IL PD IN PARADISO (FISCALE) - IL DEPUTATO RENZIANO MARCO DI STEFANO ACCUSATO DI AVER VERSATO CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EURO, FRUTTO DI TANGENTI DA COSTRUTTORI ROMANI, IN UNA BANCA DI GINEVRA. E CON L’AIUTO DI POLIZIOTTI! - LUI: “FALSO, È UNA VENDETTA DELLA MIA EX MOGLIE”


Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera

 

MARCO DI STEFANO

Soldi nascosti in alcune valigette, portati in Svizzera e depositati su due conti presso la Ubs di Ginevra. Centinaia di migliaia di euro occultati da Marco Di Stefano, il deputato del Partito Democratico accusato di aver preso tangenti in cambio di appalti tra il 2008 e il 2009 quando era assessore al Demanio e Patrimonio della Regione Lazio. I magistrati di Roma hanno dunque scoperto la pista che porta al denaro grazie alla collaborazione delle autorità elvetiche.

 

E l’inchiesta sui lavori affidati agli imprenditori Antonio e Daniele Pulcini, ma anche ad altri costruttori capitolini, entra nella fase decisiva. Entro un mese il fascicolo potrebbe essere chiuso con la richiesta di rinvio a giudizio, svelando nuovi e inediti retroscena. Uno è già noto: nei suoi viaggi per arrivare oltreconfine il parlamentare, ex poliziotto, si faceva scortare dai suoi amici delle forze dell’ordine. 
 

LA ROGATORIA
La richiesta di rogatoria del procuratore aggiunto Nello Rossi e del sostituto Corrado Fasanelli parte svariati mesi fa. Si chiede di verificare l’esistenza di rapporti bancari tra Di Stefano e le società che fanno capo alla famiglia Pulcini.

MARCO DI STEFANO LEOPOLDA

 

Le verifiche affidate al Nucleo di Polizia Valutaria hanno infatti già ricostruito i «trucchi» utilizzati dall’allora assessore per consentire agli imprenditori amici di affittare alla «Lazio Service» (società controllata dalla Regione) due palazzi per 3 milioni e 725 mila euro ciascuno. Una cifra fuori mercato che aveva fatto salire alle stelle il valore degli immobili e consentì di venderli all’Enpam a un prezzo che superava di almeno il 50 per cento il loro valore. 
 

I testimoni assicurano che per quell’affare Di Stefano ha preso un milione e 800 mila euro, oltre a 300 mila euro incassati dal suo collaboratore Alfredo Guagnelli. Dunque è necessario scoprire dove sia finito il denaro. 
 

MARCO DI STEFANO CON MARRAZZO

IL SALDO ZERO
Sono i finanzieri guidati dal generale Giuseppe Bottillo a ricostruire i viaggi all’estero effettuati dal parlamentare. Documentano i suoi spostamenti, identificano le persone che lo accompagnano, arrivano alla banca. E lì un funzionario accetta di collaborare consegnando le movimentazioni dei conti tra il 2010 e il 2012.

 

Spostamenti di denaro che certamente non sono congrui rispetto al patrimonio di Di Stefano. È la svolta. Perché avvalorano l’ipotesi che quei contanti trasportati in auto siano il prezzo della corruzione. Anche tenendo conto che all’improvviso entrambi i depositi vengono completamente svuotati. 
 

Nuovi accertamenti sono in corso per stabilire se il trasferimento finale coincida con l’entrata di Di Stefano in Parlamento, nell’agosto del 2013. Alcuni mesi prima l’esponente del Pd partecipa infatti alle primarie per essere tra i candidati alla Camera ma risulta il primo dei non eletti e al telefono minaccia di «far scoppiare la guerra nucleare a cominciare da Zingaretti», accusa «i maiali che mi hanno fatto fare le primarie con gli imbrogli». 
 

MARCO DI STEFANO

La sua ira ha evidentemente effetto: entra a Montecitorio al posto di Marta Leonori, nominata assessore dal sindaco di Roma Ignazio Marino. E subito si schiera tanto da diventare uno degli oratori all’ultima Leopolda, esperto dei «pagamenti digitali». 
 

L’AMICO SPARITO
Lui giura di non aver mai preso un euro illecitamente, accusa la sua ex moglie, testimone dell’inchiesta, di averlo rovinato per vendetta, annuncia che la denuncerà per stalking. In realtà sono diverse le circostanze che dovrà chiarire. Perché il ritrovamento dei conti svizzeri apre scenari nuovi rispetto alla sua difesa che si basava sulla mancanza di tracce dei soldi. Ma non è l’unico mistero da risolvere. 

MARCO DI STEFANO E ALFREDO GUAGNELLI


Dall’8 ottobre 2009 Guagnelli è sparito, potrebbe addirittura essere morto. Questo almeno sostiene il fratello Bruno, il primo a raccontare della tangente presa da Di Stefano e ad avvalorare la tesi dell’omicidio. Di Stefano sostiene che Guagnelli «era un buon amico», ma nega «che fosse stato coinvolto in vicende riguardanti la Regione Lazio». 
Troppo poco per convincere i magistrati sulla sua completa estraneità.