MAI DIRE DI MAIO - LA GAFFE SU PINOCHET DEL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA E’ PIU’ GRAVE DAL PUNTO DI VISTA POLITICO CHE GEOGRAFICO: IL TENTATIVO DI RITORNARE “DURO E PURO” E’ FALLITO MISERAMENTE - DI MAIO NON SI DARA’ PACE FINCHE’ NON AVRA’ SCOPERTO CHI HA PASSATO AI GIORNALI LA MAIL SUL CASO-MURARO

Condividi questo articolo


Francesco Verderami per il “Corriere della Sera

 

LUIGI DI MAIO E L ERRORE SU PINOCHET IN VENEZUELA LUIGI DI MAIO E L ERRORE SU PINOCHET IN VENEZUELA

Accostare Renzi a Pinochet, per Di Maio è stato come volersi riconsegnare al Movimento nella propria purezza identitaria. E’ stato il tentativo di riabilitarsi al cospetto degli elettori a Cinquestelle, così da riconquistarne la fiducia che il «caso Roma» ha intaccato. Ma più della gaffe storico-geografica, più dello scambio di nazionalità del dittatore cileno, erroneamente trasferito in Venezuela, il salto (verbale) nel cerchio di fuoco rischia di bruciacchiare l' immagine istituzionale del giovane leader grillino, che si sta impegnando per una svolta «realista» del Movimento, capace di «tranquillizzare» l' opinione pubblica moderata e conquistarla alla causa di Palazzo Chigi.

 

Proprio la contraddizione politica tra i propositi e l' azione è rivelatrice di uno stato d' animo, testimonia l' ansia di chi si sente assediato, di chi sa di essere finito nel mirino dei suoi stessi compagni di avventura prima ancora che dei suoi avversari. E infatti Di Maio giura che non si darà pace «finché non avrò scoperto l' identità del kamikaze», di chi cioè ha consegnato alla stampa la famosa mail sul «caso Muraro», per scaricargli l' intera responsabilità della crisi capitolina.

LUIGI DI MAIO E L ERRORE SU PINOCHET IN VENEZUELA LUIGI DI MAIO E L ERRORE SU PINOCHET IN VENEZUELA

 

Se l' esponente del direttorio ha dato questo nome all' ignoto autore della manovra, è perché lo ritiene protagonista di uno «sconsiderato atto di autolesionismo», che ha provocato danni ai Cinquestelle. Di Maio poteva immaginare (e lo immaginava) di finire presto o tardi «vittima di invidie e gelosie», ma nel gioco delle rivalità interne «mai avrei pensato che - per tentare di affondare me - si sarebbe messo in difficoltà il Movimento. Possibile che non si sia calcolato questo pericolo?».

 

È una domanda che ha posto anche nelle riunioni riservate, è un interrogativo a cui per ora non ha saputo dar risposta. È certo che da giorni il politico si è fatto giornalista, sfruttando le fonti per cercare di risalire alla fonte del misfatto, interrogando gli sguardi dei suoi interlocutori per capire chi sia «il kamikaze».

DI MAIO DI MAIO

 

Il rischio è che Di Maio diventi il kamikaze di se stesso, che finisca per fare il gioco dei suoi oppositori interni, di quanti finora hanno «approfittato della rendita di posizione anche ai vertici» dei Cinquestelle. Proprio lui che lavora a una «nuova era» e invita a cambiare il linguaggio del Movimento senza doverne cambiare la natura, si offre all' indice di chi lo accusa di aver smentito se stesso.

 

DI MAIO GRILLO FICO DI MAIO GRILLO FICO

Perché un conto è la conflittualità con Fico e la Lombardi, altra cosa commettere gli errori che da tempo contesta all' ala radicale: «Non si può sparare a zero su ogni cosa, non si può pensare che il taglio dello stipendio dei parlamentari sia la panacea di tutti i mali, non si possono chiedere le dimissioni di un sindaco perché ha posteggiato in divieto di sosta».

