L’ITALIA CHE SI FA MALE DA SOLA – LA MAGISTRATURA SEQUESTRA UN DEPOSITO DI RIFIUTI DELLA FINCANTIERI E L’AZIENDA LASCIA A CASA I DIPENDENTI DI MONFALCONE – LUCA LOTTI NON ESCLUDE UN DECRETO D’URGENZA -


1.MANCA L’OK A UN DEPOSITO DI RIFIUTI. BLOCCATA L’INTERA AREA FINCANTIERI

Giusi Fasano per il “Corriere della Sera

 

FINCANTIERI MONFALCONE

Un film già visto. L’inchiesta della magistratura, il sequestro di aree industriali e l’attività compromessa dai sigilli. Dopo l’Ilva di Taranto il copione stavolta è sulla Fincantieri di Monfalcone, quasi cinquemila fra i lavoratori diretti e quelli dell’indotto.

 

Da ieri a Monfalcone tutto è fermo, gli operai a casa, il ciclo produttivo paralizzato. «Siamo stati costretti a questa sospensione» fanno sapere i vertici dell’azienda. E nel giro di poche ore il caso entra nell’agenda del governo, diventa terreno di scontro fra Confindustria e la magistratura e, com’era già successo a Taranto, divide i sindacati. 


I fatti. I carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Udine hanno sequestrato lunedì mattina quattro aree destinate alla cernita e allo stoccaggio dei rifiuti prodotti dagli scarti di lavorazione: materiale di vario genere (per esempio metalli, legno, ferro, ceramica) che viene utilizzato per la costruzione e la manutenzione delle navi. Indagato il direttore dello stabilimento, Carlo De Marco, e con lui anche i titolari di sei aziende che lavorano nel cantiere. 

FINCANTIERI MONFALCONE


La Procura di Gorizia già a maggio del 2013 aveva chiesto il sequestro delle quattro aree (allora negato dal giudice delle indagini preliminari) contestando in particolare il deposito temporaneo che Fincantieri mette a disposizione delle aziende subappaltatrici.

 

In quel deposito i rifiuti vengono ammassati in gran quantità prima di essere rimossi, ma la magistratura goriziana sostiene da due anni che tutte le ditte subappaltatrici — e non soltanto Fincantieri — devono avere l’autorizzazione per poterli trattare, anche se per trattamento si intende il semplice stoccaggio.

 

E dopo bocciature, ricorsi e controricorsi la terza sezione penale della Cassazione ha trovato un punto debole nelle motivazioni di chi aveva negato il sequestro. Quindi tutto è tornato al punto di partenza (al tribunale di Gorizia) e stavolta il decreto è stato firmato. Ha vinto la linea della Procura: l’autorizzazione è necessaria per tutte le parti in causa e nel cantiere di Monfalcone, quindi, l’accumulo dei rifiuti è da considerarsi «deposito incontrollato». 

FINCANTIERI MONFALCONE


«Stiamo parlando di un problema formale, soltanto formale. Non siamo davanti a rischi per le persone o per l’ambiente» se la prende Elisa Scaroina, uno dei legali dello studio Severino che difende l’azienda. «Le indagini si devono fare, è giusto che si facciano ma il punto è: si doveva proprio arrivare al sequestro? Le ripercussioni come si vede sono enormi... Credo che il presidente Squinzi volesse dire proprio questo con le sue dichiarazioni». 


Giorgio Squinzi ieri è stato fra i primi a commentare il caso Monfalcone: «In passato ho parlato di “manina anti impresa” — ha detto —. Oggi sono stato superato dalla realtà, dai magistrati che hanno fermato la Fincantieri. Sembra che in questo Paese non si voglia che le imprese operino, è particolarmente grave». E ancora: «Ci faremo sentire anche con il governo, ma credo che il governo abbia la nostra stessa visione». 

FINCANTIERI MONFALCONE


La conferma della «stessa visione» è arrivata a metà pomeriggio. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti si è detto «molto preoccupato» e non ha escluso «un intervento normativo di emergenza». «Una prospettiva non chiara» secondo la leader della Cgil Susanna Camusso che chiede di «convocare un tavolo a Palazzo Chigi» anche per discutere dell’Ilva, di nuovo in crisi dopo il sequestro di un altoforno in seguito a un infortunio mortale. «Penso che sia necessario rifare il punto», ha spiegato. 


