LE MILLE VITE DI “RICCIOLO” BY PERNA – GHERARDO COLOMBO, DA “MANI PULITE” AL ''SOLE 24 ORE'' – ORA, LASCIATA LA TOGA, E GRAZIE ALLA MOGLIE, SI SCOPRE GARANTISTA: IL CARCERE NON RIEDUCA - MA ALL'EPOCA DEL POOL METTEVA IN CELLA E BUTTAVA LA CHIAVE – IL SUO FLOP ALLA RAI


 

Giancarlo Perna per La Verità

 

GHERARDO COLOMBO ANTONIO DI PIETRO PIERCAMILLO DAVIGO jpeg

Come un novello figaro qua, figaro là, il settantenne ex pm, Gherardo Colombo, è richiestissimo per ogni dove. Da quando ha riposto dieci anni fa la toga, se lo sono conteso aziende private e istituzioni pubbliche. Di questi giorni è la sua nomina a presidente del consiglio di vigilanza del Sole 24 Ore. I servigi di Ricciolo - detto così in procura a Milano, per la cascatella di boccoli - sono stati giudicati indispensabili anche in ambiti estranei alle sue spiccate competenze carcerarie.

 

A suo tempo, fu Garzanti ad accaparrarselo per primo, facendolo presidente della casa editrice. Nacque così la moda di fare dell' ex pm un prezzemolo insaporitore. Eravamo nel 2007 e Colombo si era appena dimesso dalla magistratura che aveva abbracciato nel 1974. Lo circondava l' aura di abile inquisito " re guadagnata nell' inchiesta tangentopolesca degli anni Novanta in cui fu tra i protagonisti del pool milanese.

GHERARDO COLOMBO

 

Vedere questo sottoscrittore seriale di ordini di cattura prendere posto nelle quiete stanze della Garzanti sconcertò i letterati che non capivano quale ruolo potesse svolgere. «Cosa diavolo garantirà il dottor Colombo?», si chiese il professore Ernesto Galli della Loggia dando voce agli ammutoliti, «Libri puliti? Eticamente corretti? Ligi alla Costituzione?». Mesta ironia che esprimeva l' imbarazzo di stare a gomito con un tipo pane a manette.

ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA

 

Va subito detto che Gherardo non è stato mai un brutalone sul genere del collega Antonio Di Pietro. Anzi, essendo un fine intellettuale, ne è agli antipodi. Tanto che il capo della Procura, Francesco Saverio Borrelli, lo affiancò a Totò appunto per dare un tocco di civiltà ai suoi esagitati interrogatori. I due, dovendo convivere, si spartirono i ruoli. Di Pietro faceva la ruspa, terrorizzando gli imputati. Appena costoro cadevano in deliquio, Colombo li rianimava concordando una confessione, un nome interessante da coinvolgere, un patteggiamento. Fu - secondo Filippo Facci, il più abile e disincantato cronista di quegli anni - il teorizzatore del rito ambrosiano «fatto di carcere facile, libertà per chi incolpa altri, verbali utilizzati come fonti di prova».

filippo facci

 

Tornando alla Garzanti, va pure notato che Colombo ha con i libri una consolidata dimestichezza. È autore, fin dai tempi della magistratura, di volumi su temi giudiziari e dintorni. Una produzione divenuta alluvionale negli ultimi anni che comprende pure letture destinate agli scolari per educarli alla legalità.

 

Circolano a sua firma almeno una ventina di opere, talvolta con un coautore. La più interessante di queste è del 2016, scritta a quattro mani con Piercamillo Davigo: La tua giustizia non è la mia. Dialogo tra due magistrati in perenne disaccordo. Davigo, oggi presidente Anm, era suo collega nel pool di Milano. Fu implacabile al pari di lui, oltre che famoso per le fruttuose querele ai giornalisti che, pare, custodiva in una cartella con su scritto «per una serena vecchiaia».

 

Piercamillo Davigo

Il Dialogo sarebbe stato comunque interessante perché i due sono opposti per convinzioni politiche. Molto di sinistra Colombo, di destra l' altro. Differenza che non pesò affatto ai tempi di Mani pulite, poiché furono in perfetta sintonia nello sbattere in galera gli imputati, gettando la chiave. Oggi, invece, il Colombo pensionato ha subito una curiosa evoluzione che lo distanzia dal Davigo ancora in attività e rimasto arcigno com' era. Gherardo, infatti, è diventato un pastore d' anime. Non crede più nell' efficacia della pena, aborre il carcere che causa sofferenze e non rieduca il condannato, punta a una giustizia non afflittiva ma riparatrice in cui il responsabile del male sia recuperato al bene e si metta a disposizione della società. Capito che nobiltà, che metamorfosi, che spiritualità l' odierno Colombo?

