MA NON ERA UN PUPAZZO IN MANO AI PUPARI? – SUL DECRETO DI GENOVA IL PREMIER GAGA' HA ALZATO LA MANO E HA DETTO: “QUI DECIDO IO. LE NOMINE SPETTANO A ME” – CONTE VUOLE GUADAGNARSI UNO SPAZIO TRA I DUE VICEPREMIER. È GIÀ NATO IL PARTITO DI MATTARELLA-TRIA? – ECCO CHI SARÀ IL COMMISSARIO PER LA RICOSTRUZIONE DEL VIADOTTO

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Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

GIUSEPPE CONTE A GENOVA

Ora sta succedendo semplicemente questo: che Giuseppe Conte si vorrebbe riappropriare delle proprie prerogative, quelle scolpite nella Costituzione all' articolo 95, quelle che all' alba di questo strano governo a due teste il presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha raccomandato di non dimenticare e che stabiliscono che è il presidente del Consiglio a essere responsabile dell' indirizzo politico.

 

Così è accaduto che, a un certo punto, Conte ha alzato la mano in mezzo al diluvio di dichiarazioni e apparizioni social dei due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, e ha detto: «Su questo decido io».

 

SALVINI DI MAIO CONTE BY SPINOZA

E il tavolo su cui ha scelto di misurare la propria autonomia è stato il decreto di Genova, il mezzo normativo per sanare una ferita sociale, dove può mettere alla prova le sue capacità da giurista e guadagnarsi il favore della cittadinanza.

 

Sul ponte crollato il 14 agosto e sul testo che stabilirà il perimetro e i protagonisti attivi della ricostruzione, il premier vuole guadagnarsi uno spazio d' indipendenza dai partiti che lo hanno portato a Palazzo Chigi.

 

Ma per farlo ha bisogno di attraversare indenne il delicatissimo passaggio della nomina del commissario. «Devono avere tutti chiaro che le nomine spettano a me» ha sbottato ieri con chi ci ha parlato e ne ha raccolto lo sfogo dopo le ricostruzioni di stampa che raccontano del pressing della Lega sul futuro commissario in asse con il governatore della Liguria Giovanni Toti.

conte di maio salvini

 

Salvini spingeva per un politico, Conte ha invece in mente una «figura giuridica», terza, lontana dai partiti. E anche dal ministero dei Trasporti confermano che non dovrebbe essere un politico.

 

Domani il premier ne parlerà ancora con Toti e il sindaco di Genova Marco Bucci, attesi a Roma per un vertice da cui potrebbe uscire il nome di chi avrà la responsabilità di supervisionare la ricostruzione del ponte Morandi. «Ma se serve mi prenderò tutto il tempo che mi spetta», dice Conte ricordando ai propri collaboratori che il commissario «verrà nominato con decreto del presidente del Consiglio entro dieci giorni dall' entrata in vigore del decreto, sentita la Regione Liguria».

 

MOAVERO DI MAIO SALVINI CONTE MATTARELLA

Chi sta imparando a conoscerlo, ha già notato diversi segnali di questa crescente aspirazione di autonomia. E ricorda i casi delle nomine del consigliere diplomatico Piero Benassi, e del segretario generale Giuseppe Chieppa, un ruolo per il quale il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti aveva in mente altri.

 

I ministri e il Colle

Come è normale che sia, Conte si confronta frequentemente con Mattarella, e tra il Colle e Palazzo Chigi ci sono continui contatti anche tra Chieppa e e il suo omologo al Quirinale Ugo Zampetti.

 

conte e tria

Il rapporto, confermano, è ottimo e la fiducia «reciproca». Ed è proprio in questo contesto che vanno inquadrate le iniziative di Conte e non solo le sue. Mentre Salvini e Di Maio competono giorno dopo giorno a colpi di tweet, dirette Facebook e ospitate tv, c' è un pezzo dell' esecutivo, che all' interno del governo definiscono il «partito di Mattarella», che si muove in autonomia, anche forzando, se serve, la rigida cornice del contratto di coalizione, e suscitando sempre più spesso le reazioni indispettite di Lega ed M5S.

 

giuseppe conte giovanni tria

Vediamo solo gli episodi più recenti. Il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi va in Europa a placare le ire contro Salvini e a cercare una ricucitura sulla missione di salvataggio Sophia?

 

Oppure va dal generale libico Khalifa Haftar a tentare una mediazione, coinvolgendo anche i francesi, per la stabilizzazione della Libia? In entrambi i casi il leghista non la prende bene.

 

E ancora, ultimissima cronaca dei veleni: come riportato dal Fatto il ministro dell' Economia Giovanni Tria a luglio ha proceduto all' indicazione di Domenico Fanizza a membro italiano dell' executive board del Fmi. Lo ha fatto senza condividere la nomina e la cosa non è piaciuta a Lega ed M5S.

 

Fa nulla che, come precisato dal Tesoro, è un atto che sta nelle prerogative del ministro dell' Economia senza alcuna consultazione prevista.

SALVINI DI MAIO CONTE

 

Stoccate sulla manovra

Sotto questa luce si farà interessante anche la partita sul presidente della Consob, nominato dal Quirinale su proposta del governo. Perché è soprattutto sulle nomine, che Salvini e Di Maio pretendono di avere l' ultima parola.

 

La differenza è che il leghista fa poco per nasconderlo, come dimostrano il disappunto del Carroccio verso Conte sul decreto di Genova. Di Maio invece si muove di più in una zona d' ombra, stretto tra la necessità di salvare un' apparenza di autonomia di Conte, che dopotutto è espressione del M5S, e il desiderio di scollarsi dall' alleato-avversario Salvini.

DONALD TUSK ANGELA MERKEL GIUSEPPE CONTE MOAVERO

 

Il risultato è il gioco di stoccate di ieri sulla manovra. Uno, il grillino, dice che la flat tax della Lega va bene, «ma non deve aiutare i ricchi». L' altro, il leghista, risponde che il reddito di cittadinanza «degli amici 5 Stelle» si farà, «basta che non serva a stare a casa a guardare la tv».