NOI STATI UNITI, VOI STATE BONI - ‘LA SOLUZIONE A DUE STATI NON È OBBLIGATORIA’: ALLA VIGILIA DELL’INCONTRO CON NETANYAHU, TRUMP MANDA IN SOFFITTA UNO DEI DOGMI NELLA TRATTATIVA TRA ISRAELE E PALESTINA - PROTESTE IMMEDIATE DELL’ANP: ‘UNO SVILUPPO PERICOLOSO, GLI USA RESTINO FEDELI ALLA SOLUZIONE DEI DUE STATI’ - L’UNICO FRENO DI DONALD: ‘ANDATECI PIANO CON GLI INSEDIAMENTI IN CISGIORDANIA’ (VIDEO)

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Da www.ilfattoquotidiano.it

 

Ribadisce il “vincolo inscindibile” con Israele, che va tutelato dalle “ambizioni nucleari dell’Iran“. Respinge “le azioni ingiuste dell’Onu”. Cambia paradigma sulla soluzione della questione israelo-palestinese, aprendo alla possibilità di mandare in soffitta la soluzione dei due Stati. Annuncia di voler “spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme“. Ma consiglia all’alleato di “contenersi un po’ sugli insediamenti”. Donald Trump conferma al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu l’appoggio annunciato in campagna elettorale.

DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU

 

In compagnia della first lady Melania, il presidente degli Stati Uniti ha accolto alla Casa Bianca il primo ministro israeliano con la moglie Sara nel primo incontro tra i due leader dall’insediamento del repubblicano alla presidenza. Una visita cruciale per i rapporti tra i due Paesi, che cade in un momento di particolare confusione per l’amministrazione a stelle e strisce dopo le dimissioni del consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn.

 

“Respingiamo le azioni unilaterali e ingiuste da parte delle Nazioni Unite contro Israele”, ha affermato Trump nella conferenza stampa al termine dell’incontro. Lo Stato di Israele “va trattato giustamente nei consessi internazionali”, ha aggiunto il capo della Casa Bianca, sottolineando “il legame indistruttibile con il caro alleato” Israele, che descrive come “simbolo di resilienza contro l’oppressione e di sopravvivenza di fronte al genocidio“. Israele affronta “enormi problemi di sicurezza”, a partire dalle “ambizioni nucleari dell’Iran”, con il quale si è stretto “uno degli accordi peggiori che io abbia mai visto”, ha detto il presidente degli Stati Uniti in riferimento all’intesa raggiunta il 14 luglio 2015 dal cosiddetto gruppo “5+1” con Teheran e patrocinato da Barack Obama.

 

DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU

Particolarmente significativo il cenno alla soluzione dei due Stati. “Che la soluzione sia a uno o due Stati, quella che loro preferiscono”, l’importante è che sia pace, ha detto Trump sottolineando la necessità che siano direttamente le due parti, israeliani e palestinesi, a trovare una soluzione in negoziati diretti. Un cambio di rotta netto rispetto alla dottrina seguita da Barack Obama: quello dei “due Stati, due popoli” è il principio su cui si sono basate le trattative di pace tra israeliani e palestinesi a partire dall’accordo di Oslo del 1993.

 

OBAMA NETANYAHU OBAMA NETANYAHU

Tramonta il dogma obamiano dei due Stati – Gli Stati Uniti non considerano più quella dei due Stati come l’unica soluzione per la questione israelo-palestinese. Il cambio di rotta rispetto al paradigma che era stato alla base dell’amministrazione Obama in materia era stato chiaro sin dalle ore immediatamente successive all’elezione di Trump, ma oggi trova una prima forma di ufficializzazione. A poche ore dall’incontro tra il presidente degli Stati Uniti e Netanyahu, la Casa Bianca aveva fatto sapere di sostenere l’obiettivo di un accordo di pace tra israeliani e palestinesi, sia che esso “arrivi con la forma della soluzione a due Stati se è ciò che le parti vogliono” sia che esso preveda “qualcos’altro“.

