NON È UNA PRIMARIA, È UN'AMMUCCHIATA! - ANCHE KAMALA HARRIS SI CANDIDA ALLA NOMINATION DEMOCRATICA. AFROAMERICANA E ASIATICA, CALIFORNIANA E ULTRA-LIBERAL, EREDE DI OBAMA E TUTTE LE ALTRE SPILLETTE CHE ECCITANO LA SINISTRA - MA CI SONO GIÀ L'ISPANICO JULIAN CASTRO, L'HAWAIIANA INDÙ TULSI GABBARD, L'INDIANA PER MANCANZA DI DNA ELIZABETH WARREN, L'ASIATICO ANDREW YANG, LA PASIONARIA DEL METOO KRISTEN GILLIBRAND, CHE PERÒ È BIANCA (ESSERE DONNA NON BASTA PIÙ)

-

Condividi questo articolo


 

 

  1. L'ORA DI KAMALA, L'EREDE DI OBAMA IN CAMPO PER IL 2020

Ugo Caltagirone per l'ANSA

 

Donna, metà asiatica e metà afroamericana (la mamma è di etnia Tamil, il papà giamaicano). Nata e cresciuta nella California più liberal e anti-Trump che ci sia, dalla natia Oakland alla sua città d'adozione, San Francisco. La senatrice Kamala Harris, avvocatessa ed ex procuratrice, è quanto di più lontano e agli antipodi ci possa essere dalla figura del tycoon. In tutto e per tutto figlia di un Paese multirazziale e che si fonda sull'immigrazione.

kamala harris kamala harris

 

Esempio vivente di chi crede ancora che non ci debbano essere muri per chi insegue l'American Dream. Ora a 54 anni 'l'Obama donna' - come da tempo è stata ribattezzata - fa sognare milioni di elettori democratici che bramano il riscatto dopo la batosta nelle ultime elezioni presidenziali. Ha infatti sciolto le riserve in un'intervista alla Abc e in un video postato sui social, annunciando la sua candidatura alla Casa Bianca per il 2020 e lanciando un primo chiaro segnale all'attuale presidente: "Guardiamo al momento che stiamo vivendo: la gente merita una persona che davvero combatta per loro e che metta i loro interessi davanti ai propri interessi personali".

 

Trump è avvertito. La senatrice Harris sarà un osso duro. Centrista, ma capace di intercettare molte delle istanze più progressiste, ha con sé non solo tanto talento, quello che lo ha portata a ricoprire la carica di procuratore generale della California dal 2011 al 2017, ma anche la forza di tante suggestioni: quella di poter diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti, ma anche la prima presidente espressione di due delle minoranze più radicate negli Usa, radici che affondano nell'Asia e nell'Africa.

 

 

Quelle radici che nel 2016 ne fecero la prima senatrice con origini indiane e 'black' della storia. Ma Kamala ha un'altra carta che può risultare determinante per primeggiare nel superaffollato parterre che caratterizzerà le primarie democratiche: è considerata uno degli eredi di Barack Obama, che l'ha sempre sostenuta e che non ha mai nascosto un debole per la donna che una volta - creando uno dei rarissimi gossip della sua presidenza - definì "la procuratrice più bella in circolazione".

 

kamala harris kamala harris

Battuta per la quale l'ex presidente dovette addirittura chiedere scusa. Ma ora l'elevatissima popolarità e influenza di cui ancora godono gli Obama può essere un punto di forza indiscutibile. Harris è la quarta donna e scendere in campo per i dem dopo la senatrice progressista Elizabeth Warren, la paladina del #metoo Kristen Gillibrand e la deputata delle Hawaii Tulsi Gabbard.

tulsi gabbard tulsi gabbard

 

E sul fronte maschile, in attesa di sapere chi tra Joe Biden, Bernie Sanders o Beto O'Rourke deciderà di accettare la sfida, si intensificano nelle ultime ore le voci attorno ad altri due nomi anti-Trump: quello dell'ex sindaco di New York Michael Bloomberg, 76 anni, che starebbe facendo le ultime valutazioni e che punta tutto sulla lotta ai cambiamenti climatici e alle armi da fuoco, e quello dell'ex Ceo di Starbucks Howard Schultz, 65 anni, ex sostenitore di Hillary Clinton ma intenzionato a correre come candidato indipendente. Quest'ultimo avrebbe già messo in piedi un suo team per le pubbliche relazioni guidato da Steve Schmidt, l'uomo che gestì la campagna presidenziale del senatore repubblicano John McCain.

