PIU’ CHE L’EREDE DI SILVIO, PARISI SARA’ (PER ORA) L’EREDE DI VERDINI - BERLUSCONI FRENA I COLONNELLI DI FORZA ITALIA: “PARISI SARÀ L’AD DEL NUOVO PARTITO” - TOTI E ROMANI AVVERTONO: “NON PUÒ ARRIVARE E FARE IL CAPO” - MA LA FIGLIA MARINA, GIANNI LETTA E CONFALONIERI INDICANO L’EX CANDIDATO SINDACO DI MILANO PER LA PREMIERSHIP - -

Condividi questo articolo


Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

 

stefano parisi stefano parisi

Blandisce e dissimula, come sempre. «Parisi ha esagerato, però il partito non funziona. Tranquilli, nessuno vuole rottamarvi, punto su di voi. Gli ho solo chiesto di occuparsi di Forza Italia, come farebbe un manager». Neanche il tempo di accomodarsi a tavola che Silvio Berlusconi smina la rivolta dei colonnelli.

 

L’ex premier punta tutto su Stefano Parisi, ma intanto tranquillizza i suoi dirigenti, giunti a villa San Martino con il coltello tra i denti. «Presidente – sostiene Giovanni Toti – siamo aperti al contributo di tutti, ma la geometria di questo tavolo non deve cambiare».

 

Tradotto, non ci stiamo a finire sotto il comando di un city manager che ha perso le comunali di Milano. Eppure è esattamente questo il piano del Cavaliere: ritagliare per “Stefano” un ruolo di amministratore delegato degli azzurri. Un capo azienda di una forza politica a pezzi. Da rifare, «forse anche cambiando il nome». Ma deve trattarsi di un’operazione soft, perché «è il momento di restare uniti».

 

PARISI BERLUSCONI PARISI BERLUSCONI

Le pennette tricolore rischiano di diventare fredde, tutti hanno voglia di parlare con il leader reduce da una pesante operazione al cuore. L’asse del Nord, capitanato da Giovanni Toti e Paolo Romani, governa ormai una porzione significativa del partito. E fa sentire la propria voce: «Presidente, noi siamo pronti a collaborare con Parisi. Si iscriva a Forza Italia, partecipi ai nostri incontri, collabori. Ma qua ci vuole rispetto, nessuno può pensare di arrivare e fare il capo».

 

stefano parisi (3) stefano parisi (3)

Tutti, o quasi, temono che Berlusconi annunci tra una portata e l’altra l’investitura del manager socialista a coordinatore unico. «Ma no, voglio che si occupi del partito, che non è più efficace né efficiente. Gli ho detto di incontrare i coordinatori, e poi di scrivere un report con quello che non funziona». Il leader ha in mente due esempi che ripete da tempo: «Trump e Grillo, due che hanno conquistato il consenso senza la struttura di partito tradizionale. E noi?».

 

Il clima non è dei migliori, nonostante lo sforzo “diplomatico” di Berlusconi che qualcuno interpreta come una tregua. Intervengono Toti e Romani, Mariastella Gelmini e Antonio Tajani, Renato Brunetta e Maurizio Gasparri. Qualcuno propone le primarie di coalizione. Il più duro di tutti è Altero Matteoli, ma anche gli altri non scherzano.

 

A sera si danno di gomito, ufficiosamente veicolano soprattutto un messaggio: «Abbiamo già fermato Parisi, è finito». Il segnale sarebbe il comunicato alla camomilla di fine vertice, quello in cui il Cavaliere promette il rilancio del partito e loda «il contributo di chi intende condividere questo percorso, a cominciare da Parisi». Eppure la situazione resta come cristallizzata. Un po’ perché la frenata di Berlusconi è solo tattica - adesso serve compattezza, in vista del referendum costituzionale -un po’ perché l’asse del Nord resta sul piede di guerra e non esclude addirittura la scissione.

 

giovanni toti paolo romani giovanni toti paolo romani

La famiglia e le aziende, invece, non hanno dubbi. La primogenita Marina e Fedele Confalonieri, Gianni Letta e Nicolò Ghedini – puntano su Parisi come il prossimo candidato alla premiership. Berlusconi chissà, perché mai ha lasciato realmente spazio a un delfino. Di certo l’aspirante leader non concede passi indietro, al massimo qualche segnale di fumo per gli inquieti: «Non voglio rubare il posto a nessuno, voglio solo dare il mio contributo. Non sono per la rottamazione, né voglio fare il capo di FI. Non pongo la questione della leadership, ma solo il tema di una piattaforma liberalpopolare per una proposta di governo».

fedele confalonieri marina berlusconi fedele confalonieri marina berlusconi

 

