Piero Laporta per Italia Oggi
Alcuni mesi addietro Il Giornale pubblicò una notizia che ci incuriosì. Si narrava che il magistrato Antonio Di Pietro, mentre compariva in televisione durante la temperie di Tangentopoli, era stato riconosciuto con una certa sorpresa dai genitori di Emanuela Setti Carraro, come uno dei componenti della scorta del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa quando questi, molti e molti anni prima, si era recato in visita dai suoceri.
Generale Dalla ChiesaPer quante ricerche abbiamo fatto, non ci risulta alcuna smentita da Di Pietro, il quale peraltro non avrebbe nulla di disonorevole da smentire. Anzi è singolare ed è un peccato che questa sua presenza al seguito di Dalla Chiesa non sia stata mai narrata altrove né dal futuro magistrato né dai colleghi poliziotti che erano con lui.
Conosciamo dei carabinieri che per aver servito una volta il caffè al valoroso e mitico generale non perdono occasione di raccontarlo incessantemente ai nipoti, agli amici e al parroco. Sarebbe quindi stato naturale che uno come Antonio Di Pietro, che certo non rifugge i riflettori e giustamente ama dare un'immagine positiva di sé, menasse vanto di essere stato, mentre operava come giovanissimo poliziotto, uno degli angeli custodi di Dalla Chiesa.
D'altro canto la scorta al generale dalla Chiesa fu assicurata dai carabinieri finché egli non andò in Sicilia per assumere il suo ultimo e fatale incarico, come prefetto di Palermo. La scorta dei poliziotti quindi è proprio correlata al periodo più drammatico e conclusivo dell'avventura terrena del generale.
È quindi ancora più singolare non la mancanza di una smentita di Di Pietro, quanto piuttosto che la notizia sia del tutto assente dalle cronache piccole e grandi che contribuirono a dare all'ex magistrato la forte e positiva immagine attuale. Pensiamo che sia stata un'occasione perduta per lui perché quando ebbe le note difficoltà se avesse fatto sapere di avere avuto una tale alta responsabilità la sua immagine ne avrebbe guadagnato.
lapresse antonio dipietro ditoSi tratta di una esperienza, sia sotto il profilo umano che storico, di assoluto valore e risulterebbe quanto mai interessante conoscere il punto di vista di Di Pietro sulle ultime settimane del generale.
Sarebbe un documento di valore assoluto avere le impressioni che ne ricavò il futuro magistrato, con il suo acume e la sua intelligenza sottile, mentre percorreva le vie di Palermo, respirando e percependo le medesime esperienze del generale nel momento più pericoloso e drammatico della sua esistenza.
Sarebbe anche interessante e curioso ricostruire chi erano i colleghi di Di Pietro e com'era il futuro magistrato e l'attuale leader politico di opposizione, nelle vesti di giovane poliziotto, mentre faceva l'angelo custode del famoso generale.
C'è tutto per fare sia per una grande fiction televisiva, sia per lanciare un'altra positiva immagine del politico molisano.
D'altra parte, una ricostruzione di quelle settimane del 1982 sarebbe quanto mai opportuna anche per evitare che in futuro un tale episodio non si tramuti in uno dei tanti cosiddetti «misteri d'Italia», scavando nei quali spesso ci si accorge che la banalità prevale di molte lunghezze sull'arcano.
parlam 46 antonio dipietroCosì accadde, per esempio, a via Fani quando rapirono Moro. Sulla scena del rapimento una foto mostrava la presenza alle nove del mattino di un colonnello del Sismi. Apriti cielo! Che ci faceva lei a via Fani? E quello improvvisò una risposta scema come «andavo a pranzo da un amico».
Forse non voleva rivelare il suo ruolo e fece un danno più grande. Ecco qui, si scatenarono i dietrologi, un agente del Sismi in via Fani a dare manforte ai brigatisti! L'episodio fu preso e messo di diritto in cima ai «misteri d'Italia». Un magistrato scrisse una quantità di pagine che adombravano sospetti pesanti su quel colonnello, il quale invece avrebbe dovuto dire la banale verità: «Andavo nel mio ufficio a lavorare e la sede del Sismi è a due passi da via Fani».
Però pensandoci bene, forse quel colonnello fu lungimirante. Se avesse detto dov'era diretto in realtà, non avrebbe avuto scampo ugualmente. «Ah, il Sismi è qui vicino! Ecco chi ha rapito Aldo Moro!» e si sarebbe scritto un altro capitolo dei «misteri d'Italia». Che vogliamo farci siamo il paese dei misteri.