 

 

 
  1. TULSI GABBARD E JULIAN CASTRO,LA CARICA DEM AL 2020

 (ANSA del 12 gennaio) - Giovani e soprattutto volti relativamente nuovi fra i democratici. La parlamentare delle Hawaii e prima hindu al Congresso americano Tulsi Gabbard, e l'ex sindaco di San Antonio con origini messicane Julian Castro, escono ufficialmente allo scoperto: sfideranno Donald Trump alle elezioni del 2020. La loro discesa in campo va a rafforzare ulteriormente l'esercito di aspiranti democratici alla Casa Bianca: una vera e propria carica a cui il partito guarda con timore per paura che si traduca in una dispersione di voti, in una spaccatura dell'elettorato e quindi in una nuova sconfitta.

julian castro hillary clinton julian castro hillary clinton

 

Lo schiaffo del 2016 ancora brucia sui democratici, che non sembrano riuscire a voltare pagina né, soprattutto, a trovare un unico candidato su cui puntare. Un fenomeno da attribuirsi in gran parte alla volontà delle nuove leve democratiche di rompere con il passato e scuotere la leadership del partito. Una leadership che nel 2016 ha deciso di puntare tutto su Hillary Clinton a scapito del successo e della popolarità di Bernie Sanders. A Gabbard e Castro ufficialmente candidati si aggiungono quei democratici che - per ora - stanno solo guardando al 2020.

 

julian castro julian castro

Fra questi la senatrice Elizabeth Warren, il vice presidente Joe Biden, l'ex sindaco di New York Michael Bloomberg e la californiana Kamala Harris. Ma anche il senatore del New Jersey Cory Booker, Beto O'Rourke e il senatore Sanders. Proprio di Sanders e della sua agenda progressista, Gabbard è una grande fan. Veterana della guerra in Iraq, Gabbard è stata nel 2015 vice presidente del Democratic National Committee, dal quale si è dimessa in parte in polemica per il trattamento riservato a Sanders nei confronti di Clinton. Da quel momento si è schierata senza se e senza ma con il senatore del Vermont. "Ci sono molti motivi alla base di questa decisione.

 

julian castro julian castro

Gli americani si trovano di fronte a molte difficoltà, che io voglio aiutare a risolvere", spiega Gabbard, sottolineando che nella sua piattaforma elettorale avranno ampio spazio l'accesso alla sanità, il cambiamento climatico e la riforma della giustizia. Castro è invece un uomo di Obama, del quale è stato il segretario per le questioni urbane. L'ex sindaco di San Antonio, in Texas, è uno degli ispanici di più alto profilo a cercare la nomination democratica.

 

"L'America sta tornando indietro, non andando avanti. Diciamo no al muro e sì al lasciare le famiglie di immigrati unite", dice Castro, con a fianco la moglie e i due figli. Al suo pubblico si rivolge in inglese e in spagnolo, racconta la storia della sua famiglia, con la nonna arrivata dal Messico e la mamma divenuta attivista. La prima tappa della sua campagna elettorale sarà Puerto Rico, poi il New Hampshire. Castro potrebbe trovarsi a sfidare un candidato democratico del suo stesso Stato, il Texas. Si tratta di O'Rourke che dopo la sconfitta contro Ted Cruz alle elezioni di metà mandato potrebbe decidere di riprovarci per le Casa Bianca.

