QUIRINALOTTO BY BUSI - “AL COLLE RODOTÀ OPPURE FINI: NON HA SCHELETRI NELL’ARMADIO, NON È RICATTABILE E POI NON SI PUÒ CONTINUARE A PENSARE DI VENTENNIO IN VENTENNIO, BISOGNA DARSI DA FARE PER I VENTENNI’’


 

Aldo Busi

Aldo Busi per “il Fatto Quotidiano

   

Vorrei si tenesse conto anche delle mie due preferenze in vista dell’elezione del capo dello Stato. Il primo nome è presto fatto, da me come da milioni di cittadini, per le ovvie ragioni di integrità morale, di salvaguardia della Costituzione e per comprovata abilità nel non deragliare mai da una concezione laica e aconfessionale dello Stato, della Giustizia e dei diritti civili, da lui propugnati nei decenni e tuttora da noi non realizzati:

 

Stefano Rodotà , una personalità che non ne nasconde altre, lui e unicamente lui, senza paraventi, doppi fondi, patti segreti, secondi fini mai, l’incorrotto per eccellenza. Rodotà è uno che invece di costringere gli italiani ad abbassarsi ulteriormente di livello etico e civile in generale, li stimolerebbe ad alzarsi al suo sicuri di non venire derisi, gabbati e traditi.

   

Gianfranco Fini

L’unico appunto, squisitamente retorico, che posso fare a Rodotà è lo stesso che facevo a Norberto Bobbio e che conosco benissimo perché, e non raramente, lo faccio anche a me stesso: la prolissità da reiterazione degli stessi valori e principi nel timore – una certezza – che non siano mai arrivati al destinatario, la mancanza di sintesi dovuta alla non rassegnazione di sentirsi voce urlante nel deserto e che ci porta ostinatamente a tentare con cento parole...

 

e poi con centocinquanta e così via... quanto non siamo mai riusciti a trasmettere con dieci. Se Rodotà decurtasse della metà i suoi articoli e i suoi discorsi sarebbe perfetto, ma non farò lo schizzinoso: ci piace anche così e che presidente della Repubblica sia.

   

Il secondo nome, purtroppo, non può essere venuto in mente che a me: Gianfranco Fini. Io ho seguito Fini con crescente interesse e stima, e anche con l’umana compassione dovuta alle infauste umane e politiche sorti in generale, dallo “strappo di Fiuggi”, alla visita in Israele, all’allontanamento da Berlusconi,

 

Berlusconi Fini Mi Cacci

secondo me dovuto a un’inarrestabile maturazione culturale più che a uno sbagliato calcolo di strategia del potere da annettersi, allo scandalo, montato coi fiocchi e controfiocchi, per quella pagliuzza di appartamentino a Montecarlo che gli è stata ficcata negli occhi con la violenza di una trave intera e di cui, parenti-serpenti permettendo, ha sanguinato infine solo soletto vedendosi troncato un futuro politico praticamente a porte spalancate (e roseo, poiché senza quell’infame e sproporzionato sbarramento sarebbe diventato presidente del Consiglio).

   

RODOTA

A differenza, per esempio, di Ricordati di vivere di Claudio Martelli, scritto fin troppo bene dato il genere ma che ti lascia con un che di insoddisfazione da verità in più scientemente omessa o non abbastanza scavata e compiutamente, masochisticamente, sfrontatamente portata alla luce (un politico, specie se a riposo, o scrive un libro per dirci la verità oltre la verità ufficiale e acquisita o, se neppure riesce a convincerci di avere dato fondo a quanto sa e ha sperimentato sul campo, tanto vale se ne astenga),

Alessandro Di Battista e Stefano Rodota

 

Il ventennio di Gianfranco Fini, editore Rizzoli, letto ancora alla sua uscita lo scorso ottobre, è un libro non comune per sforzo, riuscito, di non raccontare e raccontarsi menzogne e intellettualmente credibile fino in fondo, a tratti persino emozionante, e che, se ce ne fosse bisogno, offre il polso per tastare la qualità di un sangue rinato, purificato da ogni ombra fascista, sessista, razzista, omofoba, familistica e tribale tipica della genia di provenienza dell’ex figliol prodigo, prodigo ormai solo in saggezza, temperanza e lungimiranza.

