I NUOVI SOSPETTI DELL’AVVOCATO EX AMICO DI TONINO: AGOSTO 2008 DI PIETRO A HONG KONG, "NEI LOCALI DELLA SHANGAI BANK, EFFETTUAVA OPERAZIONI DI DEPOSITO" - ROCCO ‘O SPIONE AMERICANO CON UFFICIO IN VIA VENETO: “ALLA CENA DI NATALE CON TONINO E CONTRADA C’ERO ANCHE IO, E’ VERO. GLI HO FATTO UN REGALO DEI SERVIZI USA" - DI PIETRO RIBATTE ALLE ACCUSE: "IERI, SULLA PRIMA DEL CORRIERE DELLA SERA, NON SI POTEVA LEGGERE LA NOTIZIA DI MASSIMO CIANCIMINO, CHE RACCONTA: LA MAFIA INVESTÌ I SUOI SOLDI A MILANO DUE. PERÒ C’ERA UNA MIA FOTO DEL NATALE DEL 1992, ACCOMPAGNATA DA UN PEZZO CHE PROVA AD ACCREDITARE IL TENTATIVO DI DEMOLIZIONE - VORREI TANTO SAPERE CHI E' IL BURATTINAIO CHE MANOVRA DE BORTOLI..." -


1 - INTERVISTA A TONINO: "VORREI SAPERE CHI E' IL BURATTINAIO CHE MANOVRA DE BORTOLI"

Di Pietro e Contrada a cena nel 1992 - Da sinistra, il colonnello dei carabinieri Gargiulo, Bruno Contrada, Antonio Di Pietro, il generale Tommaso Vitagliano, il colonnello Conforti e il colonnello Fa

Luca Telese per "Il Fatto Quotidiano"

Senta, ma allora lo scriva... Se tutto questo è vero, se sono questo formidabile spione, vissuto in incognito per trent'anni, ma allora io sono il più grande agente segreto del ventesimo secolo. Io non sono Mata Hari, sono Bond, James Tonino Bond!". Ironico, sarcastico, ma anche terribilmente incazzato. Letteralmente, incazzato. Antonio Di Pietro ieri, era un fiume in piena.

bruno contrada carcere ph dummy

Il Corriere della sera pubblica in prima pagina la foto del 1992 in cui lui compare - in un pranzo, in un tavola di sei persone, al fianco di Bruno Contrada, uno dei più famosi 007 italiani? Di un ufficiale - all'epoca numero tre del Sisde - che sarà arrestato solo nove giorni? La notizia diventa deflagrante perché si lega alle voci che circolano da anni, quella secondo cui l'ex Pm avrebbe una seconda vita. Agente segreto, secondo qualcuno, addirittura uno degli uomini della Cia in Italia secondo una (auto)denuncia fatta dallo stesso Di Pietro: "Vogliono incastrarmi".

Bruno Contrada

Insomma, in questo clima, e nell'umore in cui si trova, Di Pietro accetta di spiegare la sua verità e di ribattere, uno per uno, a tutti gli addebiti che gli fa uno dei suoi principali biografi (e critici) il giornalista Filippo Facci.

Onorevole Di Pietro, quando lei ha visto il Corriere, questa mattina....

"Sono fuori dalla grazia di Dio".

Vorrei farle un piccolo interrogatorio...

"Allora, se permette, le do qualche consiglio".

Vorrei chiederle...

FILIPPO FACCI

"Alt! Se è un interrogatorio, prima di iniziare mettiamo a verbale".

Che cosa? Non le ho ancora chiesto nulla

"Questo Di Domenico, ovvero l'uomo che Il Corriere considera attendibile sostegno delle tesi fantastiche secondo cui io sarei un agente segreto, è un uomo che ha ricevuto ben 18 provvedimenti di diffida da parte dell'autorità giudiziaria! Diciotto, ha capito?".

E cosa dicono questi provvedimenti?

FILIPPO FACCI - copyright Pizzi

"Che si tratta, cito testualmente, e le mando pure il fax, di un grafomane di pro-fes-sio-ne!".

Lei lo ha denunciato?

"Denunciato? Sa che gli hanno persino venduto all'asta la casa per pagare le spese processuali? Io le chiedo perché secondo lei il Corriere abbia fatto ricorso a una fonte così screditata".

Lei stesso, però, ha preannunciato l'arrivo di queste accuse. Perché?

