“SONO ACCECATI DALL’ODIO PER IL PD” – DOPO LA DECISIONE DEI SINISTRATI DI GRASSO DI NON APPOGGIARE LA SUA CANDIDATURA IN LOMBARDIA GIORGIO GORI ATTACCA I DIRIGENTI DI “LIBERI E UGUALI”: "L’APPOGGIO A ZINGARETTI NEL LAZIO RENDE ANCORA PIÙ INCOMPRENSIBILE LA SCELTA LOMBARDA"

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giorgio gori giorgio gori

Giovanna Casadio e Tommaso Ciriaco per la Repubblica

 

Nel Lazio con Nicola Zingaretti, in Lombardia contro Giorgio Gori. Liberi e uguali affida a due assemblee regionali il destino dell' alleanza con il Pd alle regionali. E sceglie di presentarsi di fronte ai lombardi con un candidato autonomo, Onorio Rosati, acclamato dai delegati locali in nome dell' alternativa anti renziana. Matteo Renzi è deluso, ma per nulla sorpreso da uno strappo annunciato.

 

Prima chiama Giorgio Gori e promette una battaglia sul voto utile: « Si fermeranno al 2% » . Poi agli amici confida: « Avevamo dato la disponibilità su tutto, io stesso ero rimasto fuori dalla trattativa.

 

Ma è chiaro che a loro interessava soltanto colpire il Pd. Devono far perdere il renziano, altrimenti non sono felici... » . Per un patto che sfuma, un altro si avvicina. Ieri sera, al termine della riunione romana, prende infatti la parola Pietro Grasso. E assicura: « Faccio mie le richieste di quest' assemblea e andrò a trattare con Zingaretti sui punti di programma e sul profilo della coalizione. Diremo sì all' accordo, se li accetta».

Lo strappo lombardo, comunque, è una ferita che tarderà a rimarginarsi. Non è bastata la mediazione di Paolo Gentiloni, né gli appelli di Laura Boldrini, e neanche la voglia d' intesa di Grasso per riunificare il centrosinistra.

 

grasso bersani grasso bersani

Sono rimasti inascoltati gli appelli all' unità dei "padri nobili", Romano Prodi e Walter Veltroni. Non ha pesato neanche la frattura pubblica, clamorosa tra Matteo Salvini e Roberto Maroni. Nulla ha smosso il " no" granitico di Sinistra italiana, che ha inviato ieri a Milano Nicola Fratoianni per ratificare lo strappo. Per il numero uno dei vendoliani, d' altra parte, la scelta di contrastare Gori è scontata, in linea con l' obiettivo nazionale: «Le larghe intese sono un pateracchio perdente - sostiene - Ecco perché la sinistra, in Germania con la Linke e in Italia con Leu, oggi è da un' altra parte».

 

Divisi in Lombardia, allora, così chiedono i delegati regionali. E la voglia d' accordo che si respira nel quartier generale di Liberi e uguali appare assai lontana, così come la mediazione fallita di Pier Luigi Bersani. « Gli appelli di Grasso e Boldrini? I presidenti - picchia duro Stefano Fassina - devono essere consapevoli dei sentimenti che ha il nostro popolo » . La spunta dunque Rosati, il candidato di sinistra che sfiderà Gori. Provienente dalle file della Cgil, ignora la richiesta di unità di Susanna Camusso, provoca l' imbarazzo dei vertici di Leu e scatena la rabbia nella galassia renziana. « Non una parola contro la destra - ragiona Lorenzo Guerini - soltanto affondi contro il Pd».

L' alleanza con Zingaretti, invece, è ormai a portata di mano. Benedetta da Massimo D' Alema, è sostenuto pure da Roberto Speranza: « Nicola - dice - è un fratello » .

 

nicola zingaretti nicola zingaretti

Sul patto con questo " fratello", in realtà, non tutti i delegati dell' assemblea di Liberi e uguali del Lazio erano d' accordo. Fassina, ad esempio, invocava ancora ieri « una discontinuità vera » . Quella contenuta nel pacchetto programmatico affidato a Grasso per trattare con il Pd. Si punta sul rafforzamento della sanità pubblica con lo sblocco del turn over, la stabilizzazione dei precari e la riduzione dei ticket per la diagnostica e la specialistica. Si esige un nuovo piano rifiuti in sei mesi, senza inceneritori. E ancora, si promette battaglia contro l' autostrada Roma- Latina, dirottando le risorse verso le ferrovie regionali. Ma la condizione più dura per l' attuale governatore è quella contro un potenziale alleato: non basta infatti il veto sul simbolo del partito di Beatrice Lorenzin, Leu pretende anche l' esclusione di alcuni candidati a lei riconducibili, definiti « transfughi » . E come se non bastasse, si apre un problema anche a Napoli. Nel capoluogo partenopeo scoppia la grana- Bassolino, con i compagni di Sinistra italiana legati al sindaco De Magistris che non vogliono in lista l' ex sindaco e lui che chiede «rispetto per la mia storia istituzionale».

 

Una buona notizia arriva almeno dai sondaggi. Uno, targato " Izi", racconta di una corsa al momento a due tra Zingaretti (35%) e Roberta Lombardi (28%), con la destra ancora divisa: Sergio Pirozzi al 23%, Maurizio Gasparri staccato al 12%.