 

Fini si è mondato da quel machismo compulsivo, isterico, così dubbiosamente virile di cui abbiamo avuto un recente e doppio campione che tanto ha contribuito a rinfrescare l’immagine dell’Italia nel mondo e a attirare nuovi investimenti di maramao:

Rosy Greco e Claudio Martelli

   

a) al convegno per la difesa della famiglia naturale (?) a Milano, con tanto di logo Expo evocato invocato concesso ritirato ripristinato e poi non so più, comunque infangato per sempre ancora prima di debuttare nei luoghi cui apparteneva, e con prete pedofilo tra l’inclito pubblico (omaggiato con stretta di mano da un ex ministro – dalla montatura degli occhiali sempre vezzosa: ebbe a che dire con Roberto Saviano in tema di mafia al Nord e ne uscì malissimo – e dal medesimo incontrato non per la prima volta, stando a foto di precedenti simposi, strettamente platonici, data la ripugnanza patente dei convenuti anche tra di loro) e con un ex ministro, coi baffi però, di cui non faccio il nome tanta è la nausea preventiva che mi provoca, che grida “Culattone” a un civilissimo ragazzo poco più che ventenne salito sul palco a porre un quesito di mero buon senso agli eccitatissimi astanti, col fuoco al culo, si direbbe;

   

fini_casa_montecarlo

b) via Twitter, e nel modo più osceno e postribolare e vomitevole sempre da parte di un altro ex ministro che a pari demerito non voglio nominare tanto sento vicino il conato, all’indirizzo di due ragazze poco più che ventenni scampate all’inferno siriano e rientrate in patria, forse incaute com’è proprio dell’età ma civili e esemplari come di più non si potrebbe desiderare (e se anche è stato pagato un riscatto pazienza, sempre meglio che continuare a pagare le more chissà per quante centinaia di milioni per il ponte sullo Stretto di Messina, che fortunatamente non si farà).

   

Che Gianfranco Fini possa macchiarsi di simili vergogne e macchiarne il Paese è oggi, e da almeno un decennio, impensabile, quasi surreale: ho avuto modo di ascoltarlo anche ieri l’altro in non so più quale trasmissione televisiva condotta da una giornalista bionda di cui non mi viene il nome (è stata anche direttrice di un quotidiano, credo l’Unità, è spesso ospite di talk show... insomma, non mi viene proprio, la paragonano spesso a un’attrice americana, ma mi sfugge il nome anche dell’attrice, però la presentatrice italiana la batte per sex appeal con aura da telefoni bianchi, ecco) e l’unica cosa che mi è dispiaciuta è stata la brevità del suo intervento.

  

GIANFRANCO FINI BIONDO A IN MEZZORA

 Misurato, spiritoso, drenato da ogni spavalderia di rione, umanamente e emozionalmente risolto, con una dialettica di rara efficacia, una prontezza di sincronicità tra sinapsi e parola davvero invidiabile, e mai una sola parola di odio, di disprezzo per nessuno, in un raggio di riferimenti storico-politici nazionali e internazionali tra presente e passato del tutto espletato nell’orecchio dell’ascoltatore, nessun politichese, nessun birignao, nessun vittimismo, nessuna demagogia, nessuna reticenza, e un vero europeo.

   

PINO RAUTI E GIANFRANCO FINI jpeg

A me piacerebbe molto un presidente della Repubblica così: Fini ha purgato fino in fondo il suo autodafé, non ha più né scheletri nell’armadio né armadi non suoi. Fini ha inoltre una qualità davvero insolita e che lo renderebbe più unico che raro: non essendo più ricattabile, non è ricattabile e non sarebbe mai più ricattabile.

 

FINI TRA ELISABETTA TULLIANI E NICOLETTA ROMANOFF A PITTI BIMBO FOTO DI E GIOVANNINI jpeg

Fini è moralmente temibile e se prima incuteva sospetto, ora incute soggezione, ora possiede un’autorevolezza frutto solo della sua forza, non è stato piegato da altri, si è educato da sé: non diventerà certo presidente della Repubblica ora, ma è giovane, la tempra del lottatore non gli fa difetto e ne è testimonianza anche quel velo di malinconia proprio non dei vinti ma degli irremovibili di carattere, e poi non si può continuare a pensare e a rassegnarsi di ventennio in ventennio, bisogna darsi da fare per i ventenni.