NELLE MAGLIE DEL VOTO: LA NUOVA RUBRICA DI MARIA GIOVANNA MAGLIE SULLE ELEZIONI DEL 4 MARZO - SGARBI SI ACCORDA CON BERLUSCONI PER TRE POSTI, SILURATO TREMONTI - SAMORÌ E PARISI RESTANO FUORI, E POSSONO FAR MALE AL CENTRODESTRA - FITTO E CESA VOGLIONO POLTRONE, OPPURE... - LE GRANE DI MINNITI: L’ATTACCO DI GRATTERI E 300 SINDACI E PRESIDENTI CHE SI CANDIDANO SENZA DIMISSIONI (TUTTI INELEGGIBILI) - BOLDRINI E VINCE TEMPERA

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MARIA GIOVANNA MAGLIE MARIA GIOVANNA MAGLIE

Maria Giovanna Maglie per Dagospia

 

Davvero nessuno pensa alla successione, fra cento anni, al Cav? Chiedere al trio Ghedini, Gelmini, Romani. Magari hanno qualche ideuzza.

 

 

SGARBI E I SUOI CARI. TREMONTI, ADDIO

 

Vittorio Sgarbi si e’ accordato con Berlusconi per tre posti ,che sono naturalmente uno allo stesso Sgarbi, uno a Paolo Naccarato, il senatore calabrese che coniò quel delizioso termine di “stabilizzatori” per spiegare il passaggio con doppia capriola a Matteo Renzi, e Sauro Moretti, assistente portaborse di Sgarbi.

 

vittorio sgarbi tremonti vittorio sgarbi tremonti

Fregato Giulio Tremonti che rimane fuori, su di lui c'era il veto del Cav, che con un certo vistoso ritardo gli rimprovera la gestione della finanza nel 2011, quando fu costruito l'ascensore dello spread e consentito a Giorgio Napolitano un bel golpe bianco.

 

PICCOLI SOLITARI E CATTIVI

 

Rimane fuori anche Giampiero Samori’, avvocato e uomo d'affari, uno del quale si parla male gratis secondo quel garantismo a giorni alterni tipico di Forza Italia,e che va avanti a fare la lista MIR.

 

Ed è rimasto fuori anche Stefano Parisi con Energie per l'Italia Ma il vero risultato sapete qual è ? Che nei collegi dove il voto sara’ in bilico, e sono numerosi, Samorì e altre liste fuori dalle coalizioni potrebbero diventare determinanti per fare perdere il centrodestra.

giampiero samorì giampiero samorì

Una variazione di 0,2 produce una differenza di 3 deputati. Una variazione di 0,3 di 9 deputati. Siccome il centrodestra sembra non volere apparentare entrambi questi potrebbero spostare l’1 per cento. Brr...

 

 

LA QUARTA GAMBA SERVE PER TUTTE LE STAGIONI

 

 

Nel frattempo i centristi che fanno? Fanno i centristi, ovvero minimo quantitativo di voti massimo risultato, ovvero ancora: come ti alzo ogni mattina il prezzo al Suk.

 Fitto e Cesa minacciano di correre da soli e di rompere l'alleanza di centrodestra, se non vengono “cambiate e ricalibrate” le 'quote' decise a tavolino da Fi Lega e Fdi per la ripartizione dei collegi maggioritari. Un metodo che assegnerebbe circa 155-160 seggi al partito azzurro, 129 al Carroccio, 51 a Fratelli d'italia e 13 'posti' al quarto petalo centrista. Fitto e Cesa avrebbero spiegato che così si metterebbe a rischio l'intesa con gravi ripercussioni in termini di risultato elettorale al Sud, specialmente in Sicilia e Puglia. Il discorsetto è da manuale.    

 

raffaele fitto lorenzo cesa raffaele fitto lorenzo cesa

"Nei mesi scorsi siamo stati chiamati dal leader della coalizione di centrodestra, presidente Silvio Berlusconi, a costituire una formazione cattolica e liberale in grado di dare piu' forza alla proposta politica del centrodestra. Su questa iniziativa abbiamo registrato adesioni ed entusiasmo diffusi, gia' evidenziati dai sondaggi d'opinione, tali da poter affermare che la nostra forza e' indispensabile a fare prevalere la coalizione in numerosi collegi e assicurare al centrodestra il governo del Paese. Per raggiungere questo traguardo e' necessario che ogni proposta politica abbia pari dignita', sia per i contenuti programmatici sia per i criteri di rappresentanza. Solo cosi' le differenze tra le quattro liste potranno divenire elemento di ricchezza condivisa e non una insopportabile debolezza di tutta la coalizione. E' difficile capire come Lega e Fratelli d'Italia non prendano atto di questa evidenza mettendo a repentaglio la maggioranza assoluta del centrodestra”.

