OBAMA DIMENTICA CHE IL PADRONE DEL DEBITO USA è PECHINO E SPARA UN'ALTRA CAZZATA VERSIONE WALTERLOO: L'INUTILE INCONTRO CON IL DALAI LAMA – PER FAR INCAZZARE NON BASTAVANO LA VENDITA DI ARMI AMERICANE A TAIWAN, IL VERTICE SULL’AMBIENTE E LO SCONTRO CON GOOGLE - IL RICATTO ECONOMICO DI PECHINO…

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1- OBAMA: INCONTRERÒ IL DALAI LAMA...
Maurizio Molinari per "la Stampa"

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Barack Obama conferma l'intenzione di incontrare il Dalai Lama e sottolinea l'interesse a tutelare la cultura dei tibetani in Cina stanziando 7,4 milioni di dollari. La risposta della Casa Bianca alle pressioni di Pechino contro l'incontro con il Dalai Lama - un rappresentante del governo cinese aveva paventato il rischio di «minare seriamente le fondamenta delle relazioni bilaterali» - è arrivata da bordo dell'Air Force One in viaggio verso il New Hampshire, quando il portavoce Bill Burton ha affermato: «Il presidente ha detto ai leader della Cina durante il viaggio dello scorso anno che avrebbe incontrato il Dalai Lama, e intende farlo».

Dalai Lama - Durante la sua visita a Washington nel 2007Dalai Lama - Durante la sua visita a Washington nel 2007

Come dire, niente è mutato. Se nel 2009 Obama accettò di non vederlo a Washington rimandando il colloquio a dopo la visita a Pechino, adesso non è disposto ad annullare il vertice con «un leader culturale e religioso rispettato nel mondo».

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La Casa Bianca tiene comunque a sottolineare che non si tratta di una sfida alla sovranità cinese: «Consideriamo il Tibet parte della Cina, abbiamo però delle preoccupazioni sul rispetto dei diritti umani». Da qui la richiesta che Pechino «protegga l'unicità culturale e religiosa del Tibet». E' il motivo che ha spinto l'amministrazione ad inserire nel bilancio 7,4 milioni di dollari per la «conservazione delle tradizioni e della cultura tibetana nella Regione autonoma tibetana e in altre parti della Cina».

Sebbene sia una cifra ridotta, il segnale è nella volontà di «promuovere lo sviluppo sostenibile e la conservazione delle comunità tibetane» lasciando intendere che Washington vuole farsene garante. Anche per questo Obama ha invitato il ministro del Tesoro Tim Geithner di «attivarsi presso le istituzioni finanziarie internazionali» per progetti «pro-Tibet».

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E' una direzione di marcia con la quale Obama fa proprie le «posizioni dei democratici a favore dei diritti umani», osserva Elizabeth Economy titolare degli studi sull'Asia al Council on Foreign Relations, anche se il tutto viene vestito da un linguaggio di realpolitik da Guerra Fredda.

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A fotografare tale approccio è l'ultima parte della dichiarazione della Casa Bianca: «Ci aspettiamo che i rapporti con la Cina siano abbastanza maturi da consentirci di lavorare sulle questioni di comune preoccupazione come clima, economia globale e non proliferazione come anche di discutere con franchezza quando siamo in disaccordo». «Il Presidente è impegnato a costruire un positivo, comprensivo e cooperativo rapporto con la Cina», termina Burton, senza confermare né smentire le voci secondo cui Obama e il Dalai Lama si vedranno questo mese.

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Resta da vedere quali saranno le contromosse di Pechino, già irritata per la disputa con Google sugli hackers, per il discorso del Segretario di Stato Clinton sulla libertà online e per la decisione di dare nuove armi a Taiwan. Senza contare che si avvicina all'Onu il voto sulle nuove sanzioni all'Iran, che Washington propone e Pechino no. Il duello fra i giganti del Pacifico è solo all'inizio.

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2- IL RICATTO ECONOMICO DI PECHINO...
Francesco Sisci per "la Stampa"

Dopo l'ira cinese per la vendita di armi americane a Taiwan, soltanto pochi giorni fa, il governo di Pechino è ritornato di nuovo all'offensiva contro gli Stati Uniti. Stavolta il governo di Hu Jintao ha intimato al presidente statunitense Barack Obama di non incontrare il Dalai Lama, leader del Tibet, perché questo gesto metterebbe a repentaglio i rapporti bilaterali. Una contesa politica che ha un risvolto economico: nel fare pressioni su Washington i cinesi ricordano, senza troppi giri di parole, che gli Usa hanno bisogno che la Cina continui ad acquistare il debito americano.

