SESSO & POTERE - “C’È QUALCOSA DI STRUGGENTE IN MONICA LEWINSKY, UNA QUARANTENNE IMPRIGIONATA COME UNA MOSCA NELL’AMBRA PER UNA SCAPESTRATEZZA FATTA A VENT’ANNI, MENTRE GLI INDISTRUTTIBILI CLINTON VANNO AVANTI COME UN BULLDOZER’’


Maureen Dowd per New York Times - La Repubblica

Monica Lewinsky dice che è disposta a incontrarmi per berci qualcosa insieme. Io ci sto. Nella sua ultima meditazione su Vanity Fair, Monica impasta insieme Hawthorne e Coleridge, proclamando che è pronta a strapparsi di dosso quell'«albatro scarlatto», a «re-immaginare» la sua identità e riprendere possesso della sua storia.

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Vuole finalmente, dice, «bruciare quel berretto e seppellire quel vestito blu», e disincastrarsi dall'«orribile immagine» di una stagista che se la faceva con il presidente nella dispensa attigua allo Studio Ovale, spifferava i particolari all'amica sbagliata e metteva in moto un folle scandalo con impeachment annesso.

Maureen Dowd

Le auguro buona fortuna. Anche se sulla rivista ancora una volta si fa fotografare in posa provocante, c'è qualcosa di struggente in una quarantenne imprigionata come una mosca nell'ambra per una scapestratezza fatta a vent'anni, mentre gli indistruttibili Clinton vanno avanti come un bulldozer.

Anzi, con la restaurazione clintoniana che ci caracolla contro a tutta birra e lascia già intravedere all'orizzonte una presidente Chelsea, forse abbiamo tutti bisogno di berci qualcosa.

L'ultima volta che ho incontrato Monica fu al Bombay Club, un ristorante annidato tra il mio ufficio e la Casa Bianca. La follia dell'impeachment in quel momento era al suo apice e lei era seduta a un tavolo a bersi un Cosmo con la sua famiglia. Dopo aver chiesto al pianista di suonare Send In the Clowns, venne da me pretendendo di sapere perché scrivevo articoli così «sferzanti» su di lei.

Nei miei editoriali me la prendevo con il procuratore guardone Ken Starr, e con i Clinton più i loro scagnozzi perversamente impegnati a proteggere l'immagine politica della coppia presidenziale facendo passare la stagista come una stalker squinternata e sgualdrina.

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Ero del parere che avrebbe fatto meglio a evitare di farsi fotografare in pose da pin-up sulle pagine di Vanity Fair mentre aveva un patteggiamento in corso. Ma ero dispiaciuta per lei: si era catapultata nello stereotipo da tutti più odiato (tranne che da Helen Gurley Brown), quello della turgida maliarda da ufficio che seduce il capo sposato. Le femministe si scagliarono contro di lei per difendere un presidente che sosteneva politiche progressiste sulle donne.

Monica brulicava di sicurezza quando parlava con me, ma poi si ritirò nel bagno delle donne e crollò al cellulare con Judy Smith. La Smith ha poi raggiunto fama e fortuna come coproduttrice esecutiva di ‘Scandal', la serie creata da Shonda Rhimes e incentrata sul personaggio di Olivia Pope (interpretato da Kerry Washington), un incrocio tra Judy, che era un'afroamericana esperta in gestione delle crisi, e la sua cliente Monica, che aveva una storia con il presidente.

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I giornalisti di Washington erano tutti lì a fare salamelecchi alle star di Scandal alla Cena per i corrispondenti della Casa Bianca, che è servita più che altro come veicolo promozionale per la serie della Abc e per Veep (un'altra serie, trasmessa dalla Hbo).

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La trama di Scandal è così scandalosamente sopra le righe da far apparire quasi pittoresca la saga della stagista-che-entra-nello-Studio-Ovale-con-la-pizza a cui si ispira. Il libro Storia di Monica , il documentario della Hbo, l'intervista di Barbara Walters e il servizio di Vanity Fair del 1998: non è già abbastanza per la tresca più raccontata della storia? Che diamine, non è già abbastanza lo squallido rapporto Starr?

Monica evidentemente è convinta che la sua reticenza sugli ultimi 10 anni di «introspezione e terapia» abbiano fatto venir fame alla cittadinanza di conoscere le sue opinioni, quando il libro di Hillary sta per essere lanciato sul mercato e in un momento in cui il presidente Barack Obama cerca a fatica di riprendersi la scena rubatagli dai Clinton, il passato e il futuro dei quali attira più interesse del presente del presidente. Monica corre il rischio di strumentalizzare la sua strumentalizzazione spettegolando su una coppia le cui vicende erotiche non interessano più tanto la nazione.

MONICA LEWINSKI E BILL CLINTON
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Ma è chiaro che la rivelazione uscita a febbraio, quando Hillary ha raccontato alla sua amica Diane Blair che Bill era in torto per quella storia ma meritava sostegno per aver cercato di «gestire una persona che era chiaramente una pazzoide narcisistica», deve averle fatto male e ha voluto dire la sua.


( Traduzione di Fabio Galimberti)