"Sì, perché sapevo che stava arrivando della spazzatura. Se dico che stanno arrivando dei veleni, mica questo significa che ci sia un qualche fondamento".

I giornali pubblicano le notizie quando le valutano come tali.

antonio di pietro idv

"E allora io domando, pubblicamente. Quali sono le ragioni che spingono, ora, il Corriere della sera, ad attingere a leggende metropolitane e testimonianze di gente screditata?".

Cosa vuol dire?

"Che mi colpiscono a freddo. E che c'è un burattinaio che cura questa regìa".

Non vorrà dire che De Bortoli è un burattinaio, non ci crede nemmeno lei.

di pietro

"Allora c'è qualcuno che strumentalizza De Bortoli e Il Corriere contro di me, chiaro? Non è che sono obbligati a mettere in pagina tutto quello che passa".

Quale sarebbe il movente?

"Si cerca di demolire politicamente e pubblicamente un soggetto non conforme ai poteri dominanti".

Cioè lei.

"Mi scusi. Io giudico quello che leggo. E anche quello che non leggo".

Cosa intende dire?

"Ieri, sulla prima del Corriere della sera, non si poteva leggere la notizia di Massimo Ciancimino, che racconta: La mafia investì i suoi soldi a Milano due. Però c'era una mia foto del Natale del 1992, accompagnata da un pezzo che prova ad accreditare il tentativo di demolizione. Non c'era notizia, ha capito! Solo allusioni".

de bortoli

Parliamo di questa benedetta foto, allora.

"Certo, non ho nulla da nascondere. Non ero mica in un bordello, circondato da veline".

E dove si trovava, se lo ricorda?

"Ohhhh.... In una caserma dei carabinieri! Ha capito? In una caserma...".

Ricorda i dettagli di quel giorno?

"Certo. Mi invitò il colonnello Tommaso Vitaliano, che oggi è uno stimato generale, non un latitante".

E l'occasione quale era?

angi42 ferruccio de bortoli alf dellerario

"Un evento tipico dell'attività della Spectre.... La cena degli auguri di Natale, del colonnello con i suoi ufficiali".

Nove giorni prima dell'arresto di Contrada.

"Esatto. Certo. Il problema, semmai, sarebbe se fosse stato nove giorni dopo. non trova?".

A quel tavolo è stato riconosciuto e identificato anche un agente della Kroll, agenzia legata ai servizi americani.

"Ho letto. Embè?".

Massimo Ciancimino

Le risulta?

"Senta, se le vedesse tutti gli altri scatti, scoprirebbe che eravamo quasi cento, forse ottanta. Se le dico che con questo signore non credo di aver scambiato una parola mi crede?".

Eravate il tavolo d'onore.

"Sì, ero al tavolo con quello che per me, e per tutti, era il Questore Contrada. Ma se anche avessi parlato con il signore della Kroll, non ci sarebbe niente da dirmi: non avevamo fatto nulla di male, né io né lui. Sarebbe un problema se fossi stato a una tavolata con Riina! Ma che paese è diventato, l'Italia".

Senta, Di Pietro, tutto questo diventa singolare perché lei stesso denuncia il tentativo di darle della spia.

massimo ciancimino

"C'era anche il colonnello Del Vecchio... c'erano ufficiali, sottufficiali, non era mica la mensa del Kgb. E nemmeno eravamo in un gradevole incontro di escort".

Dicono che ci sono altre foto.

"Bene. Se me ne danno copia, le metto tutte sul sito e le commento una ad una".

Tutto inizia dal fatto che lei si laurea bruciando le tappe...

"Lo conosco il teorema. Dicono: Di Pietro è stato aiutato, infiltrato, favorito per oscuri disegni. Mavvia!".

Rita dalla chiesa

Facci scrive: lavorava, amministrava i condomini, e poi riesce a dare 32 esami in 21 mesi.

"Embè? Ma lo sanno come funziona l'università? Io ho seguito il piano di studi del corso di laurea, punto. Ci ho messo quattro anni esatti".

I conti non tornano. O sbaglia lui, o sbaglia lei.

"Tornano, tornano.... Non è che uno da gli esami il primo giorno. La sessione dura sei mesi, a volte un anno... Mi sono fato un mazzo così. Altro che titolo regalato!".

Solo un anno prima era in Germania, a "Lucidare mestoli", come scrive Facci. Poi torna in Italiane trova posto in una ditta legata al ministero della Difesa...

