LA RENZIANISSIMA “STAMPA” CHE IL SINISTRATO “MANIFESTO” FANNO LA STESSA DIAGNOSI: IL GRANDE SCONFITTO NEL CASO MARINO E’ RENZI - “FU IL PRINCIPALE ARTEFICE DELLA SUA CADUTA. AVERLO TRASFORMATO PRIMA IN UN MARTIRE E POI IN UN NEMICO PUBBLICO È STATO UN ERRORE POLITICO. ADESSO SI TRATTERÀ DI VEDERE QUANTO MALE POTRÀ FARGLI MARINO”

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1 - IL RISCATTO DEL MARZIANO

Norma Rangeri per “il Manifesto”

 

A parte la figuraccia di un premier che evita il confronto pubblico con un blasonato politologo del No e di un servizio pubblico che lascia al potere politico decidere dove, come e quando regalarci le sue apparizioni, l' episodio del professor Pasquino, prima invitato e poi gentilmente liberato dall' impegno, è segno di un crescente nervosismo del premier. Uno stato d' animo che ieri certo non avrà tratto giovamento dalla notizia dell' assoluzione di Ignazio Marino da ogni accusa. Una bella botta per il presidente -segretario, che fino a sera non aveva commentato il riscatto dell' ex sindaco.

 

Tra pochi giorni sarà giusto passato un anno dalla defenestrazione dell' ex primo cittadino della Capitale. Da quando, alla fine dell' ottobre 2015, accadde che un partito, il Pd romano, con poche migliaia di iscritti, mandò a casa, raccattando 26 firme da un notaio, un sindaco scelto da seicentomila elettori.

ORFINI MARINO RENZI ORFINI MARINO RENZI

 

Quel modo di cacciare Marino dal Campidoglio era già un bell' esempio del modus operandi renziano, dell' escalation dirigistica e centralistica che colpisce il paese fin nelle sue fondamenta costituzionali.

 

Con un vistoso e inedito strappo alle regole basilari della democrazia, Marino fu dimissionato dai due Matteo (Renzi e Orfini) senza neppure l'ombra di una discussione pubblica nell'aula solenne dell' assemblea capitolina. Bersaglio di una durissima campagna dei grandi gruppi editoriali della Capitale, Marino diventò la pecora nera del Pd che ne chiedeva le irrevocabili dimissioni con una sguaiata rincorsa a chi sferrava l'accusa più affilata contro l'impresentabile marziano, seguita da una indecorosa gara a chi applaudiva più forte alla sua cacciata.

RENZI MARINO RENZI MARINO

 

Ieri il giudice ha assolto l'ex sindaco dalle gravissime accuse di falso, peculato e truffa perché il fatto (gli scontrini) non sussiste e perché (le consulenze della Onlus) non costituisce reato. Una soddisfazione postuma e un riscatto amaro per il cittadino Ignazio, per gli elettori che lo avevano votato.

 

Come è andata a finire è cronaca di oggi, con le difficoltà della giunta penta stellata, obiettivo prediletto del Pd (quello stesso Pd di Renzi e Orfini), e dei giornali (quegli stessi giornali dell' attacco a Marino). Una volta abbattuto il marziano adesso il partito del presidente spara cannonate contro la sindaca Raggi.

 

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Senza neppure rendersi conto di quanto l' accanimento propagandistico contro i passi falsi della giunta e le difficoltà oggettive che governare Roma comporta, possa rivelarsi un boomerang contro la credibilità di chi lo lancia. Perché Renzi che ieri ha tolto di mezzo Marino e oggi vuol farsi imprenditore della rabbia contro la "casta", non sembra ottenere grandi risultati visti i consensi assegnati ai 5Stelle dai sondaggi. Gli italiani sono ancora indecisi sul che fare il 4 dicembre. Se nel paese dovesse prevalere l' idea che Renzi vuole far fuori chi si oppone non per governare ma per comandare, allora la notte dello scrutinio referendario potrebbe riservargli qualche brutta sorpresa.

