Goffredo Buccini per il "Corriere della Sera"
scajola GetContent asp jpegQuestione di vista, forse. Spiega l'architetto Zampolini, spicciafaccende della cricca Anemone, come al signor ministro non piacesse quella del Gianicolo che dapprima gli avevano proposto. Meglio, molto meglio, optare per un affaccio sul Colosseo e perfino sulla Torre degli Annibaldi, dove nel Medioevo inchiodavano le mani dei ladri.
La storia di via del Fagutale 2, quei 180 metri quadrati rimasti infine appesi al collo di Claudio Scajola, può incominciare insomma da una divergenza sui panorami e sui tramonti capitolini nella primavera del 2004, quando Zampolini riceve l'incarico di trovare una degna sistemazione romana all'ex reuccio di Imperia entrato nel cuore di Berlusconi per il suo talento di organizzatore d'uomini e cose: se la sfiga ci vede benissimo, per rovinarsi basta un colpo d'occhio.
SCAJOLA E SIGNORA NELLA CASA CON VISTA COLOSSEOCome sia andata poi, lo sanno infatti anche i ragazzini al bar, perché il buon Scajola entrerà nel lessico familiare degli italiani con una battuta suicida specie in tempi di vacche magre. Quando - e siamo nel 2010 - salta fuori che due terzi dell'appartamento a lui venduto dalle sorelle Beatrice e Barbara Papa sono stati coperti in nero proprio da Zampolini (con la bazzecola di 900 mila euro in 80 assegni circolari), si dimette da ministro dello Sviluppo economico, tuonando: «Se dovessi acclarare che la mia abitazione è stata pagata da altri senza saperne io il motivo, annullerei il contratto d'acquisto!».
I giornali titolano «mi hanno pagato l'appartamento a mia insaputa», e il passo nella storia delle citazioni è compiuto (si tratta spesso di storia ingiusta, come sappiamo dalla battutaccia delle brioches appioppata a Maria Antonietta, ma tant'è). Se scopro chi m'ha messo in banca 'sti du' milioni di euri faccio 'na stragge..., celiano i romani in quei giorni, metabolizzando reggia e reuccio col cinismo che li salva e li condanna da secoli.
Cerchi Casa Chiedi a Scajola Striscione appeso di fronte alla casa con vista sul colosseoQuestione di punti di vista, anche. Si fa presto a dire «reggia»: il costruttore Antonio Papa, padre di Beatrice e Barbara, per esempio, la descrive come un posto scrauso, insomma, un mezzanino senza manco un balcone che può fare effetto solo su uno che viene dalla provincia (prima di Scajola, c'era un bed and breakfast...). Niente a che vedere, racconta a Fabrizio Caccia sul Corriere, con «quelli che stanno ai piani alti, ma, suvvia, il ministro avrà avuto le sue buone ragioni, a caval donato non si guarda in bocca».
Sono giorni di perfidie, si capisce, pietà l'è morta. «Sto vivendo un calvario», mormora stoico Scajola, ritirandosi in tutta fretta a Villa Ninina, la sua residenza di fine Ottocento con vista su Imperia e spalle coperte dalle Alpi Marittime: «Non seguirò più la politica», giura allora. Sulle montagne russe della sua carriera ha avuto spesso simili distacchi, sempre sormontati dalla passionaccia di stare in mezzo alle cose. Un entusiasta, via.
CASA SCAJOLAQuando era sindaco dc, lì ad Imperia, gli toccò di passare per in galera settantuno giorni, avendo accompagnato in Svizzera il sindaco socialista di Sanremo, Osvaldo Vento, a un appuntamento in cui quello chiese una mazzetta al conte Borletti: ne uscì pulito, «inconsapevole delle intenzioni del suo accompagnatore», dissero i giudici.
Angelo Balducci e Diego AnemoneNell'estate dell'anno scorso, questa storia dell'inconsapevolezza comincia a diventare un tormentone, naturalmente. E sul marciapiede di via del Fagutale 2, molti guardano più il suo mezzanino che il Colosseo. Non è l'unico vip del palazzo, il nostro, ed è sicuramente il meno avvenente (gli invidiosi del suo successo lo chiamavano Sciaboletta). Al quinto piano, c'è Raoul Bova, in cima Lory Del Santo. Pure Lory ha avuto qualche grana, aveva costruito due gazebo su terrazzo e superattico, una robina di «arredamento da giardino»; i vicini gelosi l'hanno costretta ad abbattere tutto, racconta a Oggi, facendo eco ai dolori del condomino del mezzanino, che attribuisce i propri guai a un «complotto».
sof11 raoul bovaVeneziane verdine, vasi di ciclamino, inferriate bianche, i Fori Imperiali ad appena cinquanta gradini. Questa è la reggia scrausa che allora Scajola abbandona e annuncia di voler vendere («darò in beneficenza la parte eccedente a ciò che ho speso», giura ancora). Il palazzo è quello che è, dice la bella Lory ai settimanali: manco il portinaio c'era, prima che arrivasse il ministro, che naturalmente sarà stato una benedizione, con i ragazzi della scorta a vegliare su di lui e, di riflesso, sugli altri condomini... Manco l'ascensore funzionava, «spesso ho evitato di far salire persone su da me per la vergogna».
LORY DEL SANTORaoul Bova, poveretto, faceva bendare i suoi invitati prima di salire, ed è facile immaginare il batticuore delle signore. Insomma, niente di strano che, per rendere il mezzanino degno del rango ministeriale, aggiungendo ai nove vani catastali un altro paio di stanze con relativi bagni e dando una pittatina qua e là, si spendesse qualcosina, più o meno altri duecentomila euro. Scajola nulla ne seppe, non risulta uno straccio di fattura. Secondo l'accusa, Anemone li caricò sui costi d'un appalto ottenuto per sistemare una nuova sede del Sisde.
0 biagi marco timecomQuando però, la scorsa primavera, l'inchiesta perugina volge al termine e lui resta solo testimone, il reuccio inaffondabile comincia a sognare un ritorno in grande sulla scena e magari a via del Fagutale, che in realtà non ha mai venduto. Coccola l'idea d'una corrente nel pdl. Distribuisce chicche di saggezza quando esplode lo scandalo della casa di Tremonti: «Io mi dimisi, lo rifarei, ma nessuno scagli la prima pietra».
Una certa inconsapevolezza lessicale lo porta a dire forse cose che non condivide, come quando dovette dimettersi nel 2002 dal Viminale per avere definito «un rompicoglioni» Marco Biagi, assassinato dalle Br. Ora le montagne russe gli riservano una nuova discesa, per i pm di Roma la reggia scrausa è il corpo d'un reato. Alle ultime dimissioni, un anno fa, Berlusconi lodò il suo «senso dello Stato». Adesso i romani passano nel solleone e non si fermano più: che nel mezzanino vivesse un reuccio lo ricordano già in pochi.