NESSUNO È AL SICURO – ANCHE LA GERMANIA INIZIA A VEDERE NERO: LA CRESCITA POTREBBE SGONFIARSI PER IL CRAC DELL’ECONOMIA USA (PRINCIPALE MERCATO DELL’EXPORT TEDESCO) E DELLA CINA (PRIMO CREDITORE DI OBAMA) – IL TITANIC DELL’EUROPA METTE IN CRISI LA MERKEL: CIÒ CHE SALVA IL CONTINENTE, DANNEGGIA LA GERMANIA – IL FONDO SALVA-STATI È ESIGUO MA SE BERLINO ACCETTASSE DI RIMPOLPARLO VEDE DECLASSARE IL SUO DEBITO – MA LE BANCHE TEDESCHE CHIEDONO DI INTERVENIRE: SONO ESPOSTE VERSO IL RESTO D’EUROPA PER 1400 MLD €…


Tonia Mastrobuoni per "la Stampa"

merkel sarko GG

La crisi dei debiti sovrani sta raggiungendo a grandi passi il cuore dell'Europa. Ieri i mercati hanno segnalato che anche la Francia, dopo i «big» Italia e Spagna, potrebbe essere risucchiata dal vortice del contagio greco. Ma ormai neanche il "marziano" del Vecchio continente, l'unico paese con tassi di Pil extraeuropei e che ha già recuperato i livelli di produzione precrisi, può stare tranquillo: anche la Germania comincia a fare i conti con un futuro più incerto.

MERKEL LIEBT SARKOZY

D'un lato i suoi ritmi vertiginosi di crescita potrebbero subire un ridimensionamento a causa della frenata statunitense - principale mercato dell'export tedesco - e del rallentamento cinese. Dall'altro, il grattacapo europeo si sta trasformando inesorabilmente in un «aut aut» per Angela Merkel: ciò che può salvare l'Europa rischia di danneggiare la Germania.

Notoriamente il nervosismo dei mercati è alimentato dalla convinzione che nell'attuale fondo salva-Stati Efsf non ci siano risorse sufficienti per frenare l'estensione dell'effetto domino partito da Atene. I 440 miliardi di euro non basterebbero mai per salvare l'Italia o la Spagna - per non parlare della Francia. Tanto è vero che dalla scorsa settimana la Bce è tornata in campo per spegnere i fuochi che stavano incendiando i listini europei, comprando titoli di Stato dei Paesi in difficoltà.

Sarko Merkel

Tuttavia, se la Germania accettasse di ingrandire il "grande paracadute" Efsf, rischierebbe un declassamento da parte delle agenzie di rating dall'attuale "AAA". Agli occhi dei mercati annacquerebbe il suo merito di credito - la sua solidità - con quella degli altri paesi europei, molti dei quali scivolati negli ultimi mesi sull'orlo del burrone. «Sarebbe inevitabile il declassamento della Germania, se si ingrandisse l'Efsf. Perché vorrebbe dire aumentarne le partecipazione ai salvataggi e appesantirne il debito» spiega Davide Pasquali, direttore di Pharus Sicav.

La Germania continuerebbe ad essere infatti il maggiore contribuente dei periferici allo sbando. La soluzione? Una sola, secondo Pasquali: «è indispensabile che i Paesi europei convergano sui conti pubblici». Altrimenti sarà difficile riconquistare il consenso dell'opinione pubblica tedesca. E mantenere vivo a lungo l'europeismo della Merkel.

SILVIO BERLUSCONI

Ma c'è una questione importante che investe le banche e che suggerirebbe di accelerare, invece, sull'Efsf. L'esposizione di quelle tedesche verso il resto dell'Europa è rilevante: 1.400 miliardi di euro. Verso l'Italia, in particolare, i crediti ammontano a 117,5 miliardi di euro - 38,4 miliardi verso le banche, 43,6 verso le imprese e 35,5 sotto forma di bond statali (dati Bundesbank).

Ieri Commerzbank, il secondo maggiore istituto di credito tedesco, ha visto crollare i propri utili nel secondo trimestre del 93 per cento a 23 milioni di euro (rispetto ai 352 milioni del periodo equivalente del 2010) a causa delle svalutazioni dei bond greci. Il risultato del gruppo, si legge esplicitamente nella nota di ieri, «dipenderà molto dall'aumento del pacchetto di misure per frenare la crisi dei debiti sovrani e dalla possibilità di evitare un peggioramento dell'attuale situazione». E ieri pomeriggio la borsa di Francoforte ha chiuso a -5,1 per cento a causa dei titoli bancari in picchiata, scivolati anche per la dichiarazione del ministro delle Finanze greco Venizelos che ha ventilato la possibilità che nella ristrutturazione greca possano finire anche titoli con scadenza oltre il 2020.

Barack Obama

Nei prossimi mesi, osserva Andreas Rees, capoeconomista di Unicredit in Germania, «dobbiamo aspettarci un rallentamento dell'economia tedesca, dovuta alla probabile frenata - ma escludo per ora che ci sarà una ricaduta nella recessione - dell'economia statunitense».

Rees, tuttavia, continua a scommettere su un robusto 3,5 per cento di Pil nel 2011, che scenderà al 2 nel 2012. Berlino, però, ha imparato a dirottare una parte consistente delle proprie esportazioni verso l'Asia. Quest'anno, per la prima volta nella storia «la quota di export verso la Cina e Hong Kong - attualmente è il 6,4 per cento - supererà quella verso gli Usa», scommette l'economista.

cina

Gli fa eco Giovanni Ajassa, capoeconomista di Bnp Paribas: «la Germania ha capito che la finanza è unificante e l'economia policentrica». Anche per Ajassa gli ultimi dati macro segnalano «un trend al rallentamento» del Pil tedesco. Ma le stime restano, per ora, di un aumento del 3,8 per cento nel 2011. Il 16 agosto, martedì prossimo, verrà diffuso il dato sulla crescita nel secondo trimestre e qui l'economista prevede un +0,8 per cento su trimestre, in rallenamento rispetto all'1,5 del trimestre precedente.