 

 

 

  1. È L'ORA DI GILLIBRAND,LA PALADINA #METOO CORRE NEL 2020

Claudio Salvalaggio per l'ANSA del 16 gennaio

 

tulsi gabbard tulsi gabbard

 "Ho intenzione di correre per la Casa Bianca. Come giovane madre combatterò duramente per i figli degli altri come se combattessi per i miei": la senatrice democratica Kirsten Gillibrand ha annunciato così la sua discesa in campo per le presidenziali, usando come palcoscenico il popolare programma tv di Stephen Colbert. E' la seconda donna a farlo nel campo dell'opposizione, dopo la deputata delle Hawaii Tulsi Gabbard, ma le vere rivali sono altre due colleghe che stanno scaldano i motori: Elizabeth Warren e Kamala Harris, probabili protagoniste pure loro di primarie che si annunciano sovraffollate, anche in campo maschile.

kirsten gillibrand kirsten gillibrand

 

Nella sua apparizione televisiva la Gillibrand ha svelato che sta creando un comitato per raccogliere fondi e ha già indicato i suoi temi programmatici: la sanità come diritto e non come privilegio, l'istruzione pubblica, il lavoro, la lotta al "razzismo istituzionalizzato" e alla "corruzione a Washington". E, naturalmente, le donne. Sì, perché la senatrice è diventata la paladina del movimento #Metoo e spera di cavalcare la mobilitazione dell'elettorato femminile che nelle recenti elezioni di Midterm ha portato un numero record di donne a Capitol Hill.

 

kirsten gillibrand kirsten gillibrand

La congresswoman inoltre è una fiera avversaria di Donald Trump, con cui ha già polemizzato in passato, quando gli chiese di dimettersi per le accuse di molestie sessuali. Il tycoon le rinfacciò che lo aveva "pregato" di farle donazioni elettorali e che "avrebbe fatto qualsiasi cosa" per ottenerle, finendo nuovamente nella bufera per dichiarazioni ritenute sessiste. Bionda, 52 anni, carismatica, origini polacche e un passato da avvocato, la Gillibrand è considerata una contendente forte, con in tasca già 10 milioni di dollari avanzati dall'ultima campagna elettorale. In Senato è entrata nel 2009, al posto di Hillary Clinton, che lasciò per diventare segretario di Stato.

 

andrew yang andrew yang

Da allora è riuscita a farsi rieleggere due volte, restando molto popolare a New York, dove vive col marito Jonathan, un finanziere britannico di ricca famiglia, e due figli. Nella sua corsa potrebbe trovare tuttavia qualche ostacolo, anche nel suo partito, dove qualche democratico è rimasto irritato dalla sua rapida richiesta al collega dem Al Franken di dimettersi dopo alcune accuse di molestie. La Gillibrand si è alienata anche l'ex alleata Hillary e i fedelissimi dei Clinton quando ha osservato che Bill avrebbe dovuto dimettersi per lo scandalo Lewinsky.

 

Intanto un'altra donna dem mostra il pugno duro con Trump: la neo speaker della Camera Nancy Pelosi gli ha chiesto di rinviare, per motivi di sicurezza, il discorso sullo stato dell' Unione previsto al Congresso il 29 gennaio: lo shutdown, che il tycoon si ostina a mantenere finché l'opposizione non gli concede i soldi per il muro col Messico, lascia infatti a casa senza stipendio anche il Secret Service, incaricato di garantire la sicurezza delle alte personalità dello Stato.

andrew yang andrew yang

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT – BIDEN HA DATO ORDINE ALL'INTELLIGENCE DELLA CIA CHE LA GUERRA IN UCRAINA DEVE FINIRE ENTRO AGOSTO, DI SICURO PRIMA DEL 5 NOVEMBRE, DATA DEL VOTO PRESIDENZIALE AMERICAN - LO SCENARIO E' QUESTO: L’ARMATA RUSSA AVANZERÀ ULTERIORMENTE IN TERRITORIO UCRAINO, IL CONGRESSO USA APPROVERÀ GLI AIUTI MILITARI A KIEV, QUINDI PUTIN IMPORRÀ DI FARE UN PASSO INDIETRO. APPARECCHIATA LA TREGUA, FUORI ZELENSKY CON NUOVE ELEZIONI (PUTIN NON LO VUOLE AL TAVOLO DELLA PACE), RESTERA' DA SCIOGLIERE IL NODO DELL'UCRAINA NELLA NATO, INACCETTABILE PER MOSCA – NON SOLO 55 MILA MORTI E CRISI ECONOMICA: PUTIN VUOLE CHIUDERE PRESTO IL CONFLITTO, PER NON DIVENTARE UN VASSALLO DI XI JINPING... 

