK

 

Ignorano i talking points elettorali repubblicani (alla convention del candidato nazionalista populista Trump, tutti fanno discorsi iperliberisti); citano le teorie e gli insulti che girano sui social, e solo quelli. Ed è quella, di fatto, la piattaforma anti-establishment popolare in regioni ignorate e tra la ex classe media sfiduciata. Molti messaggi partono da siti ultrà, Breitbart, Gateway Pundit, Conservative Treehouse, Truthfeed. Vengono diffusi anche su YouTube (molto amate da Trump sono Diamond and Silk, donne e nere).

ROGER STONE

 

Ma soprattutto su Facebook; per dire, dalla pagina Donald Trump for President di Sahn Oryavong, seguita da un milione e 200 mila persone, con 80-90 post al giorno e una media di 1.600 like. E su Twitter da personaggi come Richard Flint, cinquantenne dai multiformi account sempre ritwittati da Trump. È suo il meme - anche quello condiviso dal candidato - su Hillary «candidata più corrotta» scritto dentro una stella di Davide (c' è una stella di Davide anche sulla i di varie magliette e cartelli «Hillary for Prison», a Cleveland; l' islamofobia trumpiana sta sdoganando l' antisemitismo, sempre sottotraccia, ma sta succedendo).

ALEX JONES