C’È UN GROSSO GAZA TRA DI NOI - FRATTURA TRA USA E ISRAELE - KERRY E’ FURIOSO PER LA BOCCIATURA DEL SUO PIANO PER LA TREGUA E L’OPINIONE PUBBLICA USA E’ STANCA DI VEDERE PALESTINESI TRUCIDATI OGNI GIORNO

Un contributo lo hanno dato le reti sociali e i nuovi media digitali che hanno reso le immagini dell’orrore, dei corpi dilaniati estratti dalle case bombardate, a portata di telefonino, praticamente in tempo reale - La diffidenza verso Israele cresce tra i giovani, donne, neri, ispanici, asiatici e elettori democratici…

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Massimo Gaggi per “Il Corriere della Sera

 

BARACK OBAMA BARACK OBAMA

«Adirato». Così anonimi funzionari della Casa Bianca descrivono all’Ap , la maggiore agenzia di stampa americana, lo stato d’animo dell’amministrazione Obama davanti alle critiche a raffica di Israele nei confronti dei tentativi di mediazione del Segretario di Stato Usa, John Kerry, che ha proposto senza successo una tregua a Gaza. Usando un linguaggio insolitamente aspro, le fonti della Casa Bianca affermano che tutto questo rischia di mettere in crisi le relazioni tra Washington e Gerusalemme.

 

Non è di certo in gioco l’appoggio americano a Israele, da sempre il maggior alleato degli Usa in Medio Oriente, ma le tensioni affiorate negli ultimi anni tra Obama e il premier dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, ora stanno diventando fratture più profonde. E cambiano anche l’atteggiamento della stampa e dell’opinione pubblica americana.

 

NETANYAHU NETANYAHU

Nulla a che vedere, sia chiaro, con le manifestazioni di antisemitismo che si moltiplicano in Europa. E i resoconti di giornali e tv Usa sicuramente giustificano gli attacchi israeliani contro Hamas molto più di quanto non faccia, ad esempio, la stampa britannica. Ma anche qui, in un Paese nel quale la comunità ebraica ha grande influenza e le lobby filoisraeliane sono molto forti, si cominciano a registrare sensibili cambiamenti d’umore davanti a un conflitto che ha già provocato centinaia di vittime civili tra i palestinesi a Gaza, compresi circa duecento bambini.


Un contributo lo hanno dato le reti sociali e i nuovi media digitali che hanno reso le immagini dell’orrore, dei corpi dilaniati estratti dalle case bombardate, a portata di telefonino, praticamente in tempo reale. Con tanto di commenti emotivi fatti a caldo dai giornalisti su Twitter. A poco sono servite le repliche di Israele che accusa Hamas di fare un uso «telegenico» delle vittime palestinesi, esposte volontariamente a rischi di ogni tipo.

JOHN KERRY JOHN KERRY


Ci sono reporter che sono stati trasferiti dalle loro testate altrove per aver descritto l’intervento militare israeliano con un linguaggio giudicato troppo aspro. E il settimanale «New York Observer » attacca il «New York Times », giornale «liberal» ma controllato da una famiglia di origini ebraiche, i Sulzberger, accusandolo di essere diventato filopalestinese.


In realtà il «Times » è stato equilibrato e ha dato ampio risalto alle ragioni di Gerusalemme, costretta a difendersi dagli attacchi terroristi di Hamas, ma il quotidiano ha anche pubblicato vari interventi di analisti convinti che Israele abbia attaccato Gaza non per bloccare il lancio di razzi contro il suo territorio, ma per far fallire i tentativi di arrivare a un’unica entità dei palestinesi di Gaza e di quelli della Cisgiordania, sotto il governo del presidente Abu Mazen.

 

guerra in terra santa gaza 8 guerra in terra santa gaza 8

I sondaggi d’opinione condotti nei giorni scorsi dalla CNN e dalla Gallup indicano che, anche se gli americani continuano a giudicare in maggioranza giustificata l’offensiva di Israele, la strage di civili a Gaza ha scavato un solco profondo nell’opinione pubblica: ad esempio il 55% degli ultrasessantacinquenni sentiti dalla Gallup si è detto solidale con Gerusalemme, mentre solo il 25 per cento dei giovani (18-29 anni) condivide questo giudizio.

 

Una differenza che si va approfondendo e che non riguarda solo l’età: contano anche il sesso (l’azione di Israele considerata giustificata dal 51% degli uomini ma solo dal 33 %), la razza (pro Gerusalemme il 50%dei bianchi mentre tra neri, ispanici e asiatici questa quota scende al 25%) e l’appartenenza politica: solo il 31%dei democratici giustifica Israele, mentre il sostegno dei repubblicani a Israele rimane massiccio (65%).

 

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Rispetto al passato, i giudizi degli americani rischiano di subire l’effetto destabilizzante di due fattori: l’emotività dei resoconti giornalistici dei media digitali e di quelli veicolati via social network, e la contrapposizione ideologica sempre più radicale tra progressisti e conservatori che sta paralizzando la politica Usa.

 

Basti pensare che quando l’authority dell’ aeronautica Usa, la Faa, ha bloccato per 24 ore i voli delle compagnie aeree americane per l’aeroporto di Tel Aviv, minacciato dai razzi di Hamas, il senatore repubblicano Ted Cruz ha giudicato la misura un boicottaggio economico di Israele segretamente ordinato dal governo Obama.

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