Stavolta, comunque, è il contesto ad essere diverso dal passato. Berlusconi è reduce da seri problemi di salute. Serve un candidato pronto a correre per Palazzo Chigi e c’è un partito fiacco da rinnovare. Il primo passo è stato stabilito ieri: riaprirà almeno un piano della sede azzurra di San Lorenzo in Lucina. E lo amministreranno in tre: Gregorio Fontana, Sestino Giacomoni e Alfredo Messina. Dei colonnelli dell’asse del Nord nessuna traccia.

gianni letta gianni letta fedele confalonieri con marina e pier silvio berlusconi fedele confalonieri con marina e pier silvio berlusconi

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT L’INTELLIGENCE DI USA E IRAN HANNO UN PROBLEMA: NETANYAHU - L'OPERAZIONE “TERRORISTICA” CON CUI IL MOSSAD HA ELIMINATO IL GENERALE DELLE GUARDIE RIVOLUZIONARIE IRANIANE NELL'AMBASCIATA IRANIANA A DAMASCO E LA SUCCESSIVA TENSIONE CON TEHERAN NON È SPUNTATA PER CASO: È SERVITA AL PREMIER ISRAELIANO A "OSCURARE" TEMPORANEAMENTE LA MATTANZA NELLA STRISCIA DI GAZA, CHE TANTO HA DANNEGGIATO L'IMMAGINE DI ISRAELE IN MEZZO MONDO - NETANYAHU HA UN FUTURO POLITICO (ED EVITA LA GALERA) SOLO FINCHÉ LA GUERRA E LO STATO D'ALLARME PROSEGUONO...

DAGOREPORT – BIDEN HA DATO ORDINE ALL'INTELLIGENCE DELLA CIA CHE LA GUERRA IN UCRAINA DEVE FINIRE ENTRO AGOSTO, DI SICURO PRIMA DEL 5 NOVEMBRE, DATA DEL VOTO PRESIDENZIALE AMERICANO - LO SCENARIO E' QUESTO: L’ARMATA RUSSA AVANZERÀ ULTERIORMENTE IN TERRITORIO UCRAINO, IL CONGRESSO USA APPROVERÀ GLI AIUTI MILITARI A KIEV, QUINDI PUTIN IMPORRÀ DI FARE UN PASSO INDIETRO. APPARECCHIATA LA TREGUA, FUORI ZELENSKY CON NUOVE ELEZIONI (PUTIN NON LO VUOLE AL TAVOLO DELLA PACE), RESTERA' DA SCIOGLIERE IL NODO DELL'UCRAINA NELLA NATO, INACCETTABILE PER MOSCA – NON SOLO 55 MILA MORTI E CRISI ECONOMICA: PUTIN VUOLE CHIUDERE PRESTO IL CONFLITTO, PER NON DIVENTARE UN VASSALLO DI XI JINPING... 

FLASH! - FACILE FARE I PATRIOTI CON LE CHIAPPE ALTRUI – INDOVINATE CHE AUTO GUIDA ADOLFO URSO, IL MINISTRO CHE PER DIFENDERE L'ITALIANITÀ HA “COSTRETTO” ALFA ROMEO A CAMBIARE NOME DA “MILANO” A “JUNIOR”? UN PRODOTTO DELL’INDUSTRIA MADE IN ITALY? MACCHÉ: NELLA SUA DICHIARAZIONE PATRIMONIALE, SPUNTANO UNA VOLKSWAGEN T-CROSS E UNA MENO RECENTE (MA SOSTENIBILE) TOYOTA DI INIZIO MILLENNIO. VEDIAMO IL LATO POSITIVO: ALMENO NON SONO DEL MARCHIO CINESE DONFGENG, A CUI VUOLE SPALANCARE LE PORTE...

DAGOREPORT – ANCHE I DRAGHI, OGNI TANTO, COMMETTONO UN ERRORE. SBAGLIÒ NEL 2022 CON LA CIECA CORSA AL COLLE, E SBAGLIA OGGI A DARE FIN TROPPO ADITO, CON LE USCITE PUBBLICHE, ALLE CONTINUE VOCI CHE LO DANNO IN CORSA PER LA PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE EUROPEA - CHIAMATO DA URSULA PER REALIZZARE UN DOSSIER SULLA COMPETITIVITÀ DELL’UNIONE EUROPEA, IL COMPITO DI ILLUSTRARLO TOCCAVA A LEI. “MARIOPIO” INVECE NON HA RESISTITO ALLE SIRENE DEI MEDIA, CHE TANTO LO INCENSANO, ED È SALITO IN CATTEDRA SQUADERNANDO I DIFETTI DELL’UNIONE E LE NECESSARIE RIFORME, OFFRENDOSI COME L'UOMO SALVA-EUROPA - UN GRAVE ERRORE DI OPPORTUNITÀ POLITICA (LO STESSO MACRON NON L’HA PRESA BENE) - IL DESTINO DI DRAGHI È NELLE MANI DI MACRON, SCHOLZ E TUSK. SE DOPO IL 9 GIUGNO...