“ER MOVIOLA” C’HA PRESO GUSTO - ZITTO ZITTO, GENTILONI CONTA DI RESTARE A CHIGI ANCHE DOPO IL VOTO ANTICIPATO E RENZI TREMA – IL DUCETTO CHIEDE RICONOSCENZA: “L’HO MESSO IO IN LISTA, BERSANI L’AVEVA CANCELLATO” – SUL PROPOZIONALE, FRANCESCHINI SENTENZIA: “LA STRADA E’ TRACCIATA” – IL CAV: “CON IL PD SOLO UN ACCORDO TECNICO”

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Francesco Verderami per il Corriere della Sera

 

gentiloni e renzi

Non si contano più i segnali che Berlusconi manda a Renzi. A ogni cenno di nervosismo del segretario democrat, il leader di Forza Italia risponde con toni rassicuranti. È accaduto anche ieri: «È necessario tornare finalmente alle urne», ha fatto sapere il Cavaliere, dimostrando di tener fede al nuovo patto che prevede l' intesa su una legge elettorale proporzionale e sulla fine anticipata della legislatura.

 

«La strada è tracciata», ha detto il titolare della Cultura Franceschini a margine del Consiglio dei ministri. C' è un motivo però se Renzi si mostra ancora diffidente, e i suoi timori non sono dettati dal rischio che saltino le clausole parlamentari dell' intesa, quanto che venga meno l' accordo su una postilla.

 

gentiloni e renzi

Se si continua a parlare di «sistema» tedesco, è perché al Nazareno si guarda al «modello politico» tedesco, dov' è il leader del partito che conquista la maggioranza relativa ad assumere la guida dell' esecutivo. Su questo punto il riferimento degli emissari democratici è stato chiaro con la controparte: se il Pd arriverà primo dovrà essere Renzi il premier di un eventuale governo di larghe intese. C' è la prova che se ne sia discusso, lo confermano autorevoli fonti berlusconiane.

 

Ma Renzi non ha la prova (né potrebbe averla) che il patto sarà rispettato: e se il Cavaliere, invece del «modello politico» tedesco, dopo il voto, scegliesse il «modello politico» italiano? Nella prima Repubblica i premier erano di solito figure di mediazione non leader di partito. Eppoi nei suoi conversari Berlusconi continua a parlare (bene) solo di Gentiloni, mentre di Renzi non fa menzione.

 

FRANCESCHINI

Interpretando peraltro il sentimento di un pezzo consistente del mondo dell'impresa, che reputa l'attuale presidente del Consiglio il candidato ideale a succedere a se stesso: per la sua gestione del governo e il suo approccio ai dossier europei, giudicato utile a trarre vantaggi dal rinnovato asse franco-tedesco, rispetto ad atteggiamenti definiti irruenti e al dunque poco produttivi per il Paese. Anzi, fosse per loro Gentiloni dovrebbe portare a compimento la legislatura.

 

Lo si è capito chiaramente ieri, quando gli industriali hanno tributato un' ovazione al ministro per lo Sviluppo economico, al termine di un' intervento in cui ha ribadito la sua contrarietà alle elezioni anticipate. «Gliele hai cantate a Renzi», ha detto un collega di governo a Calenda, avvicinandolo dopo la sua performance. E l' altro di rimando: «Solo perché ho spiegato che prima di votare bisogna evitare l' esercizio provvisorio e bisogna mettere in sicurezza le banche?».

gentiloni merkel

 

Per quanto con il suo discorso, centrato sul «liberismo pragmatico», si sia offerto con un profilo macroniano, Calenda ha ripetuto che «la politica non è il mio percorso». Eppure l' applauso dell' uditorio è parso una sorta di investitura. Magari a sua insaputa.

 

Di certo quel discorso e quell' applauso hanno irritato Renzi, che avverte questi segnali ed è assai sensibile a ogni esternazione: l' altro ieri ha fatto uno shampoo al titolare delle Infrastrutture Delrio, che si era «permesso» di smentire le aperture del capogruppo dem Rosato al patto con Berlusconi, sostenendo che «il voto non è merce di scambio».

 

È questo il clima in cui si muove Gentiloni, che ascolta i messaggi di quel mondo fuori dal Palazzo, ma resta leale al segretario. Così, se la Boschi decide di mettersi di traverso rispetto alla possibilità di porre la fiducia sul ddl concorrenza, chiesta da Calenda, il premier invita il ministro a pazientare: «Ne parlo con Matteo e vediamo».

 

MERKEL MACRON

«Matteo», fiutato il vento, ha deciso intanto di mandare due messaggi. Il primo a Gentiloni, al quale ha ricordato che «sono stato io a metterlo in lista alle passate elezioni perché Bersani lo aveva depennato». Il secondo a Berlusconi, «al quale chiederei chi ha davvero rotto il patto del Nazareno». E siccome il Cavaliere continua a ripetere che il vecchio patto sulle riforme si ruppe perché venne meno la parola di Renzi sulla scelta del presidente della Repubblica, il segretario del Pd non può permettersi il rischio che il nuovo patto naufraghi sulla scelta del presidente del Consiglio.

 

BERLUSCONI GENTILONI

Ché poi il patto dorme sulle gambe di Giove, siccome il futuro non è ancora scritto. Tanto che l' establishment milanese del Cavaliere (in larga maggioranza non entusiasta di Renzi) si chiede (unanimemente) se un governo di grande coalizione avrà mai i voti nelle urne, ed è preoccupato che «l' inciucione» (copyright Meloni) ingrassi gli avversari alle elezioni. E infatti ieri il Cavaliere si è premurato di spiegare: «Sia chiaro, con il Pd c' è solo un accordo tecnico»...