FLASH! - FACILE FARE I PATRIOTI CON LE CHIAPPE ALTRUI – INDOVINATE CHE AUTO GUIDA ADOLFO URSO, IL MINISTRO CHE PER DIFENDERE L'ITALIANITÀ HA “COSTRETTO” ALFA ROMEO A CAMBIARE NOME DA “MILANO” A “JUNIOR”? UN PRODOTTO DELL’INDUSTRIA MADE IN ITALY? MACCHÉ: NELLA SUA DICHIARAZIONE PATRIMONIALE, SPUNTANO UNA VOLKSWAGEN T-CROSS E UNA MENO RECENTE (MA SOSTENIBILE) TOYOTA DI INIZIO MILLENNIO. VEDIAMO IL LATO POSITIVO: ALMENO NON SONO DEL MARCHIO CINESE DONFGENG, A CUI VUOLE SPALANCARE LE PORTE...

DAGOREPORT – ANCHE I DRAGHI, OGNI TANTO, COMMETTONO UN ERRORE. SBAGLIÒ NEL 2022 CON LA CIECA CORSA AL COLLE, E SBAGLIA OGGI A DARE FIN TROPPO ADITO, CON LE USCITE PUBBLICHE, ALLE CONTINUE VOCI CHE LO DANNO IN CORSA PER LA PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE EUROPEA - CHIAMATO DA URSULA PER REALIZZARE UN DOSSIER SULLA COMPETITIVITÀ DELL’UNIONE EUROPEA, IL COMPITO DI ILLUSTRARLO TOCCAVA A LEI. “MARIOPIO” INVECE NON HA RESISTITO ALLE SIRENE DEI MEDIA, CHE TANTO LO INCENSANO, ED È SALITO IN CATTEDRA SQUADERNANDO I DIFETTI DELL’UNIONE E LE NECESSARIE RIFORME, OFFRENDOSI COME L'UOMO SALVA-EUROPA - UN GRAVE ERRORE DI OPPORTUNITÀ POLITICA (LO STESSO MACRON NON L’HA PRESA BENE) - IL DESTINO DI DRAGHI È NELLE MANI DI MACRON, SCHOLZ E TUSK. SE DOPO IL 9 GIUGNO...

DAGOREPORT – BENVENUTI ALLA PROVA DEL “NOVE”! DOPO LA COSTOSA OPERAZIONE SUL ''BRAND AMADEUS'' (UN INVESTIMENTO DI 100 MILIONI DI DOLLARI IN 4 ANNI), A DISCOVERY NON VOGLIONO STRAFARE. E RESTERANNO FERMI, IN ATTESA DI VEDERE COSA SUCCEDERA' NELLA RAI DI ROSSI-MELONI - ''CORE BUSINESS' DEL CANALE NOVE: ASCOLTI E PUBBLICITÀ, QUINDI DENTRO LE SMORFIE E I BACETTI DI BARBARELLA D'URSO E FUORI L’INFORMAZIONE (L’IPOTESI MENTANA NON ESISTE) - LA RESPONSABILE DEI CONTENUTI DI DISCOVERY, LAURA CARAFOLI, PROVO' AD AGGANCIARE FIORELLO GIA' DOPO L'ULTIMO SANREMO, MA L'INCONTRO NON ANDO' A BUON FINE (TROPPE BIZZE DA ARTISTA LUNATICO). ED ALLORA È NATA L’IPOTESI AMADEUS, BRAVO ''ARTIGIANO" DI UNA TV INDUSTRIALE...