Mario Ajello per ‘Il Messaggero’
LUIGI DI MAIO ALFONSO BONAFEDE
I Cinquestelle non rinunceranno alla regola del divieto del terzo mandato elettivo, come pure fino a qualche giorno fa pareva certo. La decisione sta avendo pesanti riflessi sulla trattativa per la composizione del governo. A questo punto Luigi Di Maio è certo che non sarà rieletto e dunque, tramontata l' ipotesi di Palazzo Chigi, insiste sull' accorpamento dei ministeri dello Sviluppo Economico e del Lavoro. Per averli entrambi. La logica è questa. Un ministero come quello degli Esteri è prestigioso, e perfetto per chi nelle legislature successive aspiri a fare il premier. Ma a che cosa serve ricoprirlo ora, se poi - ecco la tagliola del doppio mandato che resta impossibile - non si sarà ricandidati? E a che serve avere un ministero che dà lustro ma non popolarità?
Sedendo nella doppia poltrona dello Sviluppo e del Lavoro, Di Maio crede di poter diventare un difensore del popolo e una star nazionale. Visto che grazie a quell' accorpamento potrà occuparsi sia delle crisi aziendali, che sono tante e che danno visibilità (ma il sospetto che invece ci si possa bruciare tra centomila difficoltà e proteste Di Maio non ce l' ha?) , sia del reddito di cittadinanza che è il punto fondamentale della predicazione grillina. In realtà non è chiaro se si tratterà di un accorpamento vero e proprio con l' unificazione delle due strutture, oppure se Di Maio guiderà i due ministeri che resteranno separati. L' importante per lui è mettere a segno la doppietta.