“A MIA INSAPUTA”, ANCHE BOSSI SCOPRE IL PIACERE DI NON SAPERE - DOPO LE MINACCE GIUDIZIARIE CON SALVINI, TROVATO L’ACCORDO SALVA-CARROCCIO: SCARICARE TUTTA LA COLPA SULL’AVVOCATO BRIDANDÌ - - - - -


Rodolfo Sala per “la Repubblica”

 

UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI

«Tra me e Umberto ci sono rapporti ottimi e trasparenti, non abbiamo tempo da perdere in beghe di partito», taglia corto Matteo Salvini a proposito dell’ultima rissa scoppiata nella Lega. Con Bossi, come rivelato ieri da Repubblica, che attraverso il suo avvocato Matteo Brigandì vuole trascinare in tribunale il nuovo segretario, intenzionato a tagliare drasticamente i fondi messi a disposizione del vecchio leader e attinti dalle casse del movimento.

 

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È tutto nero su bianco, lo racconta l’atto di citazione depositato al tribunale di Milano da Brigandì contro Salvini. Il quale adesso smentisce con forza la circostanza che da quel documento traspare e cioè che la Lega si costituirà parte civile contro il suo fondatore e i due figli Renzo e Riccardo, destinatari di buona parte di quei fondi sottratti al partito: «Non lo faremo », assicura Salvini, mentre i legali del Carroccio, in primis l’avvocato Domenico Aiello (quello del governatore Bobo Maroni) precisano che la costituzione di parte civile verrà chiesta solo contro l’ex tesoriere Francesco Belsito e altri cinque imputati nel processo sulle irregolarità nella gestione dei fondi, in cui si ipotizza una truffa ai danni dello Stato di circa 40 milioni.

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Ieri, dopo le rivelazioni di Repubblica, Salvini e Bossi si sono sentiti al telefono. Per concordare la linea, che è quella di scaricare tutte le responsabilità su Brigandì, furioso perché la Lega non gli corrisponde i sei milioni arretrati di parcelle. Il primo ha chiesto al secondo: «Umberto, che cos’è questa roba?». «Io non ne so niente», è stata la risposta del vecchio leader. Che qualche ora dopo, intercettato sull’uscio di casa nella sua Gemonio, ha offerto ai cronisti la sua versione: «Se c’è qualcosa ha fatto tutto Brigandì».

 

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Bossi nega pure di aver deciso di citare in giudizio il segretario della Lega per non veder sfumare i soldi che il partito, considerata la sua malattia, gli passa per garantirgli “l’agibilità politica”(prima 900mila euro l’anno, poi ridotti di 200mila dopo un accordo privato che successivamente però è stato messo in discussione). Quando gli chiedono se davvero la “sua” Lega gli negherà quel sostanzioso contributo, Bossi risponde così: «Questo non l’ho sentito, siete voi i primi a dirmelo».

 

In ogni caso, «la Lega non dà un contributo a me, ma paga alcuni uomini, tra cui quelli che mi fanno da autisti». E la scrittura privata del 26 febbraio scorso, quella firmata da Bossi, il tesoriere Stefani, Brigandì e Salvini, e con la quale si garantisce all’Umberto che la Lega non si costituirà parte civile contro di lui? «Se c’è qualcosa - insite il Senatùr - l’ha fatto Brigandì».

MATTEO BRIGANDI\'

 

Con Salvini son rose e fiori, almeno questo è il messaggio da trasmettere: «Di lui mi fido, se litigassimo vorrebbe dire favorire Roma, che ha fatto di tutto per distruggere la Lega: io mica abbocco alle trappole romane». Segue una postilla, quasi una conferma del grande gelo sceso tra il vecchio e il nuovo segretario: di Salvini Bossi si fida, anche se, precisa l’uomo di Gemonio, «non aveva ancora detto ufficialmente di non volersi costituire parte lesa». Ieri l’ha detto, chissà se basterà a chiudere l’incidente.

 

IL CONSIGLIERE LEGHISTA DEL CSM MATTEO BRIGANDi

E in serata arriva la presa di posizione di un altro big del movimento, Roberto Calderoli: «È completamente falso che ci sia un’azione giudiziaria da parte di Bossi nei confronti della Lega, così come una mancanza di rispetto della Lega nei confronti del suo presidente ». E la citazione per danni? Anche Calderoli addossa tutta la colpa a Brigandì: «L’iniziativa è stata opera di un singolo per motivi professionali che nulla hanno a che fare con Bossi: la Lega è unita, e uniti si vince».