KAZAKI AMARI PER ALFANO E LA GIUDICE CHE COPRÌ IL RAPIMENTO DELLA SHALABAYEVA, CHE AL TELEFONO DICE: ''NON HO SPUTTANATO NESSUNO, HANNO PAGATO IL MIO SILENZIO'' - LA MOGLIE DEL DISSIDENTE: "È STATA UN' AZIONE PREMEDITATA COSÌ L' ITALIA HA CEDUTO AL RICATTO"

Indagata per falso ideologico, oltre che per sequestro, il giudice di pace Stefania Lavore. A processo andranno anche poliziotti La Shalabayeva: Un ''rapimento, operato con coscienza e consapevolezza fin dall' inizio'' - La procura di Perugia ha preso il controllo dell'inchiesta, archiviata invece da Roma...

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1. "I POLIZIOTTI SAPEVANO E LA GIUDICE LI COPRÌ" - CASO SHALABAYEVA, LA MAGISTRATA AL TELEFONO: "NON HO SPUTTANATO NESSUNO"

Marco Lillo per ''il Fatto Quotidiano''

 

"I" je intercettazioni telefoniche inguaiano il giudice che ha deciso di non liberare Alma Shalabayeva, dopo il blitz di Polizia del maggio 2013 nella sua villa di Casal Palocco. "I panni sporchi si lavano in famiglia" e poi "mi avrebbero schiacciato ho fatto pippa..

shalabayeva - bonino shalabayeva - bonino

non ho sputtanato nessuno..hanno pagato il mio silenzio" sono le frasi che hanno convinto i pm di Perugia a indagare per falso ideologico, oltre che per sequestro, il giudice di pace Stefania Lavore.

 

Per il procuratore capo Luigi de Ficchy e per il procuratore aggiunto Antonella Duchini quando il giudice ha convalidato il trattenimento di Alma Shalabayeva nel Cie di Ponte Galeria stava realizzando un 'passaggio essenziale' per il trasferimento coatto della donna in Kazakistan.

 

Quando ha steso il verbale dell' udienza del 31 maggio 2013 non ha tenuto conto della parole dei difensori della moglie del magnate kazako. I legali le avevano detto che il nome di 'Alma Ayan' era solo una copertura per evitare la caccia del ditattore kazako Narbaev al ricchissimo marito Muktar Ablyazov, allora inseguito da un mandato di cattura internazionale poi eseguito in Francia.

ALMA SHALABAYEVA TORNA A ROMA ALMA SHALABAYEVA TORNA A ROMA

 

La signora circolava in Italia grazie a uno strano passaporto diplomatico della Repubblica Centroafricana a nome Alma Ayan. La Procura capitolina guidata da Giuseppe Pignatone però ha chiuso le indagini contro la presunta vittima del sequestro, cioé Alma Shalabayeva, perché, sulla base di una perizia della Polizia, considera contraffato il passaporto centroafricano.

 

Invece la Procura di Perugia lo considera vero dando credito allo Stato che lo ha emesso. E' evidente che l' indagine contro Shalabayeva (come quella chiusa a maggio 2015 contro l' allora capo del dipartimento immigrazione Maurizio Improta per falso) dovranno ora confluire nel fascicolo di Perugia.

 

ALMA SHALABAYEVA TORNA A ROMA ALMA SHALABAYEVA TORNA A ROMA

La versione della signora è creduta dai pm di Perugia più di quella della Polizia mentre la Procura di Roma aveva avuto un atteggiamento più salomonico. Nell' udienza davanti al giudice Lavore secondo i pm di Perugia, per esempio, gli avvocati della signora dissero che era stata presentata richiesta di asilo politico e che c' era un 'gravissimo rischio' in caso di rientro forzato. Tra i cinquanta testimoni già sentiti dai pm ci sono anche i tre avvocati della famiglia Shalabayeva presenti quel giorno e un interprete.

 

mukthar ablyazov figlia alua e alma shalabayeva mukthar ablyazov figlia alua e alma shalabayeva

Nonostante la richiesta di asilo, la signora con la piccola figlia Alua fu poi imbarcata su un Avcon Jet, pagato dall'ambasciata kazaka. Negli atti dell' inchiesta ci sono anche le fotografie scattate e consegnate dal pilota che è stato indagato dalle autorità austriache per il sequestro anche se era incolpevole delle scelte del suo committente: il Governo kazako. Le foto documentano gli attimi concitati dell' imbarco della signora Al ma e della piccola Alua. Ora i pm di Perugia stanno pensando di sentire il pilota mediante una rogatoria internazionale.

