PRIMARIE FATTE A MAGLIE - LA QUESTIONE DELLE MAIL NON È AFFATTO CHIUSA PER LA CLINTON, MA LA STAMPA ORMAI L'HA GIÀ DATA PER VINCENTE, ACCECATA DALL'OSTILITÀ PER TRUMP. MENTRE IL TERZO CANDIDATO, GARY JOHNSON, ARRIVA AL 9%, GRAZIE AL FATTO CHE I DUE PARTITI HANNO SCELTO DUE CANDIDATI ODIATI DA METÀ DEL PAESE - IL RAPPORTO HILLARY-OBAMA SI RAFFREDDA - LA QUESTIONE DEI TRATTATI


Maria Giovanna Maglie per Dagospia

 

Una non fa in tempo a distrarsi per tre giorni in tutto dalle mitiche presidenziali americane del 2016, che poi tocca arrampicarsi sugli specchi per decrittare notizie false  e separare come in una caccia al tesoro le balle dalla realtà dei fatti.

 

hillary clinton

Michael Goodwin scrive  sul New York Post  che il giornalismo americano ci sta crollando davanti agli occhi. Non è il primo articolo sull'argomento ed è molto puntuale, perché è vero che la frenesia di seppellire Donald Trump ha contagiato la crema dai media americani e che lo sfoggio di partigianeria messa a nudo nel 2016  non si era mai vista nell'America contemporanea.

 

(http://nypost.com/2016/08/21/american-journalism-is-collapsing-before-our-eyes/ )

 

CBS NBC ABC CNN, insieme ai grandi giornali, hanno messo da parte qualsiasi pretesa di fair play e nessun nemico straniero, nessun gruppo terrorista, nessuna gang criminale è stata trattata allo stesso modo in cui viene trattato Donald Trump. Da questa perdita di credibilità messa a servizio della Clinton, la reputazione dei media non si riprenderà mai più e lo standard alto dei media americani è abbassato per sempre.

 

ivanka trump e wendi deng murdoch

Forse Goodwin, che è pur sempre il decano degli opinionisti di Rupert Murdoch, esagera, ma certo è che se decidi che non c'è un candidato normale ed uno anormale, o meglio che non è così che la pensa l'elettore americano, sia quello che sta con Donald Trump, che quello, sono il 68 per cento, che comunque voti ,pensa che Hillary Clinton sia un candidato disonesto e non degno di fiducia; se decidi di raccontare la campagna elettorale per come sta andando, l'etichetta di razzista e fascista ti accompagna di qua e di là dell'oceano. Pazienza.

 

Donald Trump  e Hillary Clinton sono oramai separati da una distanza superiore a 10 punti e non c'è proiezione o sondaggio che non veda lei vincente in una landslide victory? Per Rasmussen reports, Istituto francamente affidabile, la distanza è in tutto di 2 punti, 39 lui 41 lei, ovvero impossibile da definire; ci sarebbe anche uno sconosciuto  Gary Johnson al 9 per cento, ed è davvero un caso stravagante anche questo, forse frutto del fatto che i due partiti non hanno azzeccato il candidato, almeno non il loro candidato, perché questo esponente del movimento libertario gode di un tesoretto senza neanche essersi candidato sul serio, aver  tenuto comizi,  insomma una cosa mai successa prima.

trump e murdoch

 

Per il Los Angeles Times, quotidiano fieramente democratico, ma forse perché lontano sia da Washington che da Wall Street, mantenutosi dignitoso nell'informazione, e che fornisce un diagramma quotidiano dei due avversari, oggi Donald Trump  sta a 44,6 contro un 43,5 di Hillary Clinton. Non è proprio la stessa situazione descritta dal New York Times, Washington Post e Politico. com.

 

Hillary Clinton dichiara che è stato il suo predecessore al Dipartimento di Stato, Colin Powell, a suggerirle di utilizzare un account privato per un certo tipo di scambio di documenti, insomma così fan tutti, perché accanirsi proprio su di lei?

 

Peccato che Colin Powell prima mandi a dire di non avere alcun ricordo di ciò, poi durante una cerimonia pubblica agli Hamptons, parla chiaro e accusa la candidata democratica di tentare di gettare pezzi di scandalo addosso agli altri, ma aggiunge che quando lui le ha scritto che non c’è niente di male a utilizzare account privato per scambi di mail rigorosamente non-classified, lei faceva uso del suo già da un anno.