 

Immediata la risposta palestinese. Gli Usa “restino fedeli alla soluzione dei due Stati”, è l’appello del ministero degli Esteri del governo dell’Autorità nazionale palestinese. “Se fossero vere le indiscrezioni della stampa attribuite a una fonte responsabile della Casa Bianca secondo cui l’amministrazione di Trump avrebbe rinunciato alla soluzione dei due stati, si tratterebbe di uno sviluppo pericoloso non solo per l’amministrazione Usa e per la sua visione di come porre fine al conflitto israelo-palestinese, ma anche per le sue ripercussioni sulle posizioni di altri Paesi nel mondo e spianerebbe la strada a ogni sorta di soluzioni per il conflitto”, si legge in una nota del ministero. 

OBAMA NETANYAHU OBAMA NETANYAHU

 

L’alternativa alla Soluzione a due Stati è “l’apartheid“, il commento di Saeb Erekat, segretario del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina. Anche Jibril Rajoub di Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen, replicava che “gli Usa non devono dimenticare che la pace della regione dipende dalla risoluzione della questione israelo-palestinese e che non c’è alternativa alla costituzione di uno stato palestinese”.

 

Anche le Nazioni Unite criticava il possibile cambio di paradigma: “Abbiamo concordato che l’unica soluzione per la situazione fra palestinesi e israeliani è quella dei due Stati”, ha detto il segretario generale Antonio Guterres parlando al Cairo al palazzo presidenziale di Al Itahadiya in conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shukri.

 

obama netanyahu assad isis 1 obama netanyahu assad isis 1

Il premier israeliano – che aveva salutato la vittoria del miliardario newyorkese alle elezioni definendolo “amico sincero di Israele” in contrapposizione a Barack Obama – è oggi Washington per il primo incontro ufficiale con Trump con l’obiettivo di concordare una linea politica riguardo a palestinesi e Iran.

 

Netanyahu, che ha già avuto un facci a faccia il segretario di Stato Rex Tillerson e definito l’incontro “eccellente”, spera di ottenere lo stesso “appoggio incondizionato” che lui ha offerto all’allora candidato repubblicano durante la campagna per le presidenziali e ha anticipato che proporrà di rinnovare le sanzioni a Teheran a seguito dei test con missili balistici compiuti a gennaio. Netanyahu alloggia nella Blair House, di fronte alla Casa Bianca, residenza ufficiale per invitati e presidenti stranieri, e il suo ritorno in Israele è previsto per giovedì.

 

NETANYAHU E ABU MAZEN NETANYAHU E ABU MAZEN

Netanyahu, che quanto meno ufficialmente accetta la soluzione a due Stati, il mese scorso ha dichiarato davanti ai deputati del suo partito, il Likud, che era disposto a concedere ai palestinesi “qualcosa in meno rispetto a uno Stato”, riducendo la sovranità attribuita a questa soluzione. Quanto a Trump, per la prima volta giovedì scorso si è pronunciato su un periodico israeliano, Israel Hayom (cioè Israele oggi), sugli insediamenti ebraici in territorio palestinese e ha detto che le colonie “non aiutano il processo” di pace e che il governo israeliano deve “agire con responsabilità”.

 

“Non sono uno che crede che avanzare con le colonie sia buono per la pace, però stiamo esaminando diverse opzioni”, ha detto il magnate repubblicano. Da quando Trump ha assunto la presidenza degli Stati Uniti lo scorso 20 gennaio, l’esecutivo israeliano ha rilanciato la sua politica di colonizzazione dando il via libera a oltre 6mila case negli insediamenti a Gerusalemme Est e in Cisgiordania e ha dato luce verde a una legge per mettere in regola 4mila case che si trovano in Cisgiordania.

ABU MAZEN ABU MAZEN

 

Altro punto cruciale in agenda sarà il trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, promesso da Trump in campagna elettorale. Ma lo scorso fine settimana il presidente Usa ha detto che “non è una decisione facile”. “Se ne è discusso per molti anni. Nessuno vuole prendere questa decisione e io ci sto pensando seriamente”, ha affermato. Il capo dell’intelligence palestinese, Majed Faraj, in questi giorni ha avuto per la prima volta contatti a Washington con membri del governo statunitense, dai quali secondo la stampa locale è uscito ottimista assicurando che Trump sta riconsiderando questi piani.

 

Intanto alcuni media israeliani riferiscono che il capo della Cia Mike Pompeo ha incontrato Abu Mazen alcuni giorni fa a Ramallah, in Cisgiordania. Al colloquio – il cui contenuto non è trapelato – avrebbe partecipato il capo dei servizi di sicurezza palestinesi Majd Freij.

 

 

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