 

E invece persino l' iconoclasta Di Battista ha definito «forti» le parole usate ieri da Di Maio, dopo l' endorsement dell' ambasciatore americano alle riforme del governo: forse nemmeno lui avrebbe osato riesumare Pinochet per commentare la «sguaiata ingerenza» del diplomatico, schieratosi con il fronte del Sì al referendum costituzionale.

DI MAIO DI BATTISTA DI MAIO DI BATTISTA

 

Può darsi che la sortita del rappresentante statunitense in Italia, e a seguire quella dell' agenzia di rating Fitch, siano state colte dal vicepresidente della Camera come un' occasione di riscatto anche nei sondaggi, o più semplicemente che sia scattato il vecchio riflesso grillino, il richiamo della foresta nella lotta contro l' establishment politico-finanziario.

 

Il fatto che Di Battista lo abbia scavalcato nell' approccio moderato rimarca il passo falso commesso da Di Maio ma non è il segno di una rottura tra i due. Anzi ieri «Dibba» si è fatto interprete proprio della linea «realista», e spiegando che nel Movimento «ci sono visioni diverse ma non tra me e Luigi», ha appoggiato la «svolta» che invoca Di Maio anche nel Palazzo, evocando un eventuale «governo di scopo» se al referendum dovesse vincere il No e bisognasse cambiare l' Italicum.

LUIGI DI MAIO - ALESSANDRO DI BATTISTA LUIGI DI MAIO - ALESSANDRO DI BATTISTA

 

Più dell' endorsement sulla candidatura a premier del vice presidente della Camera, vale la sintonia di Di Battista con la linea politica di Di Maio, secondo cui «i Cinquestelle in Parlamento dovranno avere un ruolo da protagonisti d' ora in avanti», perché «l' epoca del 2013» - quella del non possumus - «è finita». Non sarà facile cambiare natura al Movimento. Diventerà impossibile se per trovare «il kamikaze» se ne imiteranno i gesti.

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT – JOE BIDEN VUOLE CHE GIORGIA MELONI METTA ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL G7 L’USO DEI BENI RUSSI CONGELATI. PER CONVINCERE LA DUCETTA HA SPEDITO A ROMA LA SUA FEDELISSIMA, GINA RAIMONDO, SEGRETARIO AL COMMERCIO – GLI AMERICANI PRETENDONO DALL’EUROPA UN'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DOPO TUTTI I MILIARDI CHE WASHINGTON HA POMPATO A ZELENSKY. MA METTERE MANO AI BENI RUSSI È UN ENORME RISCHIO PER L’UNIONE EUROPEA: POTREBBE SPINGERE ALTRI PAESI (CINA E INDIA SU TUTTI) A RIPENSARE AI LORO INVESTIMENTI NEL VECCHIO CONTINENTE…

DAGOREPORT – PARTITI ITALIANI, PERACOTTARI D'EUROPA - L’ASTENSIONE “COLLETTIVA” SUL PATTO DI STABILITÀ È STATA DETTATA SOLO DALLA PAURA DI PERDERE CONSENSI IL 9 GIUGNO - SE LA MELONA, DOPO IL VOTO, PUNTA A IMPUGNARE UN PATTO CHE E' UN CAPPIO AL COLLO DEL SUO GOVERNO, IL PD DOVEVA COPRIRSI DAL VOTO CONTRARIO DEI 5STELLE – LA DUCETTA CONTINUA IL SUO GIOCO DELLE TRE CARTE PER CONQUISTARE UN POSTO AL SOLE A BRUXELLES. MA TRA I CONSERVATORI EUROPEI STA MONTANDO LA FRONDA PER IL CAMALEONTISMO DI "IO SO' GIORGIA", VEDI LA MANCATA DESIGNAZIONE DI UN CANDIDATO ECR ALLA COMMISSIONE (TANTO PER TENERSI LE MANINE LIBERE) – L’INCAZZATURA DI DOMBROVSKIS CON GENTILONI PER L'ASTENSIONE DEL PD (DITEGLI CHE ELLY VOLEVA VOTARE CONTRO IL PATTO)…