NETANYAHU SOTTO ASSEDIO – PIÙ DI 100MILA PERSONE SONO SCESE IN PIAZZA A GERUSALEMME PER PROTESTARE CONTRO IL PREMIER ISRAELIANO: CI SONO LE FAMIGLIE DEGLI OSTAGGI, I PACIFISTI, GLI SFOLLATI DEI KIBBUTZ E GLI ULTRAORTODOSSI PREOCCUPATI DI DOVER ANDARE A COMBATTERE COME TUTTI GLI ALTRI. UN POPOLO VARIEGATO CHE CHIEDE “ELEZIONI, SUBITO”. MA “BIBI” NON MOLLA: “SAREBBE UN FAVORE AD HAMAS. LE ELEZIONI BLOCCHEREBBERO IL PAESE”

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ISRAELE, IN 100MILA CHIEDONO LE DIMISSIONI DEL PREMIER NETANYAHU

Estratto dell’articolo di Roberto Da Rin per www.ilsole24ore.com

 

Una manifestazione imponente, più di 100mila persone. E’ la prima grande dal 7 ottobre scorso, quando in seguito al massacro di Hamas, a Gerusalemme sono stati sospesi questi maxi raduni. Un popolo diversificato composto da ultraortodossi, pacifisti, gli sfollati dei kibbutz del sud e del nord, i familiari degli ostaggi. Uniti solo da una richiesta condivisa: le dimissioni del premier Benjamin Netanyahu.

 

benjamin netanyahu

Moshe Radman, uno dei leader della protesta […] spiega quali siano le richieste: «Siamo qui fino a mercoledì. Prima di tutto, vogliamo le elezioni perché pensiamo che questo governo non rappresenti l’opinione pubblica». Le elezioni anticipate potrebbero svolgersi, secondo i manifestanti, prima del 13-14 maggio, il Giorno dell’indipendenza. Ma « l’urgenza rimane la liberazione degli ostaggi, che secondo la maggior parte degli israeliani, non è tra le priorità del governo di Netanyahu ».

 

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Uno scontro politico che si rivela frontale; il premier israeliano, in una conferenza stampa, prima di sottoporsi a un intervento chirurgico per un’ernia, ha ribadito che Hamas sarebbe la prima a festeggiare le elezioni anticipate. E ha ribadito: « Niente fermerà l’attacco a Rafah ». […]  Il Primo ministro ha escluso la possibilità delle sue dimissioni, in un intervento televisivo: « Le nuove elezioni, ha detto, bloccherebbero il Paese per mesi e questo renderebbe più complicato portare avanti le trattative anche per quanto riguarda gli ostaggi di Hamas ».

 

Uno scontro frontale che potrebbe essere negoziato dai colloqui tra l’Amministrazione Biden e il governo di Tel Aviv, sempre aperti nonostante l’insuccesso delle missioni in Medio Oriente del Segretario di Stato, Anthony Blinken.

 

ISRAELE IN PIAZZA CONTRO NETANYAHU E LUI METTE AL BANDO AL JAZEERA

Estratto dell’articolo di Rossella Tercatin per “la Repubblica”

 

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Lo slogan è uno: «Elezioni, subito». Poco meno di sei mesi dopo il 7 ottobre riemerge potente la contestazione antigovernativa che aveva caratterizzato la prima parte del 2023, con decine di migliaia in piazza per chiedere all’esecutivo di farsi da parte. Una contestazione cui hanno dato appoggio alcune famiglie degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas a Gaza, sempre più convinte che il primo ministro Benjamin Netanyahu rappresenti un ostacolo al ritorno dei loro cari.

 

Mentre altri familiari hanno scelto di non esserci, esprimendo timore per il rischio di politicizzazione della tragedia e preoccupandosi dell’eventualità che un ritorno alle urne possa ritardare la possibilità di un accordo. Così in Israele continua a susseguirsi un intreccio di manifestazioni: quelle organizzate dal Forum delle Famiglie degli ostaggi […], quelle di chi vuole mantenere alta l’attenzione sulla questione ma non vuole alzare i toni, e infine quella […] iniziata davanti alla Knesset domenica sera e che durerà quattro giorni, con le tende piantate fuori dal parlamento per non allentare la pressione sull’esecutivo nemmeno per un secondo.

 

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A scendere in piazza anche alcuni gruppi di ultraortodossi […] per protestare contro la possibilità di perdere l’esenzione dalla leva obbligatoria, che in Israele si applica invece alla maggior parte della popolazione, uomini e donne. […]

 

Parlando alla folla davanti alla Knesset, il leader dell’opposizione Yair Lapid ha puntato il dito contro Netanyahu, accusandolo di lavorare solo per se stesso. «Se un centesimo, un millesimo, una frazione di questa efficienza organizzativa fosse stata dedicata agli ostaggi, o agli sfollati, o alla gestione della guerra, o all’economia, la nostra situazione sarebbe completamente diversa, ma c’è una sola cosa che importa a Netanyahu: restare in carica», ha sottolineato Lapid. […]

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