LIKE A VIRGIN-IA! LACRIME E DIRETTA FACEBOOK NEL PRIMO AFFACCIO DAL CAMPIDOGLIO DI VIRGINIA RAGGI - DAL BALCONCINO LA SINDACA VEDE ROMA COME “UN PAESAGGIO DI MACERIE" - LA GRANA DELLA GIUNTA: ARRIVERA’ SOLO IL 7 LUGLIO -

Dopo l'ecumenica utilitaria di Veltroni, il motorino di Rutelli, la bici di Marino, i saluti romani, la "società dei magnaccioni" dei tassisti di Alemanno, Raggi è ascesa al Campidoglio su una automobilina azzurra abbastanza fichetta - Poi al via la cerimonia di insediamento in diretta sui social: “Chiamatemi Virginia”... -

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Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”

 

Ma povera Raggi! Vista lassù, da lontano, la sindaca di Roma sembra una figurina sopraffatta da una solitudine di cielo, pietra, abisso e splendore. E infatti dopo pochi secondi si mette una mano sulla bocca, poi due, forse piange, certo sospira, si volta, saluta con la mano, rientra, riesce, "emozionata?" le gridano i fotografi, e lei risponde di sì con la testa, vistosamente.
 

Le cerimonie mediatiche vivono di luoghi spettacolari, e il balconcino dello Studio del sindaco sul torrione di Nicolò V è fra tutti il più bello del mondo.
 

Francesco Rutelli, il primo a valorizzarlo, disse che quel "portentoso" affaccio "può dare alla testa"; forse anche per questo Veltroni lo condivise con pontefici, star di Hollywood e quanti più poteva; con preveggente onestà, un giorno che ci era capitato con Ronchi e Gasparri, Alemanno si chiese come era stato possibile che proprio loro tre fossero lì;

 

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così come Marino piantò una grana con le burocrazie capitoline poco propense, per ragioni di sicurezza ("se per caso un cecchino..."), a portare davanti alla porta del terrazzino la scrivania-feticcio di Ernesto Nathan, sindaco da lui incautamente considerato un modello.
 

Ma ecco che ieri pomeriggio, asciugate le lacrime, Raggi ha scelto di mandare in scena da qui una diretta Facebook cui ha virtualmente invitato tutti i cittadini della rete perché Roma, ha spiegato con sorridente spigliatezza mentre il vento le scompigliava un po' le chiome, "merita di essere amata".
 

E questo è senz' altro vero, e la trovata comunicativa c' è, l' evoluzione video-digitale pure, ma nessun Facebook riuscirà mai a togliere l' impressione che Roma è un disastro autentico, un paesaggio di "macerie" l' ha definito la stessa Raggi, e governarlo qualcosa che al momento, purtroppo, sovrasta qualsiasi novità, sovranità e buona volontà.

 

Certo, a questo punto lei ci deve provare. La fascia oltretutto le dona. Ma a pensarci un po', è proprio ciò che si vede da quel balcone, nella sua meravigliosa caducità, che non promette nulla di buono e anzi vira l' animo verso un tragico, eterno scetticismo. Avanti un' altra, dunque.
 

Dopo l' ecumenica utilitaria di Veltroni, il motorino di Rutelli, la bici di Marino, i mortaretti da stadio, i saluti romani, la "società dei magnaccioni" dei tassisti di Alemanno, Raggi è ascesa al Campidoglio, il "secondo Olimpo" cantato dal Carducci, su una curiosa, frusciante automobilina azzurra e abbastanza fichetta, senza il bronzeo accompagnamento della campana Patarina, né alcun Commissario Tronca che abbia avuto la sensibile bontà o l' istituzionale cortesia di passarle le consegne.
 

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Sulla scalinata laterale, come in un quadro naif o un' inquadratura un po' felliniana, l' attendevano vigili baffuti e funzionari che si allacciavano la giacca detergendosi il sudore, oltre a un nugolo di operatori della comunicazione, dall' altro lato della strada, come al solito accalcati dietro alle transenne sotto lo schioppo del sole e quindi dovutamente nervosetti.

A questi ultimi, più divertita che altro, Raggi ha consegnato la frase storica della giornata liquidando la questione del titolo di genere - sindaco o sindaca? - con un civettuolo, sebbene non del tutto spontaneo: "Chiamatemi Virginia".
 

Ma la statuetta della lupa che da domani Virginia avrà davanti agli occhi nel suo studio, animale totemico di ambivalente inclinazione, nutre sì i gemelli, però da tempo immemorabile sbrana anche i suoi senatori, caporioni, governatori, commissari e sindaci.

 

Per cui sì, la vittoria è la vittoria, e l' inno dei cartoni giapponesi dell' infanzia ("Raggi laser che sembran fulmini,/ é protetta da scudi termici...") avrà certo rincuorato gli attivisti M5S, così come il sintomatico fotomontaggio del Tempo che l' altro giorno la ritraeva con uno scettro imperiale e una corona di foglie in testa.
 

Ma poi arriva il momento del governo e per chi ha vinto il comando si configura in nessun altro luogo come in Campidoglio uguale a una spada sopra il capo.

 

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Questo ricorda a tutti il più antico municipio della storia umana, illustre proscenio di glorificazioni, trionfi, dispendio di quattrini e banchetti, ma anche di congiure, gogne, esecuzioni capitali e linciaggi - in genere di quegli stessi un momento prima ricoperti di lodi gioiose, persi qui nel sogno cieco che se li è portati via.

MARIA ELENA BOSCHI VIRGINIA RAGGI MARIA ELENA BOSCHI VIRGINIA RAGGI virginia raggi virginia raggi

 

 

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