QUEL CHE RESTA DELLE ''CENE ELEGANTI'' – LA CASSAZIONE HA FATTO A PEZZI L’IMPIANTO ACCUSATORIO DELLA BOCCASSINI CONTRO BERLUSCONI – LE FAMOSE CENE ERANO “DISINVOLTE E SPREGIUDICATE”, MA PAPI SILVIO NON SAPEVA CHE RUBY FOSSE MINORENNE – “NON C’È PROVA CHE BERLUSCONI ABBIA ABUSATO DELLA QUALIFICA DI PUBBLICO UFFICIALE”


Filippo Facci per “Libero quotidiano

ruby rubacuori

 

Berlusconi non sapeva che Ruby fosse minorenne: già lo suggeriva la logica - che però non fa giurisprudenza - ma ora si può leggerlo anche nella sentenza di assoluzione risalente al marzo scorso, le cui motivazioni sono note da ieri.

 

1) Secondo la Suprema Corte le cene di Arcore non erano tanto eleganti, anzi, erano «disinvolte e spregiudicate»: ma niente prova che Berlusconi sapesse che Karima El Mahroug era minorenne.

 

Non prima, almeno, di quel 27 maggio 2010 in cui lui chiamò la Questura di Milano per far presente che la ragazzina (arrestata) era nipote dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak - il che non era. Questo l’aveva già detto la sentenza d’Appello nel luglio 2014: l’aspetto fisico della ragazza e il suo comportamento «non tradivano minimamente l’età effettiva», senza contare che la tizia si attribuiva un’età «di volta in volta diversa, dai 19 ai 27 anni». Per dirla con la Corte d’Appello: la consapevolezza di Berlusconi è «una congettura non riscontrata da dati fattuali di precisa e univoca concludenza».

ruby alias karima el mahroug

 

2) Nelle motivazioni si parla ancora de «l’ambivalenza» dei rapporti tra Emilio Fede e Silvio Berlusconi: «I sentimenti di amicizia che il primo nutriva verso il secondo non erano totalmente disinteressati, ma erano motivati anche da opportunità di ritorno economico, che si materializzavano nell’ambito di quel sistema di spregiudicati intrattenimenti presso Villa San Martino ad Arcore, a margine dei quali si approfittava anche della disponibilità del padrone di casa a soddisfare determinate richieste di aiuto da parte dei suoi amici».

 

Come a dire che Berlusconi, insomma, non pagava solo le ragazze: da qui «l’interesse personale ed utilitaristico di Emilio Fede ad alimentare e preservare il sistema delle disinvolte e spregiudicatè serate di Arcore», ma anche qui: «Nulla induceva ad accreditare l’ipotesi accusatoria secondo cui, in contrasto con i propri interessi, Emilio Fede avrebbe rivelato a Berlusconi la minore età della giovane marocchina».

AL TRIBUNALE DI MILANO PER LA SENTENZA BERLUSCONI RUBY

 

E pare, nell’insieme, un cattivo auspicio per quando il "Ruby bis" andrà in giudicato: i reati di Emilio Fede non vengono messi in dubbio. Ma è un altro processo mentre questo è chiuso, e il ricorso della Procura di Milano viene respinto in quanto «assolutamente generico e assertivo, limitandosi ad affermare che la frequentazione di donne minorenni da parte dell’imputato era notizia di dominio pubblico».

 

3) Poi c’è la faccenda della famosa telefonata di Berlusconi a Piero Ostuni, capo gabinetto della Questura di Milano (ai tempi) che si adeguò ai diktat del presidente del Consiglio con un atteggiamento «non consono a un dirigente della Polizia», diviso tra «timore riverenziale o autoindotto, timore di non sfigurare, mera compiacenza».

 

BERLUSCONI IN AULA AL PROCESSO RUBY

La richiesta di Berlusconi di liberare la ragazza è stata vissuta da Ostuni come «un ordine cogente, dal lui avvertito come ineludibile», tuttavia per una condanna per concussione «è necessario dimostrare che il pubblico ufficiale ha abusato della sua qualità o dei suoi poteri, esteriorizzando un atteggiamento idoneo a intimidire la vittima, tanto da incidere negativamente sulla sua integrità psichica e sulla sua libertà di autodeterminazione». Ma di questo abuso «non vi è prova».

 

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4) Infine c’è, ultima ma non ultima, la questione del Berlusconi secondo il quale Ruby era la nipote di Mubarak: episodio celebre e che il pg della Cassazione nel marzo scorso definì «degno di un film di Mel Brooks, tutto il mondo ci ha riso dietro».

 

E sarà anche vero, ma secondo la Cassazione l’episodio non era una fonte di ricatto bensì una sparata come un’altra: «Non può concretamente ravvisarsi efficacia induttiva nel riferimento fatto dall’imputato all’asserita parentela della giovane con il presidente egiziano, circostanza rivelatasi, nel breve volgere di qualche minuto, falsa e quindi priva di qualunque idoneità ad ingannare il funzionario».

 

La sciocchezza della nipote - ma questo è fuori dalla sentenza - era dovuta al fatto che Ruby l’aveva sparata come tante altre (tipo cene ad Arcore con George Clooney, con un paio di ministre nude) a un certo punto aveva detto di essere figlia di una cantante che aveva un qualche grado di parentela con Mubarak; tra l’altro capitò per caso che Mubarak, memore della cantante in questione, distrattamente confermò.

 

Era una chiacchiera da bunga-bunga, non un tema da telefonata in questura: sicuramente. Resta il fatto che cala la tela sul più clamoroso caso di portineria sessuale mai sponsorizzato da una procura, con tutto il corredo di intercettazioni e sputtanamenti non necessari.

 

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Non c’è fatto “storico” che non potesse essere valutato nel corso di un apposita udienza preliminare che a Milano non è stata neppure fatta: il gip concesse il rito immediato - il 15 febbraio 2011 - che di norma andrebbe concesso in base a «prove evidenti»: così evidenti, nel caso di Berlusconi, che n’è uscito assolto. Concussione aggravata: «Il fatto non sussiste». Prostituzione minorile: «Il fatto non costituisce reato». A parte sessanta milioni d’italiani, non l’immaginava nessuno.

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