 

2 - L'OSTACOLO SULLA STRADA DEL PREMIER

Francesco Bei per “la Stampa”

 

RENZI MARINO RENZI MARINO

A voler personalizzare, se Ignazio Marino ha vinto ieri la sua mano e ha riavuto indietro il suo onore, gli «sconfitti» sono almeno due. Indirettamente il capo della procura di Roma, Giuseppe Pignatone, che vede smontata dal giudice un' accusa che ha contribuito, in ultima istanza, al defenestramento del sindaco e ha spianato la strada del Campidoglio ai grillini azzerando un' intera classe dirigente (la smentita di ieri arriva, tra l' altro, all' indomani delle 116 richieste di archiviazione per i principali esponenti politici imputati in Mafia Capitale).

 

Ma è in fondo il gioco della giustizia, accusa e difesa si combattono e un giudice giudica. Pignatone fa il suo mestiere, porta prove che devono essere valutate. Politicamente lo sconfitto è invece Matteo Renzi, che fu il principale avversario di Marino, il vero artefice della sua caduta. Si può discutere finché si vuole sul fatto che la città fosse paralizzata, sulle gaffe di Marino, sulla sua scarsa empatia, sui ritardi, sulle immersioni ai Caraibi, sulla Panda in sosta vietata e sui cortocircuiti persino con il Papa.

 

RENZI MARINO RENZI MARINO

Ma aver trasformato un sindaco magari inefficiente e maldestro prima in un martire - con la grottesca vicenda delle dimissioni dal notaio dei consiglieri comunali - e poi in un nemico pubblico è stato peggio che un crimine, è stato un errore politico.

Adesso si tratterà di vedere quanto male potrà fargli Marino.

 

La prima telefonata ricevuta dall' ex sindaco di Roma, quella con Massimo D' Alema, ha chiarito da che parte starà Marino nella guerra mortale che oppone Renzi e il vasto schieramento del No al referendum. Anche le attestazioni di stima a Marino da parte della minoranza dem, da Speranza a Cuperlo, rendono evidente che gli avversari del segretario del Pd, soprattutto quelli interni, possono contare da ieri su una nuova bocca di fuoco. Del resto, nell' intervista al nostro Fabio Martini, oggi Marino lo preannuncia trionfante: mi invitano ovunque a parlare del referendum e ci andrò per dire che la riforma di Renzi è scritta con i piedi.

 

RENZI FA CAMPAGNA ELETTORALE PER MARINO RENZI FA CAMPAGNA ELETTORALE PER MARINO

Dalle parti del premier ieri sera ci si consolava con una battuta: «Per farci davvero male Marino avrebbe dovuto annunciare un comitato per il Sì». Ma la campagna, lo dicono i sondaggi, ancora non decolla, il Sud sembra perso e non c' è speranza che recuperi. Per Renzi si tratta solo di sperare che nelle regioni del Mezzogiorno sia alta l' astensione.

Ecco dunque la proposta.

 

Invece di alimentare involontariamente la campagna del No con il miraggio delle sue dimissioni e l' addio alla politica (gli oppositori puntano più su questo aspetto che sul merito della riforma costituzionale), Renzi dovrebbe spiazzare tutti con un annuncio a sorpresa: me ne vado se vince il Sì. Soprattutto se vince il Sì.

 

IGNAZIO MARINO E MATTEO RENZI IGNAZIO MARINO E MATTEO RENZI

Nel senso: la mia missione era di cambiare l' Italia, ho ricevuto il mandato da Napolitano per questo, l' ho fatto, i cittadini l' hanno confermato con il voto, ora vi lascio in legato la Terza Repubblica, usatela bene. In un secondo toglierebbe ai suoi nemici l' arma di propaganda più forte, quella di voler instaurare una sorta di regime personale, ed entrerebbe nella storia.

 

De Gaulle nel 1968 vinse le elezioni ma l' anno dopo perse per un soffio un referendum di scarso valore politico sulla riforma del Senato (!). L' indomani a mezzogiorno si dimise e si ritirò a Colombey-les-Deux-Églises, sulle Ardenne. Ma ancora oggi è sua la firma sulla Costituzione della V Repubblica.

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