"Questa la devo raccontare. Ero uscito da scuola perito elettronico, specialista in comunicazioni..."

Codici segreti?

CIA

"Mavaàà... Ha presente la famosa scuola radiolettra? L'unico codice con cui avevo dimestichezza era il molisano di Montenero di Bisaccia".

Insomma, lei fa un concorso.

" E mentre ero lì in Germania, a faticare, mi arriva una lettera di mia madre. Ci sono 2000 concorrenti, 36 posti..."

Ma ricorda tutto così bene?

"Mi sono andato a rivedere le carte. Insomma, io come arrivo? Ultimo! E quindi non scelgo la sede. Niente Roma, mi mandano a Milano, prima legione aerea".

A contatto con il servizio segreto dell'esercito in un sito militare, dicono...

"Ah, ah, ah... Lo sa cosa facevo? Il magazziniere. E poi l'ispettore".

irl38 massimo dalema

Ah, attività inquirente.

"Sì, certo. Il mio lavoro era verificare come e se, erano stati montati i pezzi che venivano caricati sulle bolle".

Altra leggenda metropolitana che lei non ha mai smentito: Di Pietro era nella scorta di Dalla Chiesa.

"Ma per l'amor Diddio! Ma quando, nel 1972? Nel 1973? Appena uscito da scuola? Magari".

Quindi non è vero?

1995 walter veltroni massimo dalema

"Ma scusi, io mi metterei una medaglia al petto di essere stato al fianco, o di aver servito un uomo come Dalla Chiesa. Purtroppo non è vero, perché allora mi prenderei volentieri anche l'accusa di essere spione".

Insomma: laurea normale. Facci ha trovato una testimone secondo cui lei vendeva anche gli appunti.

"Questa è una grande cazzata".

Bettino Craxi e Edoardo Cicconi

Lo faceva anche Berlusconi.

"Guardi, se qualcuno capiva la mia grafia e il mio metodo glieli davo pure gratis. Ma questo cosa dimostrerebbe? Che facevo gli appunti per darmi una copertura? Ah, ah, ah... "

Quindi nessun aiuto o aiutino.

"Ho fatto un sacco di cose di cui vado orgoglioso, mica solo quelle! Ho studiato di giorno e di notte, ho lavorato, ho vinto un concorso da segretario comunale prima, da magistrato poi. Altro che Cia, altro che Kgb. Un bel percorso per un contadinotto che già allora bisticciava con l'Italiano".

Bettino Craxi

E poi c'è la famosa spedizione alle Seichelles, in cui lei da magistrato, va a caccia di latitanti...

"Quella è la ciliegina sulla torta. Siccome al film mancava Ursula Andress... ecco che vado a fare le operazioni sullo scenario di mare, con Usula Andress al seguito. Ma questo, se non fosse tragico sarebbe uno scherzo".

Quindi?

"Sa che le dico? Prima querelo tutti. Poi, prendo le carte processuali e ci faccio altri soldi".

Come?

Bettino Craxi

"Beh, appena leggono questo popò di romanzo, quelli ci fanno sopra un film. Gliel'ho detto, don Tonino Bond. Nel mio ruolo ci voglio Scamarcio".

2 - DALL'AMERICA A HONG KONG IN DUE LETTERE I NUOVI SOSPETTI DELL'AVVOCATO EX AMICO...

Felice Cavallaro per "il Corriere Della Sera"

Diventa una delle prime storie bollenti nelle mani di Massimo D'Alema la cena con Tonino Di Pietro e Bruno Contrada seduti accanto, fotografati il 15 dicembre del 1992 nella caserma dei carabinieri di via in Selci a Roma. Perché non si ferma l'ex amico dello stesso Di Pietro, l'avvocato Mario di Domenico che ha rilanciato ieri i suoi sospetti inviando un dossier al nuovo capo del Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui Servizi presieduto, appunto, da D'Alema e una lettera personale al leader di Italia dei Valori.

OSCAR GIANNINO EDWARD LUTTWAK - copyright Pizzi

Documentazione alla quale Di Pietro ha risposto con una diffida a pubblicare il libro già ultimato da Di Domenico per le edizioni Koinè, pronto a stampare anche gli scatti che ritraggono Di Pietro e Contrada con ufficiali dei carabinieri, altri 007 dei Servizi italiani e un agente «americano» dell'agenzia Kroll Secret Service.