 

GABRIELE CAGLIARI RAUL GARDINI

Guarda il destino, certe volte. Se avesse anticipato la sua conversione ai tempi in cui imperversava come pm a Milano non avrebbe firmato (con Davigo e Di Pietro) il primo mandato di cattura di Gabriele Cagliari, presidente Eni, che indagato poi da un altro pm, si suicidò in carcere per troppa detenzione. Né avrebbe messo in tribolo gli ultimi giorni di Severino Citaristi, cassiere Dc, ottima persona che rubò per il partito e mai per sé.

 

SEVERINO CITARISTI

Distinzione che di recente Gherardo ha fatta propria opponendo i ladri odierni a quelli di allora. «Oggi, la differenza con Mani pulite», parole sue, «sta nella destinazione del maltolto. Se prima gran parte andava ai partiti ora la corruzione è diventata anarchica, ognuno fa per sé e intasca direttamente». Vabbè, si massaggia la coscienza ora che non ha effetto pratico. Non è il massimo ma meglio di niente.

 

Né, probabilmente, poteva fare prima. Questa sua rivoluzione copernicana è infatti un caso di cherchez la femme. Gherardo si è sposato due volte. Il secondo matrimonio è della fine degli anni Novanta del secolo scorso, quando il pool aveva già sbaraccato. La moglie bis è Alessandra Dal Moro, magistrato anche lei e più giovane di lui. È lei che, segnata dall' esperienza di giudice minorile, ha abbracciato la causa della giustizia riparatrice contro quella afflittiva della quale è agitatrice in riunioni e convegni.

 

IL SOLE 24 ORE

È la dottoressa Dal Moro - se ho capito bene il rapporto di coppia - che ha per prima teorizzato la sostanziale ingiustizia delle pene carcerarie, trascinando nella sfera perdonista il già inflessibile marito, terrore di Tangentopoli. Dunque, conquistato dalla mitezza della consorte, Colombo ha lasciato il bruco che fu per farsi farfalla, attirando il compiaciuto interesse di questo giornale e del vostro cronista. Il merito va però alla dottoressa che oggi si occupa al tribunale di Milano di reati finanziari e che ora è in una situazione più delicata con la nomina di Gherardo ai piani alti del Sole 24 Ore.

 

GHERARDO COLOMBO BENEDETTA TOBAGI

Questo ci riporta al profluvio di ruoli prestigiosi che hanno sommerso e sommergono il Colombo post magistrato. Oggi, per esempio, senza nemmeno menarne vanto, è nel comitato per la legalità del " Comune di Milano, oltreché membro della vigilanza della Banca popolare milanese. Dove però si è più illustrato è stato nel cda della Rai tra il 2012 e il 2015.

 

BERSANI

Accadde quando il capo del Pd, Pierluigi Bersani, stava uscendo di senno. Lo dimostrerà in pieno, di lì a poco, perdendo Palazzo Chigi, pur avendo vinto le elezioni 2013, e facendo eleggere presidenti di Camera e Senato due totali disadatti, Laura Boldrini e Pietro Grasso. Prima avvisaglia di questo disagio fu appunto la nomina Rai, in quota Pd, di Gherardo e della sua seguace, Benedetta Tobagi. I due, entrambi milanesi, nulla capivano di tv, essendo solo noti moralisti. Ber sani li spedì al settimo piano di viale Mazzini su raccomandazione dell' associazione Libera di don Ciotti e Giustizia e libertà di Carlo De Benedetti.

 

Luigi Gubitosi

All' ingresso, la coppia rinunciò all' auto di servizio, alla sontuosa segreteria e prese alloggio in un alberghetto da quattro soldi. I due poi cominciarono a fare di testa propria, mandando in bestia tanto Bersani che il successore Matteo Renzi. Votavano contro le indicazioni del partito, in contrasto col governo ed erano continuamente in urto con l' allora dg, Luigi Gubitosi. Facevano battaglie a capocchia come quella di Colombo per introdurre in tv programmi gay friendly e quella di Tobagi contro il talk show Virus. Mettendosi contro tutti, non combinarono nulla, e Gherardo non lasciò traccia. Ma, come avrete capito, non gli interessa: lui lascia testimonianze e se ne pasce.