IL SAGGIO GUARDA DRAGHI, LO STOLTO GUARDA IL CONO - NELLA COPERTINA DELL’ “ECONOMIST” IL VERO PROTAGONISTA È IL PRESIDENTE DELLA BCE ALLE PRESE CON LA DEFLAZIONE - HA DETTO A RENZI: SENZA RIFORME, L’EUROPA TORNA IN CRISI

I prezzi in calo accelerano l’urgenza di un intervento della Banca Centrale, osteggiato dalla Bundesbank. Che esorta la Germania a investire in opere pubbliche, trovando invece il blocco di Schauble - Chi può, non spende. Chi vuole spendere (Italia e Francia) non può…

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Tonia Mastrobuoni per “La Stampa

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Scorrendo la stragrande maggioranza dei commenti sull’ultima copertina dell’Economist, sembra quasi che i protagonisti siano due, Matteo Renzi e il cono. In realtà il personaggio più interessante della vignetta è un terzo: Mario Draghi che si affanna a scodellare l’acqua dalla barca europea che affonda. Il messaggio è chiaro: un’impresa di Sisifo destinata a fallire.

DRAGHI RENZI DRAGHI RENZI

 

E due settimane fa, durante l’incontro nella sua casa in campagna, a Città della Pieve, il presidente della Bce ha tentato di trasmettere lo stesso messaggio a Renzi.

Dopo un’ampia ricognizione sulla necessità, condivisa da entrambi, di riavviare la crescita in Italia e in Europa, Draghi ha spiegato al presidente del Consiglio che la politica monetaria non può fare miracoli.

 

L’ex governatore della Banca d’Italia ha sottolineato inoltre che è fondamentale che i Paesi facciano la loro parte e che le riforme sono importanti anche per il messaggio che mandano ai mercati. Se passano seriamente, gli investitori si sentono confermati nella fiducia e restano. Ma è altrettanto vero il contrario, lo ha incalzato il numero uno dell’Eurotower: se le riforme falliscono, il rischio è gigantesco, è quello di minare quella fiducia e ripiombare nell’incubo della desertificazione finanziaria del 2012.

schauble MERKEL schauble MERKEL

 

Questo è il rischio che corre l’eurozona oggi, anche pressata da una ripresa sempre più in affanno e un numero crescente di Paesi che stanno entrando in deflazione. Non da ultimo, ieri, l’Italia.

 

D’altra parte Draghi è impegnato in questi giorni anche a preparare il suo autunno incandescente, che dovrà gestire dribblando le riserve della Bundesbank e le resistenze del governo tedesco. Tuttavia, ciò che è sfuggito a molti, nei giorni precedenti alla svolta di Jackson Hole, al discorso in cui ha delineato quattro punti di politica economica che dovrebbero affiancare gli sforzi delle banche centrali nel tentativo di riavviare la crescita, è che un rapporto della Bundesbank aveva già mandato un messaggio analogo qualche giorno prima.

weidmann draghi weidmann draghi

 

Nel bollettino di agosto, gli uomini di Jens Weidmann hanno esortato il governo tedesco a spendere di più, a investire soldi pubblici e sfruttare tutti i margini offerti dal Patto di stabilità. Per chi conosce l’ortodossia monetarista, un messaggio inedito ma anche in evidente polemica con la linea Schäuble che è ansioso unicamente di confermare l’impegno del pareggio di bilancio strutturale nel 2015, incurante dell’economia tedesca che si sta velocemente insabbiando.

 

Jens Weidmann Jens Weidmann

Quando venerdì scorso il numero uno della Bce ha suggerito di sfruttare al meglio la flessibilità del Patto di stabilità, pensava in primo luogo a Paesi come la Germania, ed è dunque ovvio che il ministro delle Finanze tedesco si sia sentito particolarmente piccato e abbia replicato che Draghi era stato frainteso. Il problema è che chi può non vuole, e viceversa.

 

Ovvio che quando sono la Francia o l’Italia a fare della flessibilità una battaglia politica, per il presidente Bce il problema è che hanno, rispettivamente, deficit e debito fuori controllo. Ecco perché non fa altro che insistere che l’Italia debba proseguire sulla via delle riforme: è l’unica moneta da scambiare con i tedeschi per un allentamento dei vincoli.

 

ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE

Certo, ora che l’Italia, cioè la terza economia dell’eurozona, è entrata in deflazione e che anche nel resto dell’area i prezzi stanno scendendo più rapidamente del previsto, i margini per anticipare il prossimo bazooka – il Qe, l’acquisto in massa di titoli pubblici e privati - alla settimana prossima o a ottobre sono più ampi. Ma se la Buba si è ormai convertita alla spesa pubblica, resta irremovibile sulla contrarietà alle mosse di politica monetaria «all’americana». La battaglia è appena agli inizi.

 

 

 

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