Il tutto a 24 ore dall'avviso di garanzia del pool Mani pulite a Bettino Craxi. Scatti che alcuni dei presenti avrebbero cercato di fare sparire, dopo l'arresto di Contrada, appena nove giorni dopo. Scatti in parte salvati, ma riapparsi dopo diciassette anni, pubblicati dal Corriere della Sera e ieri inseriti nel dossier di Di Domenico.

Edward Luttwak

A D'Alema e al suo vice Giuseppe Esposito è diretto un robusto plico recapitato non solo a Palazzo San Macuto, ma in copia anche alle Procure di Palermo e Brescia dall'avvocato quarantenne protagonista di un duro scontro tutto interno allo storico zoccolo di Italia dei Valori, visto che con Di Pietro fondò il partito e ne scrisse lo Statuto.

Fra le accuse cita perfino un assegno da cinquantamila dollari rilasciato da un «mister X» americano e mai incassato dallo stesso Di Domenico che lo tira fuori adesso insinuando nuovi sospetti. Pronto «a depositare copia della foto in cui l'agente Rocco Mario Mediati consegna la targa su fondo oro, con stemma a cinque punte del Secret Service U.S.A. al dottor Di Pietro». Certo di aver scoperto «la smaniosa necessità di fare sparire, alla chetichella, tutte le foto che qui, invece, doverosamente si allegano».

EDWARD LUTTWAK E SIGNORA - copyright Pizzi

Siamo allo scambio di documenti, lettere e diffide su carta bollata. La prosa di Di Domenico è dura, accorata quando si rivolge a D'Alema. E forse anche un po' rancorosa quando scrive direttamente a Di Pietro. Una lettera personale inviata proprio ieri, dopo le repliche dell'ex magistrato contro le «menti malate» che fanno girare quelle foto. Un giudizio pesante quello di Di Pietro sull'avvocato liquidato come un «fumoso e pretestuoso grafologo».

E lo dice, assicura, ripetendo la qualifica attribuita da alcuni dei magistrati che si sono occupati di diciannove cause, «tutte perse da Di Domenico». E delega l'avvocato Sergio Scicchitano a presentare la diffida alla Koinè per il libro-denuncia «Il "colpo" allo Stato».

FRANCESCO PAZIENZA

Ed è scattato il pesante incipit della lettera «personale» scritta a Di Pietro: «Chi le scrive non ha bisogno di presentazioni. Ci conosciamo bene: siamo nati lo stesso giorno, dinanzi lo stesso notaio, abbiamo adottato lo stesso statuto e fatto tante altre cose tutte sub iudice...». Poi un riferimento a un avvocato che avrebbe informato Di Domenico di avere casualmente incontrato nell'agosto 2008 Di Pietro a Hong Kong, «nei locali della Shangai Bank, mentre effettuava operazioni di deposito». Materia per la causa numero 20?

3 - PARLA ROCCO ‘O SPIONE AMERICANO CON L'UFFICIO IN VIA VENETO: "ALLA CENA DI NATALE CON TONINO E CONTRADA C'ERO ANCHE IO, E' VERO. GLI HO FATTO UN REGALO DEI SERVIZI USA. SE VENIVA IN AMBASCIATA? IO NON L'HO VISTO, IO..."
Gian Marco Chiocci per il Giornale

Francesco Pazienza

 Alla cena di Natale nella caserma dei carabinieri di Roma, quella con Antonio Di Pietro seduto accanto al numero tre del Sisde indagato per mafia Bruno Contrada (che di lì a poco verrà arrestato dalla procura di Palermo con accuse infamanti) quel 15 dicembre del 1992 c'era anche l'«americano». Anche se in foto non compare, effettivamente presenziava pure Rocco Mario Mediati, personaggio conosciuto nel mondo dell'intelligence e della sicurezza internazionale.

Questo signore è noto come «secret service», specializzato nelle scorte e nelle «bonifiche» in occasione delle visite delle delegazioni statunitensi. Esperto anche di frodi informatiche, specialista in contraffazioni di dollari e carte di credito, un uomo tuttofare che col tempo ha fatto una carriera folgorante. Se lo si cerca attraverso il centralino dell'ambasciata Usa in via Veneto a Roma te lo rintracciano con una discreta celerità. In serata il Giornale riesce a contattarlo. Ecco il botta e risposta con l'«americano».

francesco Pazienza Disubbidiente

Allora, signor Mediati, è sorpreso?
«Sorpreso è dire poco. Casco dalle nuvole».