 

A partire da lunedì sfileranno a Perugia gli otto indagati per dire la loro versione. Oltre al giudice Levore toccherà a Renato Cortese, allora capo della squadra mobile di Roma, famoso per essere l' uomo che ha coordinato con successo la caccia a Bernardo Provenzano.

 

delegazione di grillini incontra alma shalabayeva delegazione di grillini incontra alma shalabayeva

Poi sarà la volta del questore di Rimini Maurizio Improta, allora capo dell' ufficio immigrazione di Roma, poi il capo della sezione contro la criminalità organizzata di Roma, Luca Armeni, e ancora Francesco Stampacchia, commissario capo della squadra mobile di Roma, Vincenzo Tramma, Laura Scipioni e Stefano Leoni, dell' ufficio immigrazione. Cortese, Armeni e Stampacchia sono indagati per omissione di atti di ufficio e falso perché 'fin dal primo pomeriggio del 28 maggio 2013' avrebbero-secondo i pm di Perugia - conosciuto le reali generalità della Shalabayeva, avendo ricevuto dalle autorità kazake una 'nota verbale' corredata di foto e 21 allegati.

Shalabayeva passaporto Shalabayeva passaporto

 

Da quella nota, secondo l' accusa, si capiva che Alma Ayan (nome del passaporto della Repubblica centroafricana) era Alma Shalabayeva. Il dirigente dell' immigrazione, Maurizio Improta, invece, avrebbe saputo con chi aveva a che fare perché - secondo i pm di Perugia - Nurlan Khassen, un funzionario dell' ambasciata kazaka lo avrebbe informato. Accuse tutte da verificare.

 

 

2. "È STATA UN' AZIONE PREMEDITATA COSÌ L' ITALIA HA CEDUTO AL RICATTO"

Daniele Autieri per ''la Repubblica''

 

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Seduta nel grande salone dello studio del suo avvocato romano, Alma Shalabayeva segue gli sviluppi dell' inchiesta di Perugia e ripete come un mantra la stessa parola: «rapimento». Per la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, il blitz del 29 maggio 2013 e le 48 ore seguenti che hanno portato alla sua espulsione e a quella di sua figlia, sono stati un «rapimento, operato con coscienza e consapevolezza fin dall' inizio ».

Su quali basi lancia accuse così pesanti?
«Perché fin dalla prima irruzione, ho tentato in tutti i modi di spiegare agli agenti e ai funzionari di Polizia chi fossi, chi fosse mio marito e quale fosse il mio status. Da subito ho fatto presente che Mukhtar Ablyazov era un dissidente e un perseguitato politico dal governo kazako».

Qual è stata la risposta italiana?
«Una chiusura totale. Oggi posso dire di essere stata deportata nonostante avessi un passaporto diplomatico assolutamente autentico e non mi è stata data neanche la possibilità di spiegarmi con un traduttore. In quei giorni ho assistito ad una costante violazione dei diritti umani ».

Questo atteggiamento si è ripetuto anche in altre situazioni?
«Si è ripetuto ovunque, sia al Centro per l' immigrazione che nel corso dell' udienza con il giudice di pace. Quando mi trovavo al Cie di Ponte Galeria ho detto a tutte le persone presenti chi ero, che avevo un regolare passaporto e che mio marito era un perseguitato politico. E lo stesso ho fatto con gli uomini dell' ufficio immigrazione, ma nessuno mi ha dato ascolto».

Insieme a lei le autorità italiane hanno espulso anche sua figlia Alua, una bambina di sei anni. Come è andata quella vicenda?
«Il 29 maggio mia figlia era stata affidata alla zia Seraliyeva e nonostante questo la Polizia italiana l' ha condotta con l' inganno all' aeroporto di Ciampino dove siamo state imbarcate insieme. Ho chiesto in tutti i modi di non prendere Alua ma non mi hanno dato ascolto».

Nei giorni precedenti all' irruzione nella villa di Casal Palocco ha avuto sentore che qualcosa stesse per accadere?
«Notai che c' era qualcosa di strano e notai un insolito viavai fuori dalla casa. Ovviamente conoscevo bene la condizione di mio marito, ma non avrei mai immaginato che si sarebbe arrivati a questo».

Di cosa aveva paura?
«Del governo kazako. Era chiaro a tutti che io e mia figlia saremmo state trattate da Astana come due ostaggi. Gli servivamo solo per avere mio marito. E le autorità italiane si sono prestate a questo ricatto».

Dobbiamo guardare ad Astana, quindi, per capire chi sono i mandanti di questa operazione?
«Mi sembra evidente. Tutte le operazioni della vostra Polizia sono state condotte dialogando con i rappresentanti kazaki in Italia. Sono loro i primi organizzatori del mio rapimento e della mia espulsione».
 

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