ORA E SEMPRE VITALIZIO – L’EX MINISTRO GALAN, REGOLARMENTE STIPENDIATO DALLA CAMERA, SALVA ANCHE IL VITALIZIO DELLA REGIONE VENETO – TUTTO MERITO DI UN PROVVIDENZIALE CODICILLO (E DI OTTIMI AVVOCATI)

Per l’inchiesta sul Mose, Galan ha patteggiato una condanna di due anni, 10 mesi e 2,6 milioni di euro da restituire. La legge regionale veneta lega la perdita del vitalizio all’interdizione, che scatta con una pena di almeno tre anni. Se non restituisce i soldi, però, l’ex presidente veneto rischia la confisca della villa dove vive… -

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GIANCARLO GALAN GIANCARLO GALAN

Fabio Tonacci per “la Repubblica

 

Un anno fa lo Stato li ha fatti arrestare perché corrotti. Ora lo stesso Stato è costretto a pagargli il vitalizio e pure il Tfr. Non importa che Renato Chisso e Giancarlo Galan, i due amministratori pubblici al centro dell’inchiesta sul Mose, abbiano patteggiato la pena per corruzione. E che il patteggiamento sia stato confermato dalla Cassazione non più tardi di cinque giorni fa. Grazie al codicillo di una legge regionale veneta nata, ironia della sorte, proprio per evitare queste situazioni, tra qualche settimana si vedranno accreditare i soldi sul conto corrente.

 

GIANCARLO GALAN GIANCARLO GALAN

Per Renato Chisso, che è stato in consiglio regionale ininterrottamente dal 1995 al 2010 diventando prima assessore all’Ambiente poi alle Infrastrutture con Galan e Luca Zaia, è sicuro: il vitalizio è stato già calcolato e ammonta a 80.558,88 euro lordi annui. A cui si aggiungono, come conseguenza dei contributi versati, 96.244,87 euro lordi di trattamento di fine rapporto. Chisso, accusato dalla procura di Venezia di aver ricevuto 6 milioni di euro di mazzette (solo in parte sarebbero finiti nelle sue tasche, ma i soldi non sono mai stati trovati), ha patteggiato la pena: 2 anni, 6 mesi e 20 giorni.

 

 La cifra che spetta a Galan, ex governatore del Veneto ancora ai domiciliari nella sua villa Rodella di Cinto Euganeo, non è stata definita, ma lo stesso principio — salvo eccezioni — si applicherà anche a lui. Il parlamentare di Forza Italia, che continua tra l’altro a ricevere lo stipendio da deputato («Senza non so come camperei, mi serve per sopravvivere con la mia famiglia», ha dichiarato in una recente intervista), ha patteggiato 2 anni, 10 mesi e 2,6 milioni di euro da restituire.

GIANCARLO GALAN GIANCARLO GALAN

 

È proprio in virtù della brevità della pena e del fatto che entrambi non sono stati interdetti dai pubblici uffici, che lo Stato dovrà pagarli. La legge regionale 47 del 2012, che accoglie il decreto Monti, nega ogni benefit ai condannati con sentenza passata in giudicato per reati contro la pubblica amministrazione, «ai sensi degli articoli 28 e 29 del codice penale».

 

Eccolo il codicillo. Quella riga rimanda appunto all’interdizione, che scatta con una pena di almeno tre anni di carcere. Galan e Chisso, dunque, sono “salvi”. Riceveranno l’assegno mensile.

 

A metterlo nero su bianco è la memoria — anticipata dal Corriere del Veneto — che il servizio affari giuridici e legislativi del consiglio regionale ha fornito al presidente Roberto Ciambetti. Scrivono i tecnici: «Non potrà non verificarsi, da parte della struttura regionale incaricata della loro esecuzione, il sussistere delle condizioni per la materiale corresponsione delle diverse componenti del trattamento indennitario differito».

claudia minutillo giancarlo galan claudia minutillo giancarlo galan

 

Tradotto: Chisso e Galan dobbiamo pagarli, altrimenti ci fanno pure causa. «Se il dirigente preposto dovesse rifiutare la liquidazione — spiegano in Regione — ne risponderà personalmente da un punto di vista erariale».

 

Non è nemmeno chiaro che fine farà quel denaro. Per Galan infatti è quasi scaduto il tempo a disposizione per restituire i 2,6 milioni di euro: se non salda il debito, gli sarà confiscata la villa. A Chisso pure è stata quantificata, in sede di patteggiamento, una confisca da 2 milioni (nonostante la Guardia di Finanza gli abbia sequestrato solo 1.500 euro su un conto corrente), però secondo il suo legale, Antonio Forza, non ci sono gli estremi perché lo Stato si riprenda i soldi del vitalizio, perché si tratta di redditi successivi ai reati. Al massimo potrà costringerlo alla cessione di un quinto della somma.

 

 

 

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