In che senso?
«Non me l'aspettavo dopo tanto tempo».

Cos'ha da dire di quel pranzo con Di Pietro?
«Intanto non era un pranzo ma una cena. Era per le feste di Natale. Sono state scritte un sacco di cose poco corrette, alcune proprio sbagliate».

Precisiamole.
«Non mi interessa. Non ne ho voglia».

Faccia uno sforzo, è importante.
«Non so e comunque...».

Dica.
«Guardi sono tantissimi anni che faccio questo lavoro, conosco tanta di quella gente e non c'è niente...».

Di Pietro

Provi a ricordare.
«Per quello che ricordo io... Semplicemente una cena per le feste. Sono stato chiamato, ero a casa...».

Consegnò lei la targa-premio o targa-ricordo a Di Pietro?
«Sì, cioè, mi spiego. Non si trattò di una vera e propria targa bensì di una specie di fermacarte con lo stemma del Servizio sopra. Per quanto ricordi non fu messa alcuna dedica. Ricordo che venni chiamato, ero a casa, fu una serata piacevole. Si parlò di tutto e di niente. Questo è quello che le posso dire».

Lei non lo ha più visto Di Pietro?
«Io? No, non l'ho più visto».

Antonio Di Pietro

E in ambasciata l'ha mai visto Di Pietro? Un senatore della Repubblica, De Gregorio, citando alcune sue fonti sostiene che Di Pietro fosse andato più volte all'ambasciata dove lei presta servizio.
«Allora se chiede a me, le dico che io personalmente non l'ho visto, io».

Scusi l'insistenza, ma chi la chiamò per la cena con Di Pietro e Contrada?
«Adesso non ricordo. Conoscevo bene, sin da quando era capitano, l'allora colonnello Vitaliano che prestava servizio al reparto operativo di Roma».

Scusi Mediati, ma lei ufficialmente che lavoro svolge? Che incarico ha in ambasciata?
«Sempre quello che era all'epoca. Il Servizio per cui lavoro riguarda la polizia federale. Sono un impiegato italiano che lavora per un corpo americano».

Non è un agente...
«Qui non c'è nessuna spy story, c'è solo una cena con dei carabinieri, un funzionario dei servizi segreti italiani, il pm Di Pietro e il sottoscritto. E anche se il mio servizio di appartenenza si chiama servizio segreto, in realtà non è un servizio segreto vero e proprio».

Antonio Di Pietro

Prego?
«È così».

È mai stato coinvolto in qualche inchiesta in Italia o in America?
«Mai. E poi io sono cittadino italiano, non americano».

Anche se la chiamano l'«americano».
«Appunto».

Ma lei ha lavorato o no per l'agenzia di investigazioni Kroll?
«Mai».

Sicuro?
«Sicurissimo».

Antonio Di Pietro

E allora com'è uscita questa cosa della Kroll?
«E lo chiede a me? Grazie, adesso ho una riunione. Arrivederci».

Dei rapporti di Tonino con gli americani (in senso lato) si è detto e scritto molto, specie dopo l'uscita dell'ex pm che preannunciava l'imminente pubblicazione di un dossier sul suo conto. A proposito dei viaggi-conferenze organizzati negli Usa per Di Pietro da parte di due nemici giurati del popolo dipietresco come Michael Leeden (preso di mira da Repubblica nella campagna stampa sul governo italiano che tentò di rovesciare il regime di Teheran) e come Edward Luttwak (crocifisso sempre da Repubblica perché dall'inchiesta sul sequestro Abu Omar venne fuori che parlava con Pio Pompa, il funzionario Sismi dell'archivio in via Nazionale a Roma).

Di Pietro con la moglie

I due politologi hanno confermato il contatto: Leeden ha ricordato che portò in giro Tonino e che poi cenarono addirittura a casa, Luttwak che gli organizzò una importante conferenza. Per non dire dei sospetti d'intelligence avanzati dal faccendiere Francesco Pazienza in un suo libro mai querelato, a proposito delle indagini segrete di Tonino alle Seychelles (all'epoca pm a Bergamo) per catturare il latitante dell'Ambrosiano. Oppure dell'architetto Bruno De Mico, che collaborò a Mani Pulite, e che parlò di strani «ambienti americani» interessati alle inchieste del pool.