PUTIN CE L’HA DI NUOVO DUROV: LICENZIATO IL FONDATORE DEL PIÙ GRANDE SOCIAL NETWORK RUSSO - IL LEADER DELLA MINORANZA TATARA IN CRIMEA PROMETTE BATTAGLIA


Rolla Scolari per ‘Il Giornale'

pavel durov

«È tempo di smettere di parlare e iniziare ad agire», per ridurre le tensioni in Ucraina, ha detto ieri rivolto a Mosca il vice presidente americano Joe Biden, in visita a Kiev. Le tensioni legate agli eventi in Ucraina però continuano, sconfinano, mettono a rischio gli accordi presi a Ginevra, arrivano persino alla porta della gioventù dorata di San Pietroburgo. Dopo giornate di notizie confuse, Pavel Durov, fondatore e direttore generale del Facebook russo - VKontakte - ha scritto lunedì sul suo profilo d'essere stato licenziato dalla società ormai «sotto completo controllo» degli alleati di Vladimir Putin: Alisher Usmanov, magnate del metallo, e Igor Sechin, AD della compagnia petrolifera statale Rosneft.

A 29 anni, il milionario tech savvy Durov è conosciuto all'estero come il Mark Zuckerberg russo (e come il giovane e ricco imprenditore che un giorno ha lanciato aeroplanini fatti di rubli dalla finestra del suo ufficio). Da mesi infastidisce il Cremlino e il primo di aprile l'annuncio delle sue dimissioni, poi smentite, ha sollevato curiosità. La confusione in questo caso non ha fatto che rafforzare il caso di Durov, che da tempo lamenta una crescente mancanza di libertà del suo social network.

Alcuni giorni fa su VK, il giovane ha rivelato di aver subito pressioni dal servizi russi per consegnare informazioni personali di utenti legati al dissenso di Kiev. Le autorità «non mi sopportano»,ha detto al sito TechCrunch. Il suo rifiuto gli è costato la poltrona e forse anche la possibilità di tornare in patria: ora è all'estero e non ha intenzione di rientrare in Russia.

pavel durov

Diversa invece è la risoluzione del leader tataro Mustafa Dzhemilev che, bandito dalla sua Crimea, ha già fatto sapere come il divieto ricevuto non lo terrà lontano. Dzhemilev, cittadino ucraino, era ieri in viaggio verso Kiev quando è stato fermato e gli è stato consegnato un documento: gli vieta di tornare per cinque anni nella penisola sul mar Nero, che a marzo ha votato in un referendum l'annessione alla Russia e la secessione dall'Ucraina. Il 70enne dalla faccia grinzosa a capo dei tatari di Crimea - minoranza di religione islamica - è deputato del Parlamento ucraino, membro del partito di Yulia Tymoshenko, politico anti-russo che ha guidato la sua comunità nel boicottaggio del referendum.

Ha rivolto parole di sfida al Cremlino in risposta al decreto firmato dal presidente Putin lunedì sulla «riabilitazione» dei tatari. La comunità è stata deportata in massa sotto Stalin, accusata collettivamente di collaborare con i nazisti. È in parte tornata nel territorio dopo il collasso dell'Unione Sovietica. «Ai tatari di Crimea- ha detto Dzhemilev - non occorre una riabilitazione da parte della Russia», è la Russia che si dovrebbe «riabilitare dinanzi ai tatari» per i fatti del 1944.

pavel durov il suo profilo su vkontakte

A Kiev, dove Dzhemilev si stava recando ieri, le preoccupazioni arrivano dal confine orientale. Un aereo militare ucraino è stato colpito con armi da fuoco mentre sorvolava la città di Slavyansk, controllata dai pro-russi, secondo la Difesa di Kiev. L'accordo firmato a Ginevra la settimana scorsa è in pericolo: il presidente ucraino Oleksander Turchynov ieri ha chiesto la ripresa delle operazioni militari «anti-terrorismo» nell'Est del Paese dopo che il cadavere di un politico locale è stato ritrovato con segni di tortura sempre a Slavyansk.

Le forze russe operano all'Est dell'Ucraina «per compromettere le elezioni del 25 maggio», aveva detto poche ore prima il premier Arseny Yatsenyuk in una conferenza stampa con Biden. Il vice presidente americano ha annunciato nuovi aiuti economici per 50 milioni di dollari. Serviranno proprio ad aiutare Kiev nel monitoraggio delle elezioni, a finanziare il lavoro di squadre di esperti del governo americano per ridurre la dipendenza ucraina dalle forniture di energia russa, a combattere la corruzione. Accanto al nuovo pacchetto, arrivano da Washington anche otto milioni per l'esercito, in forniture militari non letali.

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