COLIN POWELL MOSTRA ALL'ONU LE (FINTE) ARMI CHIMICHE DI SADDAM

 

A domanda sulle ragioni della dichiarazione, Powell risponde: lei che ne pensa? Ma tanto a me non importa nulla, ora io sono un uomo libero. Che poi la notizia su Powell  era stata immediatamente preceduta da un'altra sparata per bene dai giornaloni amici: un giudice federale dice di no alla richiesta di far testimoniare Hillary Clinton sullo scandalo delle mail. Ma il giudice federale Emmett Sullivan ha anche aggiunto che entro il 14 ottobre la Associazione Judicial Watch, che  ha ottenuto un certo numero di mail, e che aveva fatto la richiesta di testimonianza, deve far pervenire una serie di domande alle quali la candidata democratica ha obbligo di rispondere entro 30 giorni,  il che vuol dire, se quelli dell'associazione  si fanno bene i conti, prima delle elezioni dell’8 novembre.

 

Judicial watch  ha anche ottenuto la deposizione di John Bentel, che era a capo delle questioni di sicurezza del Dipartimento di Stato. Infine il Dipartimento di Stato dovrà consegnare qualsiasi email sia ancora in suo possesso, che faccia parte dell'inchiesta del Fbi, entro il 30 settembre. Anche qui non è proprio la stessa cosa, perché significa che la storiaccia sarà ben impressa nella testa degli elettori fino all’ultimo, dovessero scordarla.

robby mook

 

Ci sarebbe poi un'altra notizia abbastanza tenuta nascosta sulla carenza di fondi, insomma la campagna Clinton si è mangiata tutti i soldi e ora fatica a ottenerne altri.. Scrive il responsabile delle finanze Robby Mook che, nonostante cifre confortanti anzi entusiastiche su sul voto degli americani, una strana sensazione di “già fatto” causa un crollo nel livello dei finanziamenti, come se i democratici si siano convinti che non servono più soldi; e conclude facendo appello urgente a cambiare metodo, perché “ è così che si perdono le elezioni”.

 

Certo, la campagna della Clinton è costosa in modo incredibile, basti un dato: Donald Trump è arrivato a 82 persone nello staff, la Clinton ne ha 703. Solo che nel magico mondo della disinformazione 2016, questo diventa, invece che materia di un qualche piccolo scandalo per lo spreco di denaro, argomento per sostenere che una è organizzata al meglio, l’altro un cialtrone improvvisato.

 

robby mook

Obama è finalmente ritornato dalle vacanze, che si è rifiutato di interrompere nonostante ripetute richieste degli uomini della Clinton e del resto del partito, perché le inondazioni della Louisiana richiedevano la sua presenza. Invece lui non si è mosso da spiagge e campi da golf di Martha’s Vineyard, posticino paradisiaco del Massachusetts, e ha fatto nel frattempo un paio di dispetti a Hillary Clinton.

 

Lei non è andata in Louisiana, che è un spottone elettorale, costretta a una scusa debole sulla necessità di non intralciare i soccorsi, per non far rimarcare la di lui assenza, così la lunga visita di Donald Trump tra gli alluvionati ha avuto maggior risalto e il plauso del governatore Edwards, democratico; lei ha organizzato a Martha’s Vineyard un party di raccolta fondi in coincidenza con i settant’anni di Bill, ma Obama non si è visto. Tra i due c’è un certo freddo, anche se lui la appoggerà fino in fondo.

 

obama e hillary clinton a charlotte in north carolina

Soprattutto per l’annosa questione del Ttp e del Ttip, gli accordi di libero scambio con area del Pacifico e  con  l’ Unione Europea, il primo in stadio avanzato, il secondo no, anzi a mio modesto parere morto, per fortuna, con la Brexit. Per Obama far approvare definitivamente almeno quello del Pacifico è fondamentale, e qui non c’entra la legacy, quando vai in pensione da premier a 50 anni o poco più, vedi Blair e Clinton, i vent’anni che seguono li passi a fare una montagna di soldi, non a passare alla storia, e l’alleanza stretta di Obama con George Soros insegna.

 

barack obama bill clinton

Ma Hillary Clinton ha fiutato l’aria di impopolarità totale dei trattati internazionali di commercio, deve far dimenticare che nacquero sotto la presidenza del marito, e contrastare Trump che li ha già liquidati come contrari agli interessi degli americani, e ha ufficialmente detto no, dopo aver per anni detto di si. Così su trattati e probabilmente su Iran, la Casa Bianca e il candidato democratico dovranno litigare e seguire strade opposte senza farlo notare, contando sul silenzio dei media, che in altri tempi su una diaspora del genere si sarebbero buttati a pesce.