«Pieno sostegno all’azione della giustizia e condanna per le parole di Confindustria», ha commentato Augustin Breda, direzione nazionale della Fiom-Cgil. Decisamente più vicine all’azienda, invece,le valutazioni dei suoi colleghi di categoria Michele Zanocco (Fim-Cisl) e Mario Ghini, Uilm. E sulla questione si è fatto sentire anche il leader della Lega Matteo Salvini: «Il sequestro è una vera schifezza, solidarietà agli operai e all’azienda». 

 

 

2. L’INTERVENTO A GAMBA TESA E’ UNA BOTTA SUL TITOLO IN BORSA

Bruno Villois per “Libero Quotidiano

 

Fincantieri, azienda a maggioranza pubblica, quotata alla Borsa di Milano è finita nel tritacarne delle incombenze delle pastoie burocratico ambientali. La maxi sede di Monfalcone è sotto sequestro con i suoi 4500 lavoratori diretti a spasso e almeno altrettanti indiretti a rischio licenziamento se dipendenti o default dell'impresa se fornitore rilevante.

FINCANTIERI MONFALCONE

 

Eppure, solo pochi giorni fa, era arrivata una maxi commessa dal gruppo mondiale Virgin, per nuovi transatlantici del mare e la Borsa dopo un anno non certo entusiasmante, grazie anche alla lieta novella dell'ordine e prima della bufera Grecia, aveva cominciato, attraverso i fondi internazionali, a portare in portafoglio il titolo. Adesso, e nei prossimi giorni, saranno giornate nere per il titolo e più in generale per l'industria manifatturiera italiana, sospettata di irregolarità ambientali.

 

Dopo il caso Ilva, i cui contorni e risultanze sono ben più complessi, ecco esplodere il caso Fincantieri che, a differenza di Ilva, non è imputabile ai privati, dipinti sovente, da ambientalisti e sinistra, come diavoli calati sul paradiso italiano, ma bensì al pubblico. Sempre che non si tratti di una esagerata precauzione che, in paesi a vocazione industriale come Germania e Francia, non sarebbe stata, mai neppure lontanamente, non solo messa in atto, ma neanche pensata. Invece da noi si comincia con il sequestro e poi in ragione di periti e perizie sempre scelte dalla parte che pensa che produrre grandi manufatti sia un peccato mortale, si rischia il blocco per mesi.

fincantieri morpheus

 

Senza dimenticare che un blocco come quello messo in atto stuzzicherà i committenti a richiedere sconti, in ragione di presunte irregolarità del rispetto delle norme. Un bel pasticcio che peserà anche non poco su quei piccoli risparmiatori, che, fin dal collocamento, hanno creduto nella bontà del progetto industriale e finanziario e nella capacità da parte di Fincantieri, di portare a dividendo i risultati finanziari.

 

Giuseppe Bono - AD Fincantieri

Il titolo non ha mai entusiasmato, non perché il piano industriale non potesse essere rispettato, ma perché la crisi ha colpito e molto, anche la nautica per il tempo libero. Il colpo ottenuto con la commessa Virgin avrebbe potuto stimolare anche gli investitori istituzionali, i quali erano quasi assenti, un po’ per il problema settore, e molto per la scarsità del flottante, inferiore al 30%, con il restante in mano pubblica e l'intero controllo della governance.

 

Il nostro paese, secondo solo ai tedeschi per la produzione industriale e l'export manifatturiero, raccoglie a Piazza Affari uno sparuto gruppo di imprese manifatturiere di produzioni meccaniche pesanti: Finmeccanica Pirelli, FCA (ormai in seconda battuta dopo Wall Street), e poco altro, mandare a gambe alla aria Fincantieri è uno spregio contro la nostra potenzialità di attrarre non solo investitori finanziari ma anche maxi imprese manifatturiere che, com'è successo in Spagna con i 16 siti produttivi dell'auto, potrebbero volere realizzare insediamenti da noi.

 

FINCANTIERI

Non è solo una questione di burocrazia, tasse e giustizia civile a tenerli lontano e non più di tanto di magistratura, che sovente ha proprio nei codici le sue armi, ma di una politica che non sa stare al tempo con i tempi ed essenzialmente o sbraita al vento, o sta accovacciata senza fare nulla. Le norme ambientali sono a dir poco fuori tempo massimo, ridisegnarle sarebbe fondamentale e abbinarci dei forti incentivi fiscali a favore di chi corregge e agisce per rendere sostenibile la produzione, sarebbe la via da percorrere.

 

Di sicuro con l’abbozzarsi di una timida e fragile ripresa, proprio non ci voleva un caso Fincantieri. Reputazione, lavoro e quattrini ne pagheranno un prezzo alto.