PREPARATE LE VALIGIE: AL COMUNE DI ROMA IL PD VUOLE SOSTITUIRE IL MARZIANO MARINO CON LA MIRACOLATA MARIANNA MADIA!

L’aver “salvato” gli stipendi dei dipendenti comunali avrebbe fatto schizzare le quotazioni della ministra - Renzi, il Pd (e i romani) si sono già stufati dell’allegro chirurgo, che potrebbe saltare dopo le europee o in sede di votazione del bilancio. E la lettian-veltron-d’alem-renziana punta a sostituirlo…

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Giovanna Vitale per "La Repubblica"-Roma

MARIANNA MADIAMARIANNA MADIA

Se c'è qualcuno, nel governo, che più di tutti si è speso per mettere la parola fine alla telenovela sul salario accessorio dei dipendenti comunali, che per giorni ha fatto la spola fra il Campidoglio e Palazzo Chigi per cercare di costruire una soluzione condivisa, che ha tessuto la trama normativa tra veti degli ispettori del Tesoro e più prosaici equilibri politici, ebbene quel qualcuno si chiama Marianna Madia.

MARIANNA MADIAMARIANNA MADIA

È stata lei, la botticelliana ministra della Funzione pubblica, il vero motore della trattativa: lei a convincere l'esecutivo che bisognava darsi una mossa, lei a tenere i contatti con un sindaco sempre più nervoso, lei a stringere i tempi quando era ormai chiaro che tempo non ne restava più molto: lo sciopero generale proclamato cinque giorni prima delle Europee a suonare come una campana a morto sul risultato del Pd.

Il quale - in una sorta di prova generale di scenari prossimi venturi - si è subito stretto come un sol partito intorno alla giovane condottiera, scordando all'improvviso guerre di correnti e mesi di rancori: il segretario romano Cosentino (cuperliano di rito bettiniano) fianco a fianco con il vicesegretario nazionale Guerini (renziano del giglio magico), uniti nell'impresa di aiutare Marianna a centrare l'obbiettivo.

assessore&sindaco feliciassessore&sindaco felici

Due, in verità. Celando, la partita sul salario accessorio, un bersaglio assai più grosso: la scalata del Campidoglio finalmente liberato da Marino. È infatti il salvataggio degli stipendi comunali che ha definitivamente imposto Madia come il ministro di Roma che ha a cuore la sorte dei romani: etichetta che, in un governo a trazione tosco-emiliana, vale doppio.

Tra i parlamentari e i consiglieri comunali ormai non si parla d'altro. Di come Marianna si stia muovendo bene, di quanto sia brava e bella e disponibile, sempre presente quando il partito chiama, umile e attenta, lontana anni luce dalla ragazzina raccomandata che nel 2008 Veltroni volle capolista nel Lazio.

Maria Elena Boschi e Marianna MadiaMaria Elena Boschi e Marianna Madia

Ne è passata di acqua da allora. Nel frattempo Marianna è cresciuta. A forza di sponsor, feste dell'unità e sezioni. Girate in lungo e in largo con metodo e pazienza. Tant'è che quando a fine 2012 il Pd decise di scegliere deputati e senatori con le primarie, lei ottenne un risultato che nessuno si aspettava: arrivò quinta quasi cinquemila voti, appena dopo Orfini e prima di Morassut, non certo due pesi piuma.

IGNAZIO MARINO E MATTEO RENZIIGNAZIO MARINO E MATTEO RENZI

Buona amica di Enrico Letta che la scoprì, compagna di banco di D'Alema per cinque anni, sostenitrice di Bersani al congresso contro Renzi ma subito convertita al credo rottamatore, è da un po' che il suo destino incrocia quello periclitante del sindaco Marino. È stata il primo ministro del governo Renzi a entrare in Campidoglio, l'unico a sedere nella cabina di regia sul piano di rientro: adesso è pure quello che non taglia il salario dei comunali e salva la faccia al centrosinistra.

MADIA E RENZI ba a d c a becfe c MGzoomMADIA E RENZI ba a d c a becfe c MGzoom

La carta su cui puntare per liberarsi del chirurgo dem senza rischiare la disfatta. Possedendo Marianna l'identikit ideale per vincere nonostante tutto: donna, giovane e renziana. In grado, coi suoi trascorsi, di tenere insieme tutte le correnti. «Persino Marino farebbe fatica a essere contrario» ironizza più di qualcuno.

Non è un mistero che da mesi il Pd trami per mandare a casa il sindaco. Dopo le Europee, ogni occasione tornerà buona: se infatti il Pd prenderà una percentuale al di sotto della media nazionale, sarebbe la prova che Roma ha un problema e ogni decimale in meno sarà messo in carico a Marino. Renzi a quel punto lo mollerebbe.

E la maggioranza capitolina cercherebbe l'incidente decisivo: la mancata approvazione del bilancio in aula o del piano di rientro da parte del governo. Il Comune verrebbe commissariato e in primavera si tornerebbe a nuove elezioni, magari abbinate con le politiche. Tanto il candidato, meglio la candidata, c'è già.

 

 

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