 

 

GIORGIO GORI

 

Alessia Gallione per La Repubblica

 

E adesso, Giorgio Gori, come andrà avanti?

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«Tirando dritto. Continuando, come abbiamo già iniziato a fare da tempo, ad andare in giro per la Lombardia, a parlare con la gente. Anche con molti elettori di Liberi e uguali che, a differenza dei dirigenti, hanno capito che qui c' è in gioco qualcosa di molto importante, che va al di là della stessa sfida regionale.

 

Qui in ballo c' è il futuro di un modello politico, quello della Lega, che non è più un partito, ma almeno tre: c' è la Lega tradizionale di Maroni, quella xenofoba e lepenista di Salvini e ci sono i mille rivoli dei fuoriusciti che si richiamano in modo ancora più deciso alle origini di Bossi. C' è un' esplosione in corso nel centrodestra: è un vantaggio per noi ed è soprattutto l' occasione per chiudere una pagina nazionale. Purtroppo non è stata colta».

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Dopo gli appelli al partito, quindi, ne farà uno direttamente agli elettori di Leu?

«Non ce ne sarà bisogno. Ricevo costantemente espressioni di disappunto per le scelte che stanno facendo. Davvero quella lombarda è una partita fondamentale che vale più della regione abitata da un sesto della popolazione italiana. Ecco, mi dispiace che i dirigenti di Leu, evidentemente offuscati dall' odio per il Pd, non lo abbiano voluto capire».

 

Come giudica la decisione di correre da soli con un loro candidato presidente?

«Guardi, in coscienza ho fatto tutto ciò che andava fatto senza mai avere risposte. Anzi, ho sentito ragioni via via sempre diverse: prima la mia candidatura non era condivisa; poi, c' era il fatto che, forse, Renzi si candidava in Lombardia; adesso sarebbe colpa dello slogan ("Fare, meglio" ndr) che non esprime abbastanza discontinuità con il passato.

 

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La verità è che, sull' unico punto che dovrebbe contare per misurare le vicinanze, il programma, nessuno ha cercato un confronto. Anche su quello ho spalancato la porta e continuo a credere che su ambiente, diritto allo studio, lotta alla povertà, non ci sia nessuna distanza. Anzi. Evidentemente hanno pesato di più altre ragioni».

 

Quella porta, però, l' ha ricevuta ufficialmente in faccia. Perché Zingaretti sì e Gori no?

«Perché magari dovevano evitare di passare per i "signor no" a tutti i costi. Ma, certo, la scelta nel Lazio rende ancora più incomprensibile quella lombarda. La realtà è che qui c' è Attilio Fontana, la controfigura bonaria di Salvini, e noi stiamo a discutere delle virgole».

 

Può essere stato considerato troppo "renziano" o può aver influito il suo passato in Mediaset?

«Certo, Mediaset Vent' anni fa... Ricordo solo che Campo progressista mi ha chiesto un' unica cosa, il confronto sulle idee. E ora lavoriamo insieme».

 

Come successe a Milano a Beppe Sala, magari, non la avvertono come un candidato "abbastanza di sinistra"?

«È lo stesso esame del sangue che mi hanno fatto a Bergamo quando mi sono candidato come sindaco e che ho superato andando in giro, circolo per circolo, strada per strada».

In passato ha detto: «Come presidente della Lombardia meglio Formigoni di Maroni».

 

Quello può aver influito, oggi pronuncerebbe ancora lo stesso giudizio?

«Ho sempre considerato Formigoni un avversario politico e non ho cambiato idea.

Ma se uno dice che con Maroni la Regione è peggiorata dice la verità. Adesso comunque quel confronto non ha più senso.

Fuori Maroni, c' è Fontana. E la sfida è tutta da giocare».

 

A proposito di Matteo Renzi: domani sarà a Milano insieme a lei, il ministro Carlo Calenda, il sindaco di Milano Sala. Quanto lo cercherà in questa campagna elettorale?

Il suo avversario con tutta probabilità avrà interesse a trasformare la sfida lombarda in una nazionale e in questo momento la popolarità dell' ex premier non è certo quella del Pd al 40 per cento delle Europee del 2014.

rosati rosati

«L' unica difficoltà di questo election day sarà proprio far emergere i temi regionali e le tante pecche di Maroni su cui abbiamo molto da dire senza che vengano schiacciati dalla partita nazionale. Per il resto, qualsiasi leader nazionale, non solo del Pd, che verrà, sarà ben accetto».

 

Quindi non teme di farsi affondare da Renzi?

«No».

 

La possibilità di riunire il centrosinistra in Lombardia allora finisce qui?

«La possibilità di unire tutti gli elettori del centrosinistra non finisce certo qui, no. Ce la portiamo nelle urne del 4 marzo».

 

Dopo il passo indietro di Roberto Maroni tra i suoi si respirava la sensazione che la partita si fosse riaperta. Per i sondaggi, però, anche con Fontana lei è sempre indietro. Pensa ancora di farcela? E perché?

«Quello che so è che qualche settimana fa i sondaggi mi davano indietro di dieci punti, poi di sei, adesso di cinque. C' è una progressione che corrisponde a quello che percepisco tra la gente. Non ho mai nascosto che questa è una partita complicata, ma ci sono tutte le condizioni per poter passare in vantaggio».

 

 

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