Timothy GeithnerTimothy Geithner

Il tono usato dal governo cinese ieri verso gli Usa è apparentemente quasi di preghiera: «I leader americani ovviamente riconoscono la Repubblica popolare cinese come unico legittimo governo di tutto il Paese e ovviamente riconoscono che il Tibet è parte della Cina. E allora perché tengono questi rapporti con il Dalai Lama, capo di questo falso governo», si è chiesto ieri durante una conferenza stampa a Pechino Zhu Weiqun, vice ministro del Fronte Unito, alludendo all'esecutivo tibetano in esilio a Dharmsala, un'entità «da sciogliere» in quanto sarà sempre «in contrasto» con le autorità cinesi.

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«Questo è assolutamente contrario alle regole internazionali, arreca un grave danno alla base delle relazioni politiche sino-americane, ed è irragionevole», ha proseguito il responsabile cinese. Secondo Zhu, il sostegno al leader religioso tibetano è anche «contrario agli interessi degli stessi americani» che oggi piuttosto dovrebbero rafforzare i rapporti bilaterali con Pechino in un'alleanza contro la grave crisi economica in corso. «Se i leader americani scelgono di incontrare in queste circostanze il Dalai Lama rovinano la collaborazione e la fiducia tra i nostri due Paesi», ha proseguito con le allusioni Zhu: «Che benefici porta ciò all'America, che oggi affronta una crisi economica di tale portata?».

Barack Obama cammina sulla grande muraglia cineseBarack Obama cammina sulla grande muraglia cinese

Minacce a cui Obama ha risposto qualche ora più tardi riaffermando la sua intenzione di incontrare il Nobel per la pace. Aveva già evitato di riceverlo a ottobre, alla vigilia del suo viaggio in Cina, per non creare tensioni nelle relazioni bilaterali. Che in effetti sembravano vivere una luna di miele dopo la passeggiata di Obama sulla Grande Muraglia. Ma è durata poco, fino al fallimento del vertice sull'ambiente di Copenhagen a dicembre.

Nei giorni scorsi poi le relazioni sono diventate tesissime, prima con le critiche di Washington alla mancanza di libertà in Cina e i sospetti sui cyber-attacchi cinesi a Google, e poi con l'annuncio che gli Usa stavano per vendere una partita di armi a Taiwan. Pechino ha reagito rabbiosamente, minacciando anche sanzioni contro le aziende americane.

Hu JintaoHu Jintao

In realtà sia la vendita di armi che l'incontro con il leader tibetano erano in agenda da tempo, e Pechino non ignorava certo queste scadenze. Il furore sembra piuttosto una reazione alle critiche del segretario di Stato americano Hillary Clinton alla censura su Internet e al richiamo a sostenere le sanzioni contro l'Iran. Pechino si è sentita sottoposta a una campagna di attacchi americani e reagisce. L'obiettivo cinese oggi non è ancora uno scontro frontale con gli Usa, ma un riequilibrio dei rapporti bilaterali.

Hu JintaoHu Jintao

Ricordando anche che la Cina ha le maggiori riserve del mondo, 2,4 trilioni di dollari, ed è il titolare della più larga fetta di debito americano. Si pensa che circa il 70% delle riserve cinesi siano in dollari. Pechino ha un grande potere di leva su Washington, anche se, visto lo strettissimo legame tra le due economie, un danno alla finanza americana si ripercuoterebbe su quella cinese. Ma nelle priorità politiche cinesi, questioni nazionali come il Tibet o Taiwan vengono prima di quelle economiche.

D'altro canto la partita di Pechino è articolata. Sempre ieri il governo ha annunciato progressi nel dialogo con gli emissari del Dalai Lama pur chiudendo ogni porta all'idea di un «grande Tibet» e a una larga autonomia per la regione. E gli emissari tibetani non hanno escluso un'intesa, ponendo come una delle condizioni che Pechino smetta di accusare il loro leader religioso di «separatismo».

 

 

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