 

stefano parisi stefano parisi

Parole forti ma come spiega un insider, I voti sono quelli che sono, 3 per cento a rendere grazie al Signore, solo che la capacità diciamo così di pressione e di persuasione di Cesa e compagni sarebbe legata a un accordo col Cav sulla possibilità che la quarta gamba sgambetti non solo verso il centro-destra ma anche se serve per le larghe intese, o inciucio con Matteo Renzi, dopo il voto. Ecco svelato il segreto.

 

 

MINNITI E IL REBUS DEI SINDACI DA NON SALVARE

 

Il sindaco di Imola, Daniele Manca, tanto caro a Matteo Renzi, ostenta sicurezza, in fondo - spiega - si tratta di una legge del 1956 (come se dicesse del 1200). «Ho fatto le mie verifiche» dice, «la causa di ineleggibilità è sempre stata bypassata negli ultimi 20 anni e mai considerata rilevante. Ci sono stati anche sindaci ancora in carica al momento dell'elezione in Parlamento». Un vero renziano, almeno per arroganza.

 

daniele manca daniele manca

 Ma il suo mentore sta facendo il diavolo a quattro, raccontano al Quirinale, col povero ministro Minniti, reo di non aver ancora trovato un escamotage che non potrebbe che essere illegale per salvare la candidatura di Manca e di molti altri, si parla di 300, non solo del PD, anche di Forza Italia, come Giorgino di Andria, il presidente della provincia di Taranto, Tamburrano, della Provincia di Teramo, Renzo di Sabatino, il sindaco di Giulianova Francesco Mastromauro.

 

Tutti inadempienti, tutti in fiduciosa attesa, tutti candidabili, se vogliono sfidare la norma, ma non eleggibili, il che significa aprire una stagione infinita di ricorsi mentre verrebbero lasciati a casa candidati in regola con la legge.

 

 Perché mollare una poltrona senza la certezza di occuparne un'altra? Hanno sempre ragionato così i sindaci di città sopra 20000 abitanti e I presidenti di provincia, decidendo di infischiarsene di una legge dello Stato che esige le dimissioni sei mesi prima delle elezioni nel caso un amministratore ma anche un prefetto o un capo della polizia intendano candidarsi alle elezioni politiche.

 

Hanno sempre aspettato di avere la certezza della candidatura, tanto all'ultimo momento, appena prima dello scioglimento delle Camere, ci pensava un bel Decreto Salva Sindaci, non a caso chiamato così. Solo che stavolta il decreto non è arrivato, sarà stata una perfidia di Gentiloni, sarà stata una carineria di Mattarella, sarà che se lo sono dimenticato, come si erano dimenticati al rifinanziamento delle missioni compreso il marchettone del Niger alla Francia, che hanno votato con un decreto a Camere già sciolte. So’ regazzi.

 

gratteri da minoli gratteri da minoli

 Fatto sta che questa storia di sindaci e presidenti di provincia, questi ultimi oltretutto non portano più un voto, sono degli eletti indiretti, e’ caldissima, anche se tenuta nascosta. La seguiremo.

 

 

MINNITI E GRATTERI, CHE FORSE E’ PEGGIO DEI SINDACI

I guai per il povero Ministro dell'Interno non finiscono qui. È passata abbastanza sotto silenzio, ma certo non per lui, nel gran casino pre elettorale, una intervista bomba di Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, a Giovanni Minoli. Ecco che ha detto.

 «Il Patto antimafia di Minniti è un’idea superata. Il suo piano contro l’immigrazione? Non è degno di un Paese occidentale». .

 

BOLDRINI BOLDRINI

«Non mi è piaciuta – dice Gratteri – la strategia di Minniti sull’immigrazione: non è da Stato occidentale costruire gabbie in Libia. Con un terzo della spesa si potrebbero mandare in Centro Africa i nostri servizi segreti per fermare i viaggi e costruire strade e aziende. Mentre parliamo ci sono donne violentate e bambini picchiati, non sto tranquillo solo perché in Italia ci sono duemila arrivi in meno”.

 

Sulle liste con impresentabili specifica che «i partiti hanno l’obbligo di controllare, anche se ormai la ‘ndrangheta le liste se le fa da sola. Le istituzioni devono essere serie. E la commissione Antimafia è un organismo debole”.

 

minniti gratteri minniti gratteri

 

LA BOLDRINI E VINCE TEMPERA. INCONTRI DEL TERZO TIPO

 

Concerto nella sala della Regina alla Camera del maestro Vince Tempera col suo pianoforte e grande musica del film, organizzato domenica scorsa dalla Carpe Diem di Monica Macchioni. C'è anche il presidente uscente, Laura Boldrini.

 Vince Tempera tra un brano e l'altro non rinuncia a un accorato appello sull'incredibile diversità di trattamento degli artisti italiani rispetto a quelli per esempio francesi o inglesi. Li’ Baronetti e Legion d'onore, qui dimenticati.

 

 La Boldrini invece capisce solo che Vince Tempera vuole un titolo magari di commendatore e concede: “Va bene, presenterò questa proposta al Presidente della Repubblica”.

vince tempera, loredana berte e mario lavezzi vince tempera, loredana berte e mario lavezzi

 

 

 

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