ORA CI TOCCA LA “TASSA RENZI” - BELPIETRO: “PUR DI CONQUISTARE IL CONSENSO DEGLI ITALIANI, RENZI HA SPESO MOLTI SOLDI. DENARO CHE L’ITALIA NON AVEVA E CHE È STATO TROVATO PRODUCENDO ALTRO DEBITO. ORA LA TAGLIOLA DELLE CLAUSOLE SI PREPARA A SCATTARE: 15 MILIARDI CHE NEL 2018 BISOGNERÀ REPERIRE, DIVERSAMENTE L’ITALIA SUBIRÀ PESANTI SANZIONI”


Maurizio Belpietro per “la Verità”

 

LA VERITA BELPIETRO

Povero Matteo Renzi, ormai fa quasi pena. Dopo aver avuto per anni una fortuna sfacciata, tanto da essere riuscito senza colpo ferire a scalare tutti i gradini del potere, fino ad arrivare a Palazzo Chigi e a sedersi a fianco dei potenti della Terra, ora sembra non azzeccarne più una. Dopo un mese di silenzio, è bastato per esempio che mettesse fuori il capo con un’intervista all’ex direttore di Repubblica , Ezio Mauro, che zac, è arrivata la staffilata che lo ha rimesso a posto.

 

Nel colloquio con il collega del quotidiano debenedettiano, l’ex presidente del Consiglio, parlando dei suoi 1.000 giorni di governo, si era lasciato scappare un giudizio positivo, raccontando che ora «l’Italia ha qualche tassa in meno». Detto fatto, ci ha pensato l’Europa a farlo tornare alla realtà. Ieri, infatti, lo stesso giornale che domenica aveva pubblicato la chiacchierata con il fu premier dava notizia di una letterina con cui la Ue chiede al nostro Paese di correggere i conti.

RENZI PADOAN ORECCHIE

 

Secondo Repubblica , Bruxelles vuole che l’Italia trovi 3,4 miliardi di euro entro il primo febbraio, pena l’apertura di una procedura d’infrazione. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sarebbe già al lavoro per accontentare gli euroburocrati, evitando la stangata, che per il nostro Paese significherebbe non solo multe, ma anche controlli e maggior dipendenza dalla Ue.

 

Per sfangarla, però, l’ex direttore dell’Ocse dovrà mettere sul tavolo qualche cosa di più convincente delle chiacchiere usate finora. All’Europa non bastano più le parole, ora pretende i fatti. Del resto c’era da immaginarlo. Gli occhiuti funzionari che fanno rispettare i parametri imposti dalla Germania ci avevano dato tempo fino al 31 dicembre, cioè fino al dopo referendum, evitando così di interferire nel voto sulla riforma costituzionale.

 

RENZI PADOAN

Tuttavia era evidente che la manovra di bilancio non fosse gradita alla Ue la quale, onde non disturbare Matteuccio nostro, aveva fatto finta di credere che i conti tornassero. Passato il 4 dicembre e consentito l’insediamento del nuovo governo, ma soprattutto smaltita la sbornia dei festeggiamenti di fine anno, ecco che gli euroburocrati sono tornati all’assalto, presentando il conto.

 

Tre miliardi e mezzo sono tanti, ma se si rinunciasse a cercare di usare le disponibilità finanziarie per comprare il consenso come fino a ieri ha fatto l’ex premier, diciamo che non sarebbero una cifra così difficile da reperire. Paolo Gentiloni, dunque, stringendo i denti, ma soprattutto facendoli stringere agli italiani, potrebbe anche farcela. Il problema è che la «tassa Renzi» (così è giusto chiamarla, visto che si deve a lui se siamo chiamati a pagare 3,5 miliardi entro il primo febbraio) non sarà la sola ad essere richiesta nel prossimo futuro ai contribuenti italiani.

paolo gentiloni

 

Infatti, mentre l’ex presidente del Consiglio sogna un ritorno in grande stile a Palazzo Chigi, pronto a fare carte false pur di riprendersi la poltrona di capo del governo, c’è chi passa in rassegna i nostri conti, controllando la tenuta del bilancio pubblico. Il risultato, come abbiamo sempre temuto, non è dei più tranquillizzanti.

 

Pur di conquistare il consenso degli italiani, nei tre anni trascorsi alla guida del Paese, Renzi ha speso molti soldi. Denaro che l’Italia non aveva e che dunque è stato trovato producendo altro debito oltre a quello già accumulato nel passato. Non solo: evitando di correggere i conti dello Stato, l’ex presidente del Consiglio ha anche rinviato al prossimo futuro le cosiddette clausole di salvaguardia, ovvero gli aumenti dell’Iva posti a garanzia del rispetto dei parametri concordati con Bruxelles.

 

christine lagarde

E ora la tagliola delle clausole si prepara a scattare: 15 miliardi che nel 2018 bisognerà reperire, diversamente l’Italia subirà pesanti sanzioni. Insomma, non soltanto ci tocca la tassa Renzi, ma prossimamente dovremo fare i conti con l’eredità che l’ex premier ci ha lasciato in dono. Si capisce quindi perché il fu capo di governo scalpita per tornare e soprattutto per andare a votare. Renzi sa bene che nel 2018 l’Eu ropa passerà all’incasso dei debiti da lui contratti e vuole evitare di presentarsi all’appuntamento elettorale con la mannaia della procedura d’infrazione, giocando d’anticipo.

 

La sua è una corsa contro il tempo. Tuttavia, ogni giorno che passa, appare sempre di più una corsa disperata. Da uomo solo al comando a uomo solo allo sbando. Una prova? Le previsioni del Fondo monetario. Quest’anno cresceremo dello 0,7 per cento, l’anno prossimo dello 0,8, ultimi in classifica nel vecchio continente.

 

mps titoli di stato 2

Secondo Renzi eravamo nel gruppo di testa della Ue. Ora si scopre che siamo il fanalino di coda. Anzi: per lui siamo già ai titoli di coda. Ps. Nell’intervista a Repubblica il segretario del Pd ha provato a negare le responsabilità nella cacciata dell’amministratore delegato di Mps e nel fallito aumento di capitale del Monte. Ma le impronte digitali lasciate attorno alla banca senese testimoniano la facilità con cui